Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9952 del 26/04/2010
Cassazione civile sez. I, 26/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9952
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3915-2007 proposto da:
G.T.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso l’avvocato
SARDO UGO, rappresentata e difesa dagli avvocati STRANGES FRANCO,
ISABELLA CARLO LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il
06/12/2005, n. 16/05 c.c.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/03/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.
RUSSO Libertino Alberto che ha chiesto che la Corte di Cassazione, in
camera di consiglio, accolga il ricorso per manifesta fondatezza.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 27.01.2005, G.T.M. adiva la Corte di appello di Salerno chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.
Con decreto del 10.11-6.12.2005, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, rigettava il ricorso, compensando le spese processuali. La Corte osservava e riteneva, in sintesi;
– che la G. aveva chiesto l’indennizzo in relazione al processo civile in tema di indennità di maternità per il periodo di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro di bracciante agricola, da lei introdotto nei confronti dell’INPS, dinanzi al giudice di Lamezia Terme, con ricorso depositato il 18.09.1993 e definito primo grado con sentenza n. 1046 depositata il 10.11.2004;
– che assorbente al fini decisori si palesava la mancata allegazione e dimostrazione di un qualsivoglia danno scaturente dal denunziato ritardo processuale.
Avverso questo decreto la G. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 20.01.2007.
La causa è stata fissata per l’esame in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Il Pubblico Ministero ha chiesto l’accoglimento del ricorso manifestamente fondato.
Con ordinanza del 28.09-19.10.2009 è stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso al Ministero della Giustizia che non aveva e non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno dell’impugnazione e con riferimento al diniego di riparazione del danno non patrimoniale la G. deduce che “il decreto è erroneo e come tale deve essere cassato per manifesta violazione di legge e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 in relazione all’art. 360 n. 2 c.p.c.” Il ricorso è manifestamente fondato.
In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo;
– se con la domanda il ricorrente si limita a richiedere l’equo indennizzo per il danno subito, occorre ritenere che la parte abbia inteso riferirsi sia al danno patrimoniale che a quello non patrimoniale. Peraltro, pur non essendo necessario ai fini della valutazione della domanda giudiziale che nel ricorso si specifichi espressamente anche il riferimento della pretesa ad entrambi gli ambiti di pregiudizio, tuttavia, onde non incorrere nel vizio di mancata determinazione dell’oggetto della domanda o di omessa esposizione degli elementi di fatto su cui la domanda stessa si fonda, mentre per il danno non patrimoniale, la cui esistenza si può presumere, deve ritenersi sufficiente la richiesta d’indennizzo, anche con formulazione onnicomprensiva, per il danno patrimoniale, oggetto di prova piena e rigorosa, occorre, invece, che siano ulteriormente specificati tutti gli estremi, fra l’altro variabili da caso a caso, ovvero che ne sia possibile l’individuazione sulla base del contesto complessivo dell’atto e ciò anche al fine di consentire alla controparte l’esercizio del diritto di difesa (Cass. 200514379;
200620403; 200606999).
– il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e ‘ necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’ari. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: sicchè, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale “in re ipsa” – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione, il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta, come nella specie, non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (Cass. SU 200401338).
Accolta, dunque, la censura in questione ben può procedersi sulle esposte premesse,alla cassazione dell’impugnato decreto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c..
Considerando che il processo civile si era protratto per circa 11 anni 1 mese e 23 giorni (al 18-09-1993 al 10.11.2004 =) mentre, invece, anche in linea con i parametri cronologici sovranazionali, avrebbe dovuto essere definito nel tempo ragionevole di tre anni, il periodo d’irragionevole durata può determinarsi in circa 8 anni 1 mese e 23 giorni. Quanto alla misura dell’indennizzo, considerati gli standards CEDU, recepite le ragioni che la Corte distrettuale ha posto a fondamento della sua pronuncia sfavorevole e segnatamente l’assenza di connotazioni dell’aspettativa, e conseguentemente individuato nella somma di Euro 750,00 ad anno per il primo triennio ed in Euro 1.000,00 ad anno per il periodo successivo, il parametro indennitario per la riparazione del danno non patrimoniale, devesi riconoscere all’istante l’indennizzo complessivo di Euro 7.420,00 oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (cass. 200608712).
A carico della medesima Amministrazione della Giustizia soccombente va posto il pagamento delle spese del giudizio di merito e del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso della G., cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 7.420,00 con interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese di giudizio, liquidate per il giudizio di merito in complessivi Euro 1.500,00 (di cui Euro 850,00 per onorari ed Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge e per il giudizio di legittimità in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00, per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010