Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3932 del 19/02/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3932 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO
SENTENZA
sul ricorso 13258-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
3464
contro
GORI GIANNI & C. SAS, GORI GIANNI in proprio e nq di
legale rappresentante, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA ASIAGO 8, presso lo studio dell’avvocato
AURELI STANISLAO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BONTEMPI ETTORE giusta delega
Data pubblicazione: 19/02/2014
a margine;
– controricorrenti nonchè contro
TRIPPITELLI
ETTORE,
BARBERINI
GABRIELLA,
VASI
MAURIZIO, BARBERINI GABRIELLA & C. SNC;
avverso la sentenza n. 93/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 29/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato AURELI
MICHELE delega Avvocato AURELI STANISLAO che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
– intimati –
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13258-08
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 29 ottobre 2007 la commissione
tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha respinto
l’appello col quale l’agenzia delle entrate, ufficio di
Rimini, aveva censurato la sentenza di primo grado
affermando la legittimità della qualificazione come
compravendita immobiliare, ai fini dell’imposta
complementare di registro, di un’operazione intercorsa tra
Maurizio Vasi e Argentina Berardi, da un lato, e tra
Gianni Gori e Gabriella Barberini, dall’altro.
L’operazione, in base alla sentenza, si era distinta nel
seguente modo.
Con rogito in data 27 novembre 2003 era stata costituita,
tra i citati soggetti, la Gori Gianni & c. s.a.s, con
capitale sociale di euro 1.410.000,00. Il capitale era
stato in massima parte sottoscritto dai Vasi-Berardi,
mediante conferimento della piena proprietà di un
fabbricato a uso alberghiero del valore di euro
1.400.000,00, e nella misura minima di euro 5.000,00
ciascuno, in contanti, dai Gori-Barberini. Con altro
rogito in pari data i soci Vasi-Berardi avevano ceduto le
loro quote di partecipazione alla Barberini Gabriella & c.
s.n.c., la quale aveva quindi finito con l’assumere la
veste di socio maggioritario della neo costituita Gori
Gianni & c. s.a.s.
L’appello dell’agenzia delle entrate è stato respinto con
la motivazione che, assorbita ogni altra questione, la
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riqualificazione operata dall’ufficio aveva sottoposto a
tassazione non il rapporto giuridico inter partes, sebbene
il rapporto economico, con violazione dell’art. 20 del
d.p.r. n. 131 del 1986. Non era infatti consentito
all’amministrazione disconoscere la rilevanza giuridica di
negozi posti in essere tra le parti, onde attribuire
preminenza agli effetti economici, giacché, ai fini
dell’imposta di registro, non poteva l’ufficio avvalersi
di elementi extratestuali nell’attività di interpretazione
dell’atto presentato per la registrazione. In questo senso
l’ufficio non aveva dimostrato – secondo la commissione
tributaria regionale – l’esistenza di una realtà diversa
da quella rappresentata dagli atti contestati, sicché la
pretesa fiscale era rimasta ancorata a mere e indimostrate
ipotesi.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione
deducendo due motivi.
Si sono costituiti con controricorso il Gori e la s.a.s.
Gli altri intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione dell’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986
e dell’art. 1362 c.c., affermando che l’operazione, come
sopra ricostruita, doveva essere qualificata, ai fini
dell’art. 20 cit., come compravendita immobiliare.
Col secondo motivo, denunzia l’insufficiente motivazione
su fatto controverso, in quanto il collegio avrebbe
trascurato
di
considerare
le osservazioni
svolte
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dall’amministrazione a fondamento della propria pretesa,
essendosi limitato ad affermare che non era stata
dimostrata “l’esistenza di una realtà diversa da quella
rappresentata dagli atti contestati” e che la pretesa
fiscale era apparsa “costruita esclusivamente su mere
ipotesi non dimostrate che, pertanto, tali restano”.
– E’ fondato il primo motivo nei termini di seguito
esposti.
L’impugnata
sentenza
incentra
la
propria
ratio
sull’assunto – involgente questione giuridica – secondo
cui, ai fini impositivi, sarebbe inibita all’ufficio
l’opera di riqualificazione dell’atto in base a elementi
extratestuali, con preminenza dei dati effettuali di tipo
economico rispetto alla veste giuridica in concreto
utilizzata dai contraenti.
Siffatta tesi è giuridicamente errata, essendo pacifico,
invece, che, nell’opera di riqualificazione del negozio ai
sensi dell’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986, l’agenzia
delle entrate può apprezzare il collegamento tra i
contratti, come pure tra le operazioni societarie, senza
essere affatto inibita dalla necessità di svolgere
un’esegesi di tipo esclusivamente testuale, quanto alla
veste giuridica (formale) assunta da ciascuno degli atti
sottoposti a registrazione.
In questo senso, l’operazione di conferimento di un bene
immobile e, a breve distanza di tempo, la successiva
operazione di cessione di quote societarie da parte dei
conferenti stessi alla società conferitaria debbono essere
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ritenuti avvinte da collegamento, essendo suscettibili di
produrre, ai fini dell’art. 20 d.p.r. 26 aprile 1986, n.
131, un unico effetto giuridico, quale quello della
compravendita (v. Cass. n. 2713-02; n. 14900-01).
III. – Naturalmente non sposta i termini della questione
la circostanza che la cessione sia stata in concreto
mediata dall’assunzione delle quote di altra società,
avente veste di socio maggioritario della conferitaria.
Si evince dalle difese delle parti, in ciò concordi, che
la partecipazione nella conferitaria faceva capo sempre e
comunque alle medesime persone fisiche. Che, da un lato,
avevano giustappunto assunto la veste di soci dell’ente
collettivo appositamente costituito per acquisire la quota
di maggioranza e, dall’altro, erano rimasti titolari in
proprio delle quote residue.
IV. – L’impugnata sentenza non appare aver colto codesto
essenziale profilo giuridico della controversia. Il quale
direttamente involgeva l’assunta natura di compravendita
immobiliare di un’operazione che necessariamente dovevasi
considerare nel complesso dei suoi elementi.
Questo comporta l’inconferenza manifesta dell’inciso che
pure si rinviene nella parte finale della motivazione, in
forza del quale l’ufficio non avrebbe “dimostrato
l’esistenza di una realtà diversa da quella rappresentata
dagli atti contestati”.
Invero alla commissione non era richiesto altro che
un’opera di valutazione giuridica di elementi negoziali
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certi, e in tal senso l’ufficio nulla di più aveva da
dimostrare.
Il punto è, invece, che l’opera di valutazione è stata
svolta superficialmente dalla commissione tributaria
regionale, posto che essa, al fine di coglierne la portata
quegli elementi in modo atomistico.
V. – Consegue che la decisione va cassata in accoglimento
del primo motivo dell’odierno ricorso.
Segue il rinvio della causa alla medesima commissione
tributaria regionale, diversa sezione, la quale provvederà
a riesaminare la fattispecie uniformandosi al principio di
diritto sopra esposto. E’ invero indicato come esistente
l’assorbimento di altre questione.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo;
cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese
del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria
regionale dell’Emilia Romagna.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 4 dicembre 2013.
effettuale, semplicemente doveva astenersi dal considerare