Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8002 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 01/04/2010), n.8002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INGRA’ s.n.c. di INGRA’ CRISTINA, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Goito n. 29,

presso lo studio dell’avv. Patelmo Paolo, rappresentato e difeso

dall’avv. Zani Simone giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.C., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Carso n. 51,

presso lo studio dell’avv. Rufini Francesco, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Alessandro Nicolodi giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 1280/05

decisa in data 15 aprile 2005 e depositata in data 8 settembre 2005.

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Simone Zani;

udito l’avv. Alessandro Nicolodi;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. RUSSO Rosario Giovanni che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso con condanna alle spese.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 27 gennaio 1994 I.C. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Firenze, la Ingrà di Ingrà Cristina & C. s.n.c. chiedendo stabilirsi ai sensi dell’art. 1187 c.c. – e comunque con ogni utile pronuncia – il termine entro il quale la società convenuta avrebbe dovuto restituirgli la somma di L. 77.5000.000=, oltre interessi legali, che assumeva aver mutuato alla stessa a mezzo due bonifici bancari rispettivamente di L. 15.000.000= in data 20 gennaio 1993 e di L. 62.500.000= in data 5 febbraio 1993, senza che fra le parti fosse stato pattuito un termine per la restituzione del prestito e a nulla essendo servito l’invito bonario alla restituzione della somma. Alla causa, in cui la società convenuta rimaneva contumace, veniva riunita quella promossa dalla medesima in opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore di I.C. dal Presidente del Tribunale di Firenze per il pagamento della somma di L. 7.750.000= a titolo di interessi sulla mutuata somma di cui sopra.

All’esito dell’istruzione, articolatasi nella produzione di documenti e nell’espletamento di prova per interrogatorio formale e per testi, con sentenza del 25 ottobre 2002 il Tribunale adito, ritenuto che, pacifico essendo il fatto storico del versamento della somma di L. 77.500.000= dedotto dall’attore, le prove orali e documentali confermavano il dedotto titolo del prestito che non poteva reputarsi contraddetto dalla dichiarazione “sussidi e regalie” apposta sulla ricevuta di accreditamento della banca beneficiaria, condannava la convenuta a restituire all’attore la somma predetta, “oltre interessi legali dal giorno del fatto” e il rimborso delle spese del giudizio.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 8 settembre 2005 rigettava l’appello proposto dalla Ingrà di Ingrà Cristina & C. e condannava la stessa alle spese.

Propone ricorso per cassazione la Ingrà di Ingrà Cristina & C. s.n.c. con quattro motivi.

Resiste con controricorso I.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c.; la erronea valutazione delle risultanze probatorie ai sensi dell’art. 2697 c.c.; in particolare, nel ritenere la sussistenza della ipotesi di un rapporto di mutuo, la sentenza impugnata ha ritenuto la irrilevanza della dicitura “sussidi e regalie” sul documento con il quale era stato disposto il trasferimento bancario: tale causale non è mai stata contestata dall’interessato, il quale avrebbe dovuto provare l’eventuale diversa imputazione da attribuire alla rimessa.

La sentenza impugnata, nel valutare gli elementi di prova acquisiti nel corso dell’istruttoria, ha dato conto, con motivazione coerente ed adeguata, delle ragioni che hanno portato alla irrilevanza della dicitura “sussidi e regalie” apposta sulla ricevuta di accreditamento della banca beneficiaria. In realtà, secondo i giudici del merito, tale dicitura fu una iniziativa unilaterale della stessa banca, posto che sugli ordinativi di bonifico sottoscritti dal mutuante I. C. sotto la casella “motivo del pagamento” non risulta alcuna dicitura, dovendosi in tal modo presumere che nessun rilievo possa quindi assumere la causale sopra indicata. La censura si risolve quindi in una diversa valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di merito, senza che siano poste in luce carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per cassazione non può essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione degli artt. 116 e 244 c.p.c. in relazione alla erronea valutazione delle prove testimoniali tenuto anche conto del contenuto delle stesse, volto a dimostrare un patto contrario a quanto risultante dai bonifici bancari recanti la dicitura “sussidi e regalie”.

Anche su tale aspetto la Corte fiorentina ha fornito una corretta e convincente motivazione, nel senso che i limiti posti dall’art. 2722 c.c. alla prova testimoniale non possono essere estesi anche a documenti che non contengano una pattuizione tra le parti, come nella specie. Il motivo deve essere quindi rigettato.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla domanda proposta da I.C. per ottenere gli interessi sulla somma che secondo la tesi avrebbe dato in prestito, avendo chiesto gli stessi importi per interessi con separato procedimento monitorio.

Anche su tale aspetto la sentenza impugnata dà atto che in conseguenza della riunione dei due distinti procedimenti (quello iniziato con atto di citazione notificato il 27 gennaio 1994, di accertamento del diritto alla restituzione della somma mutuata e quello di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento degli interessi sulla somma mutuata) non si è verificata alcuna duplicazione di domanda, come risulta dalla pronunzia di condanna del Tribunale di Firenze.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla condanna alle spese.

Il motivo è assorbito da quanto sopra illustrato.

Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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