Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9858 del 24/04/2010
Cassazione civile sez. II, 24/04/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 24/04/2010), n.9858
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3379/2007 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore e
PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI VERCELLI in persona
del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrenti –
contro
B.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 29/2006 del GIUDICE DI PACE di SANTHIA’ del
20.2.06, depositata il 21/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Santhià ha accolto l’opposizione proposta dalla Sig.ra B. M. a verbale di contestazione elevato dalla Polizia Stradale per violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9. Ha infatti ritenuto la nullità dell’accertamento, eseguito mediante dispositivo “autovelox” ai sensi del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 (conv., con modif., in L. 1 agosto 2002, n. 168), in quanto della presenza del predetto dispositivo non era stata data informazione agli automobilisti, come previsto, al comma 1, dal richiamato art. 4;
che il Ministero dell’Interno ha quindi proposto ricorso per cassazione deducendo un solo motivo di cen-sura, cui non ha resistito l’intimata;
che, avviata la procedura camerale di cui all’art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. f), e D.L. n. 121 del 2002, art. 4, si lamenta che il Giudice di pace abbia ritenuto che l’informazione agli automobilisti dell’installazione dell'”autovelox” funga da condizione di legittimità dell’accertamento dell’illecito rilevato mediante quel dispositivo;
che a parere dell’amministrazione ricorrente l’obbligo di informazione è invece previsto dalla legge non in funzione del diritto di difesa del trasgressore, bensì per finalità di sicurezza pubblica, ossia per evitare il rischio di comportamenti di guida pericolosi (es., brusche frenate) determinati dall’effetto “sorpresa” per l’improvviso apparire del dispositivo; insomma la previsione avrebbe, in definitiva, “carattere meramente organizzativo e precauzionale” e non interferirebbe con la legittimità del procedimento sanzionatorio;
che detta tesi non può essere condivisa e deve, invece, darsi continuità all’indirizzo già seguito dalla giurisprudenza di questa Corte con le sentenze 24526/2006, 12833/2007 e 7419/2009, che hanno riconosciuto nella preventiva informazione agli automobilisti, prevista dal cit. D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, un presupposto di validità dell’accertamento dell’illecito;
che alle considerazioni qui svolte dall’amministrazione ricorrente deve infatti replicarsi che, per un verso, non soltanto la violazione di norme poste a presidio del diritto di difesa dell’incolpato, bensì di regola qualsiasi violazione di norma imperativa, determina la nullità dell’accertamento, e che, per altro verso, la ratio di sicurezza della circolazione, segnalata dalla ricorrente, lungi dall’escludere il carattere cogente della norma in questione, semmai lo rafforza (cfr., in termini, la sentenza pronunciata da questa Sezione nella Camera di consiglio del 10 luglio 2009 sul ricorso n. 12003/2006 R.G.);
che il ricorso va pertanto respinto; che non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2010