Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11176 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/05/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI DIMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Caslelnuovo Rangone, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. CANNAS Luciana presso il cui studio

e domiciliato elettivamente ope legis in Roma, Via Sestio Calvino 33,

giusta procura a margine dei ricorso;

– ricorrente –

contro

Agricola Castelnuovo di Zanasi Maria & C. s.n.c., in persona

del

legale rapp.te pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Viale

Giulio Cesare 14 presso lo studio dell’avv. Maria Teresa Barbantini

Fedeli e rappresentato e difeso giusta procura speciale a margine del

ricorso dall’avv. Barbantini Fedeli nonchè dall’avv. Giuseppe

Tricarico;

– controricorrente e ric. inc.le –

avverso le sentenze n. 137/20/06, depositata in data 22.11.06. della

Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

2.1.110 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

sentita la difesa svolta dall’avv. Giuseppe Tricarico per conto di

parte resistente, che ha concluso per il rigetto del ricorso con

vittoria di spese.

Udito il P.G. in persona del Dr. Umberto Apice che ha concluso per

l’accoglimento per quanto di ragione di entrambi i ricorsi con le

pronunce consequenziali.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Castelnuovo Rangone notificava alla società Agricola Castelnuovo di Zanasi Maria & c. s.n.c. un avviso di accertamento e liquidazione ICI relativamente all’anno 1998, in relazione ad un’area edificabile censita nel catasto del Comune al fl. (OMISSIS). La contribuente li impugnava davanti alla CTP di Modena per carenza, illogicità, contraddittorietà di motivazione, per mancata indicazione degli atti comparativi, per mancato assolvimento dell’onere probatorio riguardo agli elementi di valutazione utilizzati, per la motivazione per relationem con riferimento alla scheda di valutazione che aveva assunto i valori riportati nelle tabelle dell’osservatorio dei valori immobiliari per l’anno 1999, Eccepiva inoltre la sproporzione tra il valore accertato dell’area ed il valore di mercato della stessa e chiedeva la non applicazione delle sanzioni.

La Commissione adita rigettava il ricorso. Proponeva appello la contribuente ribadendo le tesi esposte in primo grado. Il Comune resisteva riaffermando le posizioni tenute in primo grado. La Commissione Tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in parziale riforma della decisione, determinava il valore del terreno edificabile in Euro 4.920.512.12.

Avverso la detta sentenza il Comune di Castelnuovo Rangone ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo. La società Agricola Castelnuovo di Zanasi Maria resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale, articolato in tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, vanno riuniti i ricorsi, quello principale presentato dal Comune e quello incidentale presentato dalla contribuente, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Ciò posto, passando all’esame del ricorso principale, va rilevato che l’unica ragione di doglianza, svolta dal Comune, articolata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si fonda sulla considerazione che la CTR, ritenendo non imponibile la porzione dell’area destinata ad usi diversi dall’edificazione, avrebbe errato, trascurando che il valore dell’immobile assume rilievo solo per determinare la misura dell’imposta.

Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito: “dica il Supremo Collegio se, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5, è soggetta ai pagamento dell’ICI per l’anno 1998 l’intera area di proprietà della controricorrente qualificata come edificabile dallo strumento urbanistico e se deve essere esclusa dal calcolo dell’imposta quella destinata a verde, a opere di urbanizzazione, parcheggi, strade e aiuole, con riduzione della superficie e del valore”.

La censura merita attenzione. A riguardo, si deve premettere che, ad avviso dei giudici di appello, l’area destinata, secondo lo strumento urbanistico, ad usi diversi dall’edificazione (urbanizzazione, parcheggi, strade e aiuole), non sarebbe imponibile ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, perchè tali aree non rientrano nella definizione di area fabbricabile, che costituisce il presupposto dell’ICI e quindi andrebbero escluse dalla base imponibile ai fini del calcolo dell’imposta dovuta. Con la conseguenza che, nel caso di specie, alla complessiva superficie dell’area, pari a mq 26.450, deve essere sottratta la parte destinata agli altri usi, quantificata nella perizia, del geometra F. in mq 8.128.

La tesi della Commissione regionale non convince. Ed invero, premesso che l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. n. 15558/09. Sez. Un. 25506/06), si deve altresì evidenziare che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, nel prevedere che il valore dell’area fabbricabile è costituito da quello venale in comune commercio, fa riferimento all’intera area nel suo complesso. Ne deriva che l’area fabbricabile, deve essere considerata unitariamente, per cui occorre prescindere dalla destinazione che ciascuna porzione di essa potrà avere in esito alla realizzazione l’ICI processo edificatorio.

