Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9687 del 23/04/2010
Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9687
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 23133/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente –
contro
COSTRUZIONI MECCANICHE E STRUTTURA IN ACCIAIO CERASI & C. di
Cerasi
Giorgio & C. Sas in persona del socio accomandatario,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 13 8, presso lo studio
dell’avvocato POLCHI Rodolfo, che la rappresenta e difende, giusta
procurai a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
SERIT SPA – in qualità di concessionario del servizio di riscossione
dei tributi della Provincia di Terni;
– intimata –
avverso la sentenza n. 32/2007 della Commissione Tributaria Regionale
di PERUGIA del 21.6.07, depositata il 27/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
17/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO
IANNELLI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 27/6/2007 la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria respingeva il gravame interposto dal CONCESSIONARIO EQUITALIA TERNI s.p.a. nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Terni di accoglimento dell’opposizione spiegata dalla società COSTRUZIONI MECCANICHE E STRUTTURE IN ACCIAIO CERASI & C. s.a.s. in relazione ad avviso di accertamento emesso a titolo di I.V.A. per l’anno d’imposta 1997.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate: propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
Resiste con controricorso la società COSTRUZIONI MECCANICHE E STRUTTURE IN ACCIAIO CERASI & C. s.a.s..
Con il 1^ MOTIVO la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2^ MOTIVO la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, art. 11 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso dovrà essere ritenuto inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.
Cass., 17/7/2007, n. 15949).
Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).
Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal motivo di ricorso risulta formulato in termini tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un,., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).
L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza sottacersi che nella specie i motivi risultano altresì formulati in violazione del principio di autosufficienza, laddove viene fatto richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente riportarli nel ricorso (es., alla cartella di pagamento, all’invito bonario, alla cartella impugnata).
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che le parti non hanno presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, risultando i quesiti formulati in termini generici ed astratti, privi pertanto di riferibilità alla fattispecie concreta in esame;
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 2.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010