Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8983 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. un., 15/04/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 15/04/2010), n.8983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di sezione –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.D. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 43, presso lo studio dell’avvocato

BASSARELLI STEFANO, rappresentato e difeso dall’avvocato PICCINNO

SILVIO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 407/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato Giovanni PALATIELLO dell’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso (A.G.A.).

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Lecce, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla domanda proposta da M.D., appartenente all’Arma dei Carabinieri, contro il Ministero dell’interno (proponente opposizione contro il decreto ingiuntivo conseguito dal M.), di riconoscimento del diritto al rimborso delle spese sostenute per la propria difesa in un procedimento penale.

Il difetto di giurisdizione dipendeva, secondo la Corte d’appello, dal fatto che, riguardando il giudizio gli oneri di difesa in un procedimento penale per vicende maturate in stretta connessione con l’attività di servizio del M., assumeva rilievo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per i rapporti di lavoro rimasti nell’ambito della disciplina pubblicistica.

Il M. propone ricorso per Cassazione. L’Amministrazione dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, denunciando nullità della sentenza in rapporto all’art. 100 c.p.c. e omessa motivazione al riguardo, lamenta la mancata dichiarazione della cessazione della materia del contendere in dipendenza dell’avvenuto pagamento del debito.

Il motivo è infondato, in quanto dallo stesso ricorso si evince che il pagamento sarebbe avvenuto per effetto del giudizio di esecuzione intrapreso sulla base della provvisoria esecutività di un titolo giudiziario non definitivo e pertanto da tale comportamento non può desumersi alcuna acquiescenza del Ministero.

Il secondo motivo censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Il ricorrente sostiene che il diritto fatto valere trova la sua base normativa nella L. n. 152 del 1975, art. 32 e deduce che è ravvisatole solo una connessione della pretesa con il rapporto di pubblico impiego, e non una sua diretta dipendenza dal medesimo, visto che detta norma assicura il rimborso delle spese di difesa per fatti relativi all’uso delle armi non solo in favore di agenti o militari, ma anche di qualsiasi soggetto che abbia operato nell’ambito della previsione, comprese le persone che abbiano prestato assistenza all’appartenente alle forze di polizia.

Il motivo non è fondato. Il richiamato art. 32 (sul quale incontestatamente è stata basata domanda) recita: “Nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, la difesa può essere assunta a richiesta dell’interessato dall’Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell’interessato medesimo.

In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell’interno salva rivalsa se vi è responsabilità dell’imputato per fatto doloso.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dall’appartenente alle forze di polizia, gli presti assistenza”.

La circostanza su cui fa leva il ricorrente, e cioè che la disposizione in questione è dettata in favore non solo di pubblici dipendenti ma anche di soggetti che, privi di tale qualifica, occasionalmente vengano a collaborare con i pubblici ufficiali in funzione di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, in effetti non può ritenersi determinante. Infatti quando, come si verifica di norma e si è verificato nella specie, l’impiego delle armi o di altri mezzi di coazione fisica per fatti compiuti in servizio sia stato posto in essere da un soggetto, civile o militare, inserito nell’amministrazione pubblica mediante un rapporto di pubblico impiego, evidentemente anche il diritto al rimborso delle spese di difesa si ricollega, al pari dell’episodio che ne costituisce il presupposto, al rapporto di pubblico impiego. Nè può attribuirsi valore determinante in senso ostativo al fatto che l’obbligo di rimborso sia posto a carico di un’amministrazione diversa (nella specie, tuttavia, pur sempre di un’amministrazione statale) di quella in cui è incardinato il rapporto di impiego, ben potendo la legge attribuire particolari attribuzioni relative ai rapporti di pubblico impiego ad una pubblica amministrazione diversa da quella titolare del rapporto e quindi, in genere, delle inerenti posizioni soggettive.

Conseguentemente, essendo in questione un rapporto di impiego relativo a personale militare in regime di diritto pubblico (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3), deve ritenersi operante la regola della attribuzione delle controversie in materia di pubblico impiego alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (R.D. n. 1054 del 1924, art. 29, t.u. Cons. Stato, e L. n. 1034 del 1971, art. 7, comma 2, legge TAR). Del resto più volte questa Corte ha ritenuto inerenti al rapporto di impiego le controversie in materia di rimborso delle spese sostenute dal pubblico dipendente per difendersi in procedimenti relativi a fatti connessi all’espletamento dei compiti di ufficio (cfr. Cass. S.U. n. 111/2000, 15716/2001, 10168/2002, 13048/2007).

Il ricorso deve dunque essere rigettato, con dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo. La novità e particolarità della questione consiglia la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

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