Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10289 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. I, 29/04/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A.R.A., elettivamente domiciliato in Roma,

Via G. Avezzana 6, presso l’avv. BURELLI Loretta, che lo rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Prefettura di Roma in persona del Prefetto;

– intimata –

avverso il decreto del Giudice di Pace di Roma n. 873/09 in data

15.1.2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

9.2.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Burelli per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo, assorbiti gli altri.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con decreto del 15.1.2009 il giudice di pace di Roma rigettava il ricorso proposto da R.A.R.A. avverso il decreto di espulsione dal territorio nazionale e l’ordine di allontanamento emessi nei suoi confronti, evidenziando in particolare, per la parte di interesse, che “la misura dell’espulsione discende con carattere di automaticità dalla ricorrenza delle ipotesi di trattenimento illegale di cui alla lettera b) del comma 2 dell’art. 13 del testo unico”.

Avverso la decisione R.A. proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui non resistevano gli intimati, con i quali rispettivamente denunciava: 1) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b e art. 5, comma 2 art. 112 c.p.c., per il fatto che il decreto di espulsione era stato emesso in relazione ad un preteso illegittimo trattenimento nel territorio nazionale, prospettazione che sarebbe stata priva di pregio atteso che, entrato in (OMISSIS) il 15.3.2007 con regolare visto dell’Ambasciata, avrebbe subito dato corso alla pratica per la concessione del permesso di soggiorno; 2) violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c, per il fatto che il giudice di pace avrebbe omesso di prendere in considerazione le censure pur specificamente dedotte; 3) violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, art. 18, comma 2, poichè la motivazione del provvedimento prefettizio sarebbe errata ed il giudice di pace, anzichè valutarne nel merito la relativa correttezza, non avrebbe tenuto conto della documentazione pur indicata da esso ricorrente; 4) vizio di motivazione per contraddittorietà, in ragione dell’omessa indicazione della legge asseritamente violata, dell’omesso sindacato in ordine al presupposto del provvedimento espulsivo, dell’inesistenza dell’urgenza rappresentata.

Osserva il Collegio che nella sostanza le doglianze del R. si incentrano sul fatto che la violazione contestatagli è quella indicata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, lett. b), che vieta il trattenimento del cittadino straniero sul territorio nazionale in mancanza della richiesta del permesso di soggiorno.

Tuttavia tale situazione in fatto – e cioè la mancata richiesta del permesso di soggiorno – sarebbe stata smentita dalle diverse argomentazioni difensive svolte, dalle quali sarebbe emerso che in data 9.2.2006 esso ricorrente avrebbe per l’appunto presentato istanza per il rilascio del permesso di soggiorno; che nel febbraio 1997 si era allontanato dall’Italia per rientrarvi il 15.3.2007, con regolare visto dell’Ambasciata italiana in Ecuador; che solo in data 28.3.2008 era stata rigettata l’istanza di permesso di soggiorno pendente dal 9.2.1996.

Il decreto impugnato sarebbe poi viziato perchè, oltre a non tener conto della pendenza della detta istanza che avrebbe reso superflue ulteriori richieste autorizzatole, sarebbe stato lacunoso per non aver tenuto debito conto delle difese prospettate e della relativa documentazione allegata a sostegno. Orbene, pur prescindendo da ogni considerazione in ordine ai profili relativi all’autosufficienza dei motivi (nn. 2, 3, 4), con i quali il ricorrente si è doluto delle pretese omissioni sopra indicate (la denuncia è invero generica per la mancata specifica indicazione delle produzioni effettuate, delle argomentazioni svolte e delle modalità delle relative acquisizioni nel processo), va rilevato che l’impugnato decreto del giudice di pace, pur nella inutilmente ridondanza della motivazione per alcuni aspetti e nell’assoluta stringatezza per altri profili, è sostanzialmente fecalizzato, per la parte di interesse, sul rilievo della inconsistenza delle doglianze sollevate “in sede di ricorso, tenuto conto del diniego del permesso di soggiorno”.

Tale statuizione, che fra l’altro non è stata puntualmente censurata con l’esatta individuazione e la conseguente critica della “ratio decidendi”, risulta correttamente emessa poichè, come questa Corte ha reiteratamente affermato, è principio consolidato quello dell’automaticità dell’espulsione per carenza di titolo di soggiorno (nella specie venuto meno il 28.3.2008), e ciò indipendentemente dalle ragioni di carenza sopravvenuta del detto titolo (C. 08/2973, C. 06/6670, C. 05/28308, C. 05/6081).

Ne consegue conclusivamente che il ricorso deve essere rigettato, mentre nulla va stabilito in ordine alle spese processuali poichè l’intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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