Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7651 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 624/2007 proposto da:

T.M. quale erede di T.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato

DE BENEDICTIS CATALDO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALLEGRA ROBERTO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PREDEN SERGIO, VALENTE NICOLA, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6355/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/12/2005 r.g.n. 5636/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato GIOVANNI DE VIVO per delega DE BENEDICTIS CATALDO

MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI

Il giudizio riguarda interessi e rivalutazione maturati per il ritardato pagamento della pensione liquidata in favore di T.S.. La Corte d’appello di Roma con sentenza depositata l’11.1.2005, non definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava prescritti i crediti precedenti il 28.1.1988, rigettando la relativa domanda, disponeva la prosecuzione del giudizio per la determinazione del quantum. con riferimento alla parte non prescritta del credito. Con la successiva sentenza definitiva depositata il 23.12.2005, condannava l’Inps al pagamento in favore dell’assicurato di Euro 1057,22, oltre interessi e rivalutazione su una parte di tale somma e metà delle spese del doppio grado.

La Corte d’appello, nel motivare la sentenza non definitiva, ritenuta applicabile la prescrizione decennale ed esclusa l’efficacia interruttiva della liquidazione della sorte capitale non avvenuta a dichiarato titolo di mero acconto, osservava che, successivamente alla domanda amministrativa del 22.3.1985, il primo atto interruttivo era stato costituito dalla istanza amministrativa del 28.1.1998.

Contro detta sentenza non definitiva T.M.G., nella dichiarata qualità di erede dell’assicurato, propone ricorso per cassazione sorretto da due motivi e illustrato da successiva memoria.

L’Inps resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 429 e 442 c.p.c., degli artt. 2934, 2935, 2944, 2946 e 2948 c.c., e del R.D. n. 1827 del 1935, art. 129, ed altre norme connesse, nonchè vizio di motivazione, si lamenta la mancata considerazione dell’efficacia interruttiva dell’istanza al Comitato provinciale diretta al conseguimento degli interessi, presentata in data 8.2.1994, come riscontrato nella nota dell’Inps del 14.9.1996 di comunicazione della liquidazione degli interessi. Si osserva, al riguardo, che l’efficacia interruttiva di tale richiesta deve intendersi estesa anche alla rivalutazione, rappresentando entrambi gli accessori componenti del credito che concorrono ad esprimerne l’effettiva entità.

Il motivo non merita accoglimento.

E’ necessario preliminarmente osservare che, come precisato dalla prevalente e più recente giurisprudenza sul punto di questa Corte, in tema di accessori di ratei di trattamento pensionistico tardivamente corrisposti, l’atto interruttivo della prescrizione riguardante i soli interessi legali non può -nonostante la natura unitaria del credito previdenziale (nel senso che gli accessori ne costituiscono componenti essenziali) – spiegare effetto interruttivo pure in relazione alla rivalutazione monetaria (o viceversa), non potendosi ritenere implicita la volontà dell’interessato di estendere l’efficacia di una domanda così espressamente e specificamente delimitata anche ad altre eventuali componenti non soddisfatte del medesimo credito (Cass. 8134/2008 e numerose altre conformi).

Esclusa quindi l’accoglibilità del motivo per quanto riguarda la rivalutazione, deve rilevarsi che la parte ricorrente non ha formulato alcuna specifica censura quanto alla liquidazione degli interessi sulla sorte, il cui pagamento, pacificamente, è intervenuto prima del giudizio.

Le censure di cui al secondo motivo devono ritenersi infondate in relazione all’orientamento di questa Corte secondo cui, da un lato, i pagamenti parziali non comportano l’interruzione della prescrizione per le maggiori somme dovute, se il debitore non ha ritenuto parziale il pagamento, con riserva di provvedere successivamente al versamento delle somme ulteriori, e secondo cui con riferimento alle prestazioni previdenziali l’atteggiamento soggettivo dell’ente erogatore circa la ulteriore debenza degli accessori deve risultare da atti formali e specifici, con la conseguenza che esso non può ricollegarsi con certezza alla mera comunicazione di accoglimento della domanda amministrativa (cfr. Cass. n. 17948/2006 anche per i richiami dell’elaborazione giurisprudenziale in materia). Tale valenza della comunicazione dell’accoglimento della domanda amministrativa tanto più deve escludersi quando, come nella specie, la comunicazione dell’Inps comprende la specificazione dell’importo dei ratei arretrati (evidentemente non comprensivi degli accessori), come espressamente confermato nel ricorso. In tal caso, infatti, è del tutto evidente che il riconoscimento del debito contiene un’inequivoca specificazione limitativa dell’ammontare del medesimo.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all’art. al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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