D’altra parte, non si può trascurare che ai fini dell’esercizio concreto dello “ius aedificandi” è necessario che l’area sia urbanizzata, con la conseguenza che non si può non tener conto dell’incidenza degli spazi riservati (secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico attuativo) ad infrastrutture e servizi di interesse generale, quali parcheggi, strade, aiuole. Con l’ulteriore conseguenza che, ai fini della determinazione del valore dell’area nel suo complesso, deve tenersi in debito conto il differente livello di edificabilità delle parti che compongono un’area – parametro espressamente richiamato dall’art. 5 comma 5 del D.Lgs. citato che si riflette necessariamente – e non potrebbe essere diversamente – sul complessivo valore commerciale dell’area.

Ne deriva che la valutazione dell’area medesima deve essere effettuata secondo il criterio del valore commerciale complessivo, tenendo ben presenti i differenti livelli di edificabilità delle parti che la compongono, il che può essere espresso ricorrendo a indici medi di edificabilità riferiti all’intera area in considerazione del rapporto tra spazi riservati a costruzioni e spazi riservati ad infrastrutture e servizi di interesse generale.

Il ricorso principale del ricorrente Comune deve essere pertanto accolto.

Passando all’esame del ricorso incidentale, proposto dalla società contribuente, deve rilevarsi che con la sua prima doglianza, deducendo il vizio di omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per la controversia, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata in quanto la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sui vizi della sentenza di primo grado, dedotti con l’appello, tra i quali l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sia sulla, illogicità e contraddittorietà della motivazione dell’avviso di accertamento sia sulla sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza sulla norma impositiva.

La doglianza è inammissibile per un duplice ordini di motivi: 1) in primo luogo per l’irrituale commissioni tra vizi ontologicamente diversi quali l’omessa motivazione e l’omessa pronunzia. A riguardo, è appena il caso di sottolineare che il vizio di “omessa pronuncia” integrante un difetto di attività del giudice, quindi un error in procedendo, produttivo della nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, si verifica quando il giudice omette di pronunciarsi su una domanda, un’eccezione oppure, in appello, su uno dei fatti costituitivi della domanda di appello, mentre il vizio di “omessa motivazione su un punto decisivo della controversia”, presuppone che il giudice abbia preso in considerazione la questione oggetto della domanda o dell’eccezione e l’abbia risolta, anche se senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la sua decisione 2) in secondo luogo, perchè il motivo di impugnazione non è stato accompagnato dal momento di sintesi, prescritto dall’art., 366 bis c.p.c..

Passando al secondo motivo di impugnazione, articolato sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, deve – rilevarsi che la ricorrente lamenta che il giudice di appello, omettendo di pronunciarsi sui dedotti vizi della motivazione della sentenza di primo grado, avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. La società contribuente ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito: “dica il Supremo Collegio se l’omessa motivazione della sentenza di appello sui dedotti vizi della motivazione della sentenza di primo grado violi l’art. 112 c.p.c.”.

Anche quest’ultima doglianza è inammissibile, sia perchè il quesito non può risolversi in un tautologico invito alla S.C. perchè ravvisi il vizio dedotto decidendo per la fondatezza della censura, sia per una ragione diversa, vale a dire per difetto di autosufficienza del ricorso. Invero, il ricorrente quando, in sede di legittimità denunzi il vizio di omessa pronuncia in cui sia incorso il giudice del merito, ha l’onere di indicare nel ricorso stesso se e dove le abbia proposte – previa integrale trascrizione, occorrendo – giacche anche in tema di un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione e giudice anche del “fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli (Cass. 10593/08). Il mancato assolvimento del detto onere rende inammissibile la censura.

Resta da esaminare l’ultima doglianza, svolta dalla contribuente articolata sotto il profilo della omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, doglianza fondata sulla premessa che il Comune di Castelnuovo Rangone, con l’avviso di accertamento ha proceduto ad accertare il valore di una superficie complessiva di mq. 24.350 per 11 mesi e di mq 22.950 per un mese mentre la CTR ha affermato in sentenza che l’estensione dell’area effettivamente edificabile noterebbe essere calcolata sottraendo alla superficie complessiva (mq 26.450) la parte destinata ad altri usi (risultante pari a mq 8.128) ottenendosi una superficie di mq 18.322. In tal modo, risulterebbe evidente l’erronea ricognizione della fattispecie da parte dei giudici di merito.

Anche tale doglianza deve essere dichiarata inammissibile perchè il motivo di impugnazione non è stato accompagnato dal momento di sintesi, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., Ed invero, come insegna questa Corte la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008).

Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni consegue pertanto l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto del ricorso incidentale proposto dalla contribuente e la cassazione della sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio richiamato, in causa va rinviata ad altra Sezione della CTR Emilia Romagna, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accollo con rinvio della causa ad altra Sezione della CTR Emilia Romagna, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

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