Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11493 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. I, 12/05/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 12/05/2010), n.11493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A. c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FARINA DOMENICO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LA PINETA S.R.L., R.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 893/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 19/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, con citazione del 28 marzo 1995, la s.r.l. La Pineta e R.G. convennero dinanzi al Tribunale di Foggia C.A., esponendo che: a) a seguito della espropriazione forzata della quota di partecipazione alla Società di tal P. P. e della vendita all’incanto di tale quota, se ne era reso aggiudicatario – in data 24 giugno 1994 – il C.; b) in data 29 giugno 1994, la Società – previa deliberazione adottata ai sensi dell’art. 2480 cod. civ., comma 3, -aveva presentato altro acquirente della quota, nella persona del R.; c) detta deliberazione sociale era stata notificata al C., al quale era stata anche fatta offerta reale della somma dallo stesso versata a seguito dell’aggiudicazione; d) tale offerta non era stata accettata dal C.;

che, tanto esposto, gli attori chiesero che il Tribunale – accertata la tempestività e la validità dell’offerta reale – dichiarasse l’inefficacia, nei confronti della s.r.l.. La Pineta, dell’aggiudicazione della quota sociale al C., e trasferisse la stessa quota al R.;

che, costituitosi, il C. resistette alle domande, sostenendo che, nella specie, non era applicabile l’art. 2480 cod. civ.,, comma 3, in quanto la quota sociale espropriata doveva intendersi come liberamente trasferibile;

che il Tribunale adito, con la sentenza n. 29/2003 del 10 gennaio 2003, dichiarò inefficace l’aggiudicazione al C. della quota sociale, della quale dispose il trasferimento al R.;

che, a seguito di gravame del C. – cui resistettero la Società ed il R. -, la Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 893/04 del 19 ottobre 2004, rigettò l’appello;

che, in particolare, la Corte ha affermato: a) innanzitutto, che la clausola, di cui all’art. 8 dello statuto della Società – nel prevedere il diritto di prelazione dei soci in caso di trasferimento della quota e nel regolare specificamente e dettagliatamente il suo esercizio -, risulta formulata in modo tale da essere sostanzialmente assimilabile ad una clausola di gradimento posta nell’interesse della Società, con la conseguenza che la quota di partecipazione non può qualificarsi come liberamente trasferibile, e con l’ulteriore conseguenza che, nella specie, è applicabile l’art. 2480 cod. civ., comma 3; b) inoltre, che “i titolari della prelazione avevano diritto alla notificazione del bando di vendita, per essere posti nella condizione di esercitare il loro diritto. Dagli atti non risulta alcunchè sul punto, ma deve ritenersi per certo che tale notificazione non ci sia stata, perchè altrimenti le parti ne avrebbero parlato attesa la rilevanza della circostanza. Del resto non si sa neppure se l’ordinanza che disponeva la vendita sia stata notificata alla società, come prescrive il secondo comma dell’art. 2480 c.c.”;

che avverso tale sentenza C.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che la s.r.l. La Pineta e R.G., benchè ritualmente intimati, non si sono costituiti nè hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che, con il primo motivo (con cui deduce: “Nullità della sentenza di secondo grado ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c.”) il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che la Corte di Bari: a) avrebbe ecceduto i limiti imposti dall’art. 112 cod. proc. civ., in quanto – affermando che la clausola di cui all’art. 8 dello statuto della Società, nel prevedere il diritto di prelazione dei soci in caso di trasferimento della quota e nel regolare specificamente e dettagliatamente il suo esercizio, risulta formulata in modo tale da essere sostanzialmente assimilabile ad una clausola di gradimento posta nell’interesse della Società, con la conseguenza che la quota di partecipazione non può qualificarsi come liberamente trasferibile, e con l’ulteriore conseguenza che, nella specie, è applicabile l’art. 2480 c.c., comma 3, – ha argomentato in modo contrastante con le tesi formulate dagli stessi appellati i quali, invece, “evidentemente sono sempre stati convinti che lo statuto della società prevedeva – così come in effetti è un’ipotesi di prelazione e nulla più”, ed in quanto, così facendo, si è sostituita “ad una parte processuale ed ha dato interpretazioni e significati di fatti e di norme statutarie private diverse da quelle date dalla parte medesima”; b) avrebbe ancora ecceduto i predetti limiti di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in quanto – affermando che non è stata eseguita la notificazione dell’ordinanza di vendita alla Società a cura del creditore procedente, come invece prevede l’art. 2480 cod. civ., comma 2, – ha posto a fondamento della decisione una circostanza mai dedotta da alcuna parte;

che tale motivo è inammissibile sotto entrambi i profili;

che infatti, quanto al primo profilo, la censura è formulata in modo assolutamente generico, in quanto il ricorrente non indica in quali atti processuali gli odierni intimati avrebbero sostenuto la tesi loro attribuita, risultando invece dalla sentenza impugnata che la stessa domanda introduttiva proposta dagli odierni intimati presuppone la convinzione della non libera trasferibilità della quota di partecipazione sociale e, quindi, dell’applicabilità dell’art. 2480 cod. civ., comma 3, (abrogato, a far data dal 1 gennaio 2004, dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, e sostituito dal vigente art. 2471);

che inoltre, quanto al secondo profilo, è decisivo, per ritenerne l’inammissibilità, il rilievo che l’affermata omessa notificazione dell’ordinanza di vendita della Società a cura del creditore è, in ogni caso, del tutto estranea rispetto alla effettiva ratio decidendi adottata dalla sentenza impugnata, costituita – invece – dall’affermazione secondo cui la clausola statutaria convenuta all’art. 8, assimilabile ad una clausola di gradimento posta nell’interesse della Società, non prevede la libera trasferibilità della quota di partecipazione, con conseguente applicabilità della disciplina di cui all’art. 2480 c.c., comma 3;

che, con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2480 c.c., come oggi sostituito dall’art. 2471 c.c.; motivazione insufficiente e contraddittoria”), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici dell’appello avrebbero erroneamente assimilato ad una clausola di gradimento quella di cui all’art. 7 dello statuto sociale – per cui “Le quote sociali sono trasferibili salvo il diritto di prelazione degli altri soci a parità di condizioni” -, la quale invece “stabilisce unicamente il diritto di prelazione e nulla di più”;

che tale motivo è infondato, perchè la sentenza impugnata – contrariamente all’assunto del ricorrente – si fonda sulla interpretazione, assistita da ampia e puntuale motivazione (non già dell’evocato art. 7 dello statuto sociale, ma) dell’art. 8 dello stesso statuto che regola dettagliatamente l’esercizio del diritto di prelazione degli altri soci in caso di trasferimento della quota sociale;

che, del resto, questa Corte ha affermato il principio, secondo cui, in tema di espropriazione forzata di quote di società a responsabilità limitata, le disposizioni dell’art. 2480 c.c., comma 3 (per il quale “Se la quota non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all’incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo”) e quarto (che estende le disposizioni del terzo alla vendita delle quote del socio fallito) cod. civ., si applicano anche allorchè la non libera trasferibilità delle quote derivi dall’esistenza di clausola statutaria di prelazione (cfr. la sentenza n. 691 del 2005;

vedi anche la sentenza n. 5493 del 2008);

che pertanto, alla luce delle precedenti considerazioni, il ricorso – complessivamente considerato – non merita accoglimento;

che non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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