Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17912 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 27/08/2020), n.17912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14577-2019 proposto da:

Z.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI

40, presso lo studio dell’avvocato MATTEO RONGA, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE BARBUTO;

– ricorrente –

contro

AMISSA VITA SPA, già CARIGE VITA NUOVA SPA, già BASILESE VITA NUOVA

SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA VIA SARDEGNA 17 presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE ALTIERI che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 483/2018 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA,

depositata il 19/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 19/11/2018, il Tribunale di Vibo Valentia, in accoglimento dell’appello proposto dalla Carige Vita Nuova Assicurazioni s.p.a., e in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato l’insussistenza del diritto di Z.M. al riscatto della polizza assicurativa conclusa tra le parti, essendosi l’assicurata limitata al solo pagamento della prima rata di premio senza corrispondere nessuna delle successive;

a fondamento della decisione assunta, il giudice d’appello ha evidenziato come la clausola contrattuale contenuta nella polizza in esame – in forza della quale, in caso di mancato pagamento di una sola rata di premio, il contratto di assicurazione si sarebbe risolto di diritto, con facoltà della compagnia assicuratrice di trattenere i premi corrisposti non potesse ritenersi in alcun caso vessatoria (come preteso dall’assicurata), non essendo ricompresa (quale clausola risolutiva espressa) tra le c.d. clausole vessatorie previste dall’art. 1341 c.c., e limitandosi, detta condizione, a riprodurre pedissequamente il contenuto dell’art. 1924 c.c., con la conseguente esclusione della relativa vessatorietà ai sensi dell’art. 1469-ter c.c., comma 3, (applicabile ratione temporis);

avverso la sentenza d’appello, Z.M. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

la Amissima Vita s.p.a. (già Carige Vita Nuova s.p.a.) resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il motivo d’impugnazione proposto, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente escluso il carattere vessatorio della clausola risolutiva espressa convenuta tra le parti, non essendo sufficiente la mancata menzione di detta clausola tra quelle espressamente menzionate nell’art. 1341 c.c. (evenienza, peraltro, non riscontrabile nel caso di specie), dovendo il giudice in ogni caso verificarne il carattere vessatorio sotto il profilo dello squilibrio delle posizioni contrattuali dei contraenti delle parti;

il ricorso è manifestamente infondato;

osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la clausola risolutiva espressa (tale dovendo indubitabilmente qualificarsi la condizione contrattuale contestata in questa sede) attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per un determinato inadempimento della controparte, dispensandola dall’onere di provarne l’importanza;

detta clausola non ha carattere vessatorio, atteso che non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341 c.c., comma 2, neanche in relazione all’eventuale aggravamento delle condizioni di uno dei contraenti derivante dalla limitazione della facoltà di proporre eccezioni, in quanto la possibilità di chiedere la risoluzione è connessa alla stessa posizione di parte del contratto e la clausola risolutiva si limita soltanto a rafforzarla (cfr. ex plurimis Sez. 3, Ordinanza n. 17603 del 05/07/2018, Rv. 649554 – 01);

sotto altro profilo, varrà considerare come del tutto correttamente il giudice a quo abbia evidenziato la non configurabilità, in ogni caso, del carattere vessatorio della clausola contrattuale in esame (ai sensi dell’art. 1469-bis c.c., comma 1, applicabile ratione temporis), trattandosi di una condizione contrattuale meramente ripetitiva di disposizioni di legge (cfr. l’art. 1469-ter c.c., comma 3, applicabile ratione temporis), avuto riguardo al testo dell’art. 1924 c.c., ai sensi del quale se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell’assicurazione o per la riduzione della somma assicurata;

al riscontro della complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate segue la pronuncia del rigetto del ricorso, con la condanna della ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 4 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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