Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17671 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. III, 25/08/2020, (ud. 22/06/2020, dep. 25/08/2020), n.17671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30917-2018 proposto da:

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI, 51, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA SALVATORI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE AUGELLO;

– ricorrente –

e contro

INA ASSITALIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 496/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 30/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

C.P., con atto di citazione del 12/7/2005, convenne davanti al Tribunale di Caltanissetta la Ina Assitalia SpA attivando una polizza per infortuni stipulata con la compagnia a seguito di un sinistro occorsole in ospedale dove lei, medico, si era per errore punta con una siringa lasciata incustodita, così contraendo l’epatite B e C. Attivata invano la polizza, la dottoressa C. adì il Tribunale per sentir pronunciare la condanna della compagnia al risarcimento del danno per violazione dell’art. 1375 c.c., parametrando la richiesta alla somma che la compagnia avrebbe dovuto pagare, a titolo di indennizzo, ove si fosse comportata in buona fede nell’esecuzione del contratto.

La compagnia, costituendosi in giudizio, eccepì l’avvenuta prescrizione del diritto vantato e l’infondatezza della domanda.

Il Tribunale adito accolse l’eccezione di prescrizione breve e rigettò la domanda. La sentenza fu confermata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, con sentenza n. 496 del 30/7/2018, con cui venne rigettato il motivo di appello con il quale la C. aveva censurato la violazione dell’art. 112 c.p.c.: il Giudice ha ritenuto che la sentenza di primo grado valesse a travolgere ogni pretesa della C. non costituendo i principi di correttezza e buona fede obbligazioni autonome ma mere modalità di comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto.

Avverso la sentenza, che ha condannato l’appellante alle spese del grado, C.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memoria. Generali Italia SpA (già INA Assitalia s.p.a.) ha resistito con controricorso.

4. La trattazione del ricorso veniva fissata nell’adunanza camerale di sensi dell’art. 380-bis c.p.c. del 9 marzo 2020, in vista della quale la ricorrente depositava memoria. Il Collegio, in ragione della sopravvenienza del D.L. 8 marzo 2020, n. 11 rinviava a nuovo ruolo. La trattazione veniva fissata nuovamente nell’odierna adunanza camerale.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso – deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente lamenta che il giudice d’appello abbia omesso di osservare il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, avendo essa ricorrente, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, formulato una domanda di risarcimento del danno per violazione dell’art. 1375 c.c. per avere la compagnia di assicurazioni tenuto un comportamento del tutto lesivo della buona fede contrattuale. A fronte di tale domanda il Giudice sia di primo grado sia d’appello avrebbero omesso di valutare il petitum, interpretandolo quale azione contrattuale di pagamento dell’indennizzo. Pur rientrando nel potere del giudice del merito la qualificazione della domanda, la sua discrezionalità – sostiene la ricorrente – trova un limite nell’omissione della valutazione del petitum e della causa petendi azionati dalla parte. Qualora il giudice si fosse mosso nell’ambito giuridico invocato dall’attrice, avrebbe certamente escluso, si sostiene, l’applicazione della prescrizione breve di cui all’art. 2952 c.c. ed avrebbe certamente applicato quella ordinaria del risarcimento del danno da violazione dell’art. 1375 c.c.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non si correla alla motivazione della sentenza impugnata.

Essa ha motivato in questi termini dall’ottavo rigo della pagina 4 sino alle prime due righe della pagina 5: la domanda proposta dalla C. è stata correttamente interpretata dal giudice di primo grado il quale ha tenuto conto della volontà effettiva espressa dalla parte ed al contenuto sostanziale della pretesa avanzata con l’atto di citazione. Il giudice infatti, dopo aver precisato che il diritto alla corresponsione dell’indennizzo era irrimediabilmente prescritto, ha ritenuto che detta prescrizione facesse venir meno ogni pretesa fondata sul contratto e, dunque, non solo il diritto alla corresponsione dell’indennizzo ma anche quello all’esecuzione in buona fede del rapporto negoziale.

Parte ricorrente, nell’illustrazione del motivo, a pagina 9 del ricorso, riproduce la motivazione ora riportata, ma riferisce in modo infedele il passo che inizia con l’espressione “E a comprova di ciò…”, giacchè, a partire dalla parola “affermato”, non solo omette di riprodurre il segno dei due punti, ma, dopo l’espressione “e dunque”, riproduce la seguente proposizione: “quello del diritto alla corresponsione dell’indennizzo”, che risulta manifestamente non solo monca, ma infedele rispetto all’effettivo tenore della motivazione sopra riportata.

Per tale ragione il motivo è inammissibile, in quanto la critica non si correla alla motivazione della sentenza e, quindi, è inidonea allo scopo cui deve assolvere il motivo di ricorso, il quale necessariamente deve svolgere la critica con riferimento al tenore della motivazione.

Peraltro, dall’effettiva motivazione resa dalla corte territoriale emerge in modo manifesto che sia il primo giudice che la corte territoriale hanno esaminato proprio la domanda nei termini in cui essa era stata proposta.

