Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11041 del 06/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 06/05/2010), n.11041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23790-2008 proposto da:

T.A. in proprio e quale erede della sig.ra M.

V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI PAISIELLO 33,

presso lo studio dell’avvocato PETRECCA STEFANO (studio “Di Tanno e

Associati Studio Legale Tributario”) che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di FIRENZE del 31/05/07, depositata il 12/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza n. 21/30/07 del 12/7/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana in accoglimento del gravame interposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE di Grosseto riformava la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto di accoglimento dell’opposizione spiegata dal sig. T.A., in proprio e quale erede della sig. M.V., in relazione ad avviso di rettifica e liquidazione dell’I.N.V.I.M. concernente contratto di compravendita di appezzamento di terreno.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il T. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso l’AGENZIA DELLE ENTRATE. Con il 1^ MOTIVO il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51, 52, D.P.R. n. 643 del 1972, art. 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ MOTIVO denunzia insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso dovrà essere ritenuto in parte inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c., e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 ed in parte infondato per violazione del principio di autosufficienza.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v. Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regrula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti recati dai motivi di ricorso risultano formulati in termini tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 72 58), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza sottacersi che nella specie i motivi risultano altresì formulati in violazione del principio di autosufficienza, laddove viene fatto richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente riportarli nel ricorso (es., all'”atto di compravendita a rogito notar Giorgio Ciampolini registrato il (OMISSIS), seie 4^”, alla “procedura di esproprio per pubblica utilità del terreno de quo”, alla “Delib. 23 dicembre 1996, m. 93”, alla “copia di un avviso di accertamento relativo ad un immobile dalle medesime caratteristiche e situato nella medesima zona”, alla “stima dell’UTE”, alla “prova della inesistenza di detti elementi di partenza … allegata e prodotta dal contribuente”, al PRG del Comune di Grosseto”, ai “successivi mutamenti” che “hanno condotto la particella (OMISSIS) oggetto del presente contenzioso a riacquistare la qualifica di area agricola (seminativo di 1^ classe) perdendo anche il vincolo di verde pubblico”).

Senza sottacersi che in base a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – e non anche come nella specie in termini di violazione di legge – dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.

Quanto al motivo (2^) con il quale viene denunziato vizio di motivazione, va osservato che il medesimo non reca, in una parte del motivo ad essa “specificamente destinata”, autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002), la “chiara indicazione” secondo cui essa deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.) delle “ragioni” del denunziato vizio di motivazione (tale non potendo invero considerarsi la parte del ricorso che inizia a pag. 19 del ricorso con le parole “Rilevanza del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa …” e si estende sino alla conclusione del motivo a pag. 21 concludendosi con il periodo “Pertanto … infondatezza e pretestuosità della pretesa erariale”) inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come sopra rilevato nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, i quesiti non recando l’indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui il giudice ha deciso e della diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, nonchè appalesandosi genericamente ed astrattamente formulati; nè il motivo ove si denunzia vizio di motivazione recando idonea sintesi riassuntiva a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria , tale non potendosi invero considerare nemmeno la parte del motivo che inizia a pag. 19 con le parole “Rilevanza del fatto controverso” e si conclude a pag. 21 con il periodo “Pertanto, ove il Giudice si fosse incaricato correttamente di valutare gli elementi documentali citati non avrebbe non potuto riconoscere la incongruità del valore accertato dall’Ufficio e la infondatezza e pretestuosità della pretesa erariale”;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3,500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2010

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