Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21155 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. I, 02/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.C., rappr. e dif. dall’avv. Antonella Zotti, elett. dom.

presso lo studio dell’avv. Antonio Filardi, in Roma, piazza

Apollodori n. 26, come da procura spillata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Napoli 11.6.2018, n. 2847, in

R.G. 5289/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro, alla camera di consiglio del 22.9.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. A.C. impugna la sentenza App. Napoli 11.6.2018, n. 2847, in R.G. 5289/2017 di rigetto dell’impugnazione interposta avverso l’ordinanza 4.7.2017 con cui il Tribunale di Napoli aveva a sua volta negato la tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, nelle sue tre forme e da tale organo disattesa;

2. il richiedente aveva dichiarato di aver lasciato il (OMISSIS) sfuggendo alla responsabilità penale per l’accusa di incendio doloso degli impianti dell’impresa in cui lavorava, circostanza che la corte, pur in un giudizio di verosimiglianza del narrato, ha escluso inerire ad una ipotesi di rifugio, contestualmente negando che la sottrazione volontaria (a seguito della rimessione in libertà dopo gli arresti) ad un legittimo processo fosse giustificabile con il timore di trattamento sproporzionato o degradante;

3. inoltre, quanto alla protezione sussidiaria, la sentenza ha escluso ogni genere di pericolo ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), per mancanza di un conflitto armato a seguito del nuovo regime instauratosi nel (OMISSIS) e parimenti ha negato che un’indicazione ostativa al rimpatrio potesse provenire dal transito in Libia per circa un anno; infine ha ritenuto che non sarebbe stata dimostrata una specifica situazione soggettiva tale da giustificare la protezione umanitaria, non ricorrendo le tipiche situazioni di vulnerabilità, data la giovane età e l’assenza di riferimenti familiari nel Paese d’origine e l’insufficienza del tentativo d’integrazione lavorativa;

4. il ricorrente propone due complessi motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si solleva la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis nella parte in cui è stato riformato con la previsione della procura speciale da conferire in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato;

2. con il secondo mezzo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento delle condizioni per la concessione del permesso umanitario, con violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 TUIM, nonchè della mancata concessione dello status di rifugiato in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e con violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1;

3. il primo motivo è inammissibile, per difetto di rilevanza della questione proposta, poichè la complessiva modifica del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis anche per la parte afferente alla procura speciale al difensore, si applica alle cause e ai procedimenti sorti dopo il 180 giorno dalla entrata in vigore del decreto L. 17 febbraio 2017, n. 13 (conv. nella L. 13 aprile 2017, n. 46) e dunque non trova luogo nei casi di impugnativa originaria della decisione della commissione territoriale notificata in data anteriore, come avvenuto nella specie (la notifica è del 2.12.2015 e la prima impugnazione è stata svolta avanti al tribunale, con perpetuazione altresì del regime del doppio grado di merito;

4. il secondo motivo è inammissibile, quanto al primo profilo, non avendo il ricorrente nè colto, nè adeguatamente censurato la duplice ratio decidendi espressa dalla corte, che ha per un verso escluso in via preliminare che le circostanze allegate costituissero atti di persecuzione per i motivi rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8 e, per altro verso, qualificato come assente il conflitto armato in (OMISSIS), situazione per la quale il ricorrente non offre indicazioni diverse o fonti alternative a smentita di quanto riscontrato in sentenza; si tratta dunque di critica che difetta di autosufficienza, apparendo altresì rispettato il principio per cui “in materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5” (Cass.15794/2019);

5. in ogni caso, la corte ha dato conto dell’assenza di conflitto armato per cui “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass.18306/2019);

4. il secondo profilo del medesimo secondo motivo è inammissibile, per difetto assoluto di autosufficienza, non avendo riportato il ricorrente almeno in sintesi – quegli elementi di fatto e diversi pretesamente trascurati dalla corte così da permettere un giudizio di anomalia motivazionale; la sentenza ha piuttosto considerato insufficienti, come premesso, proprio le circostanze invocate (età, assenza di quadro familiare locale, tentativo occupazionale in Italia) escludendo così l’appartenenza del ricorrente a categorie soggettive di apprezzabile esposizione a vulnerabilità;

5. appare pertanto rispettato nella decisione il principio, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), per cui “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; l’indirizzo è stato ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo nella specie difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente, negata dalla sentenza, che ha escluso, per la insufficienza e genericità dei richiami offerti, la rilevanza più specifica di altri fattori; si tratta di prospettazione tanto più necessaria a fronte della perentoria valutazione d’irrilevanza operata dal giudice di merito; si può allora aggiungere che l’odierna censura è inammissibile per genericità e perchè si risolve in un vizio di motivazione, oltre però il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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