Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11936 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. III, 17/05/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 17/05/2010), n.11936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato BOLOGNESI

RICCARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato RECCHIONI STEFANO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ENPAF (OMISSIS) Ente Nazionale di Previdenza e di

Assistenza Farmacisti in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore Dott. C.E., elettivamente

domiciliata in ROMA, VTA G. PISANELLI 2, presso lo studio

dell’avvocato LEOPARDI PAOLO, che la rappresenta e difende giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, emessa

il 10/1/2006, depositata 11 31/01/20 06, R.G.N. 6316/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2010 dai Consigliere Dott. PETTI Giovanni Battista;

udito l’Avvocato ANTONIO D’ALESSIO per delega dell’Avvocato RECCHIONI

STEFANO;

udito l’Avvocato LEOPARDI PAOLO;

udito il P.M. in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 22 maggio 2002 la Fondazione Enpaf intimava al conduttore P.F. licenza per la finita locazione alla data del 31 dicembre 2001,con contestuale citazione per la convalida dello sfratto dinanzi al Tribunale di Roma, relativamente all’immobile sito in (OMISSIS). La disdetta era stata tempestivamente inviata con RR del 5 agosto 2000. L’intimato si costituiva e si opponeva allo sfratto, precluso dal regime speciale per la dismissione del patrimonio degli enti previdenziali (con riferimento al disposto del D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 6 e successive integrazioni e modificazioni). La fase sommaria si chiudeva senza emissione di ordinanza di rilascio ed il giudizio proseguiva ai sensi dell’art. 667 c.p.c..

In sede di integrazione degli atti l’intimante insisteva nella domanda di rilascio per la finita locazione osservando l’inapplicabilita’ della normativa invocata e di agire quale ente privato ed in regime ordinario. Il conduttore intimato assumeva invece che sussisteva la preclusione al rilascio avendo esercitato il diritto di opzione (ai sensi della L. n 410 del 2001, art. 3, comma 20) e insisteva nella domanda di accertamento dell’avvenuto trasferimento della proprieta’ dell’immobile de quo, chiedendo in via gradata il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1337 c.c..

2. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 16 dicembre 2003, accoglieva la domanda dell’ente locatore e dichiarava cessato il rapporto di locazione alla data del 31 gennaio 2002 con condanna al rilascio; rigettava la domanda del P. diretta all’accertamento dell’obbligo dell’ente di dismettere l’immobile condotto in locazione. Dichiarava inammissibili le riconvenzionali proposte tardivamente dal P. nelle memorie depositate.

3. Contro la decisione proponeva appello il P. chiedendone la riforma e proponeva istanza di sospensione,accolta dal giudice del riesame. Resisteva l’ente e chiedeva il rigetto del gravame.

4. La Corte di appello di Roma con sentenza del 8 marzo 2006 n. 136 cosi’ decideva: rigetta l’appello e compensa le spese.

5. Contro la decisione ricorre il P. deducendo tre motivi di ricorso e questione di costituzionalita’. Resiste l’ente con controricorso, deducendo l’inammissibilita’ ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4. Il ricorrente ha prodotto memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai motivi dedotti e illustrati da memoria.

Per chiarezza espositiva precede una sintesi descrittiva dei vari motivi, quindi si dara’ conto per ciascuno di essi, delle ragioni gia’ date dalla Corte di appello e vagliate in relazione alle censure espresse.

6.1. SINTESI DESCRITTIVA:

nel PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 27, del D.Lgs n. 104 del 1996, della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 109 e dell’art. 11 disp. gen..

Il motivo propone una lettura logico sistematica delle leggi inerenti alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, con particolare riferimento all’ENPAF e prospetta (FF 12 del ricorso) la tesi secondo cui l’Enpaf aveva l’obbligo di alienare tutti gli immobili, tranne quelli indicati espressamente dal citato D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 1. L’inserimento del bene nel piano era stato previsto solo al fine di dilazionare le vendite nel tempo e in seguito al detto inserimento l’obbligo di alienare si trasformava in una proposta irrevocabile, nel senso che il bene inserito nel piano doveva essere necessariamente venduto.

L’obbligo legale comporta la insorgenza di un rapporto giuridico tanto che nel caso di rifiuto a contrarre, da parte dell’ente obbligato, trova applicazione la disciplina degli artt. 1218 e 2932 c.c..

Nel SECONDO MOTIVO si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1 e della L. n. 410 del 2001.

La tesi e’ che l’Enpaf, trasformato in fondazione, con l’approvazione dello statuto in data 7 novembre 2000, pur mutando la natura giuridica non ha estinto tutti gli obblighi ad esso incombenti prima della privatizzazione e tra questi l’obbligo di alienare gli immobili residenziali ai conduttori.

Pertanto trova applicazione alla fattispecie in esame la L. n. 410 del 2001, art. 3, comma 20, che prevede due diverse modalita’ di vendita, distinguendosi tra le unita’ immobiliari che siano state offerte in opzione entro la data del 26 settembre 2001, da quelle per le quali tale offerta non risulta effettuate, e prevedendosi due distinte procedure di dismissione entro termini diversi.

Il motivo pur esposto in esteso in relazione all’interpretazione della legge, non precisa a quale delle due situazioni si riferisca la posizione soggettiva protetta del conduttore.

NEL TERZO MOTIVO si deduce l’error in iudicando per la violazione e falsa applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 38 (sopravvenuta alla citazione del 22 maggio 2002) sostenendosi la tesi che non si tratta di norma di interpretazione autentica, ma innovativa e dunque non retroattiva.

Diversamente la norma in questione dovrebbe ritenersi contraria ai precetti di cui agli artt. 2, 3 e 101 Cost..

I tre motivi vengono in esame congiunto per la intrinseca connessione, risultando pregiudiziale e dirimente l’applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 38, che interpreta il D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 1, comma 1 ed ha effetti anche rispetto alla successiva disciplina introdotta dal D.L. n. 351 convertito in L. n. 410 del 2001.

La tesi della Corte di appello, che analizza la fattispecie concreta, secondo cui il P. non era nelle condizioni di esercitare il diritto di prelazione, per la ragione che l’immobile oggetto di causa non era stato incluso nell’elenco di quelli compresi nel primo programma di dismissione ordinaria del 25% del patrimonio, come approvato dal consiglio di amministrazione il 30 settembre 1999, considera dunque una fattispecie particolare che non sembra rientrare in alcuna delle due fattispecie previste dalla Legge di Conversione, art. 3, comma 20. Pertanto tutti e tre i motivi difettano di autosufficienza e specificita’, poiche’ non rendono evidente la fattispecie concreta da cui deriva il rapporto e di protezione, che prevede l’obbligo o l’offerta legale di vendita e la proposta di acquisto, e il tutto secondo le leggi vigenti al tempo di tali prospettazioni.

Inoltre dall’esame delle conclusioni del locatore appellante, non emerge che sia stata impugnata la dichiarazione di inammissibilita’ delle domande riconvenzionali proposte nelle memorie integrative e diretta all’accertamento dell’obbligo dell’ente in favore del ricorrente.

Tale inammissibilita’, non impugnata, delimita l’effetto devolutivo del ricorso, che non puo’ superare il giudicato interno sul punto.

L’unico dato, insufficiente, che si desume dal ricorso (ff 2) e’ che il ricorrente, avrebbe esercitato il diritto di opzione ai sensi e per gli effetti della L. n 410 del 2001, art. 3, comma 20. Ma nulla si aggiunge in merito alle modalita’ e tempestivita’ di tale esercizio, che risulta tempestivamente contestato dall’Enpaf che sosteneva l’abrogazione del comma.

Tale situazione processuale, richiede una lettura rigorosa del principio di autosufficienza del ricorso, allorche’ l’applicazione delle norme invocate esige che sia chiara e incontroversa la fattispecie da cui il conduttore trae la esistenza di un rapporto giuridico di protezione ed un diritto soggettivo all’acquisto dello immobile, dovendo precisare anche l’origine e le condizioni del rapporto e se sia o meno un conduttore qualificato (quale farmacista appartenente all’ente previdenziale) ovvero un conduttore qualunque.

Tali preclusioni impediscono alla Corte di esaminare le questioni di diritto sottostanti, mancando il presupposto di fatto e di diritto per la qualificazione del rapporto. Sussistono giusti motivi, in relazione alla eccezionale rilevanza delle questioni in esame, anche in relazione agli effetti dello ius superveniens, per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

PQM

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

 

 

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