Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11310 del 10/05/2010
Cassazione civile sez. I, 10/05/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 10/05/2010), n.11310
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 20391/2008 proposto da:
M.A. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSA Giunio, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositato il
15/02/2008, n. 762/07 R.G.V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
23/03/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIUNIO MASSA che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Corte di appello di Genova in data 22 novembre 2007, il Signor M.A. chiese che il Ministero della giustizia fosse condannato a corrispondere l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all’eccessiva durata di un procedimento civile iniziato con citazione notificata il 4 febbraio 1999 e definito con sentenza 14 marzo 2007 davanti al tribunale di Prato.
Con decreto del 15 febbraio 2008, la Corte di appello, ritenuto che la controversia non fosse di particolare complessità e che fosse ragionevole per essa la durata di quattro anni in primo grado, condannò l’amministrazione al pagamento, a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale per il ritardo di circa quattro anni, della somma di Euro 4.000,00.
Avverso questo decreto il Signor M.A. ha proposto ricorso per Cassazione notificato al Ministero presso l’Avvocatura Generale dello Stato, con tre motivi di ricorso, illustrati anche con memoria. L’amministrazione resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, artt. 3, 4 e 5 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per avere la corte del merito considerato ragionevole la durata di quattro anni di una controversia di non particolare difficoltà, discostandosi dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si formula il quesito di diritto, con il quale si chiede di dichiarare violata la L. n. 89 del 1991, l’art. 6 della Convenzione europea, nonchè i principi da ritenersi vincolanti fissati nelle decisioni CEDU sulla durata ragionevole del processo che deve parametrarsi per il primo grado in anni tre.
Il motivo è fondato. Nell’impugnato decreto, infatti, la corte territoriale ha determinato in quattro anni la durata ragionevole di un giudizio di primo grado privo di elementi di particolare complessità, discostandosi dal parametro CEDU di durata ragionevole di un processo in primo grado, stabilito in tre anni, senza alcuna motivazione.
L’accoglimento di questo motivo comporta la cassazione del decreto, con assorbimento di tutti gli altri motivi. La causa, inoltre, può essere decisa anche nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori accertamenti di fatto, con la determinazione della ragionevole durata del giudizio presupposto, in primo grado, in tre anni, e con la liquidazione a favore della parte ricorrente della somma, di Euro 4.250,00 a titolo di equa riparazione, con gli interessi legali dalla domanda.
Devono inoltre essere poste a carico della parte soccombente le spese dell’intero giudizio, liquidate come in dispositivo, senza tener conto delle spese non documentate o non ripetibili per vacazioni e trasferte.
PQM
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri;
cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 4.250,00, con gli interessi legali dalla domanda; la condanna inoltre al pagamento delle spese del giudizio, liquidate, per il giudizio davanti alla corte d’appello, in Euro 1.300,00, di cui Euro 500,00 per diritti e Euro 700,00 per onorari, oltre alle spese generali e gli accessori come per legge; e per il presente giudizio in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 23 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2010