2. Con il secondo motivo di ricorso si prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1375 c.c. e dell’art. 2952 c.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si assume quale oggetto di critica – come emerge dalla pagina 11 del ricorso – in primo luogo (in quanto fatta propria della sentenza che si giudica) la parte della motivazione del primo giudice riprodotta nella sentenza impugnata che si è riferita in modo infedele nel primo motivo, peraltro – pur riproducendola fra virgolette – espungendo le parole “e, dunque, non solo del diritto alla corresponsione dell’indennizzo ma, comunque,” e, in secondo luogo quella enunciata alla pagina 5 nei seguenti termini: Il Tribunale ha correttamente motivato l’inammissibilità della domanda fondata sull’art. 1375 c.c. rilevando come l’avvenuta prescrizione del diritto abbia finito con il travolgere ogni altra pretesa della C. tenuto conto che la buona fede attiene alla dinamica e non alla statica del rapporto negoziale. Peraltro il richiamo all’art. 1375 c.c. non appare pertinente perchè i principi di correttezza e buona fede non creano obbligazioni autonome ma rilevano soltanto come modalità del generico comportamento delle parti volto alla concreta realizzazione delle rispettive posizione di diritti ed obblighi. La critica a quanto riportato si può riassumere nell’assunto che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto applicabile all’azione risarcitoria da violazione del dovere di buona fede la prescrizione di cui all’art. 2952 c.c. e non quella relativa all’azione di risarcimento del danno da inadempimento. Per sostenere l’erroneità di tale presunta tesi enunciata nella sentenza impugnata si svolgono considerazioni tendenti ad evidenziare che l’azione di risarcimento del danno da inosservanza del dovere di comportamento secondo buona fede dovrebbe giustificare l’applicazione della prescrizione applicabile all’azione di risarcimento del danno da inadempimento.

2.1. Il motivo è nuovamente inammissibile, in quanto nella motivazione che si è assunta ad oggetto di critica, ivi compresa quella a pagina 4 riconducibile al primo giudice e fatta propria dalla sentenza impugnata, non si coglie in alcun modo l’affermazione supposta dalla ricorrente: la corte territoriale, facendo proprio l’avviso del primo giudice, ha escluso l’ammissibilità dell’azione risarcitoria da violazione del dovere di buona fede assumendo che la prescrizione del diritto all’indennizzo, evidentemente in quanto imputabile all’inerzia della ricorrente, estinguendo il diritto in forza di essa, non rendeva configurabile la pretesa risarcitoria nel senso prospettato dalla ricorrente. Tale valutazione, peraltro, appare corretta, atteso che è palesemente contraddittorio che chi abbia lasciato prescrivere il diritto all’adempimento con la sua inerzia possa sostenere che la perdita del diritto è dipesa invece dalla violazione da parte della controparte del dovere di cui all’art. 1375 c.c. Invero, la violazione di tale dovere potrebbe assumere rilievo solo nel senso di escludere la rilevanza dell’inerzia nel far valere il diritto e, dunque, quale comportamento giustificante il non decorso del termine prescrizionale. Palesemente contraddittorio è, invece, postulare che il diritto contrattuale si sia perso per prescrizione, cioè per inerzia, e contemporaneamente invocare una pretesa risarcitoria per violazione dell’art. 1375 c.c., atteso che il danno conseguente dovrebbe comunque essere rappresentato dalla perdita del diritto e dall’apprezzamento di tale perdita come inadempimento dell’obbligo contrattuale, sebbene derivante dalla violazione del precetto dell’art. 1375 c.c.

Comunque, ripetesi, la sentenza impugnata non contiene l’affermazione che al diritto risarcitorio dovesse applicarsi l’art. 2952 c.c.

3. Con il terzo motivo – che fa valere violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 2952 c.c., comma 2, difformità rispetto a Cass. n. 19998/2011 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – si assume che la Corte di merito, nel ritenere maturata la prescrizione del diritto all’indennizzo sebbene agli effetti della condivisione della conseguenza trattane dal Tribunale in ordine all’inammissibilità della domanda fondata sull’art. 1375 c.c., avrebbe errato, in quanto non avrebbe tenuto conto del fatto che la ricorrente, in forza della clausola contrattuale di cui all’art. 30 della polizza, che prevedeva una perizia contrattuale, aveva inutilmente denunciato il sinistro ed anzi chiesto darvi corso senza che la società assicuratrice rispondesse, con la conseguenza che, secondo la ricorrente (che evoca genericamente un orientamento di questa Corte senza specificare alcun riferimento alla decisioni citate, cioè Cass. n. 3961 del 2012, n. 19998 del 2011, n. 17022 del 2015 e n. 7531 del 2014, e successivamente, di nuovo senza spiegarne la rilevanza, Cass. n. 7243 del 2011), “in assenza di una comunicazione di contestazione dell’operatività della garanzia” si sarebbe verificata “una rinuncia a rilevare la prescrizione”.

Il motivo, in disparte il rilievo che non dà conto del come e del perchè la giurisprudenza evocata sarebbe stata pertinente e quello ulteriore che si fonda su atti, citati a pagina 17, senza alcuna riproduzione diretta od indiretta, con rinvio in questo secondo caso alla parte dell’atto corrispondente all’indiretta riproduzione, con conseguente assoluta mancanza di chiarezza sotto il primo profilo e di osservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6 sotto il secondo, riesce del tutto incomprensibile per la seguente ragione: dalla sentenza impugnata emerge che: a) la ricorrente aveva introdotto una prima azione con citazione del 12 luglio 2005, con cui aveva chiesto la corresponsione dell’indennizzo di polizza e che il relativo giudizio venne, però, dichiarato estinto dal giudice adito con ordinanza del 12 aprile 2007; b) successivamente la ricorrente introdusse l’azione di risarcimento danni “dipendente dalla mancata “esecuzione in buona fede”del contratto di assicurazione” con un nuovo atto di citazione notificato il 7 novembre 2008, che è quello che ha dato corso al presente giudizio. Ebbene, è palese che la prima azione aveva determinato l’interruzione della prescrizione del diritto all’indennizzo e reso irrilevante ogni atteggiamento in ordine alla perizia contrattuale della società assicuratrice ai fini del corso della prescrizione. Tale corso subì l’effetto interruttivo c.d. istantaneo e, nel contempo, a norma dell’art. 2945 c.c., comma 2 il c.d. effetto interruttivo permanente o sospensivo del corso della prescrizione (altrimenti ex novo iniziato dalla notifica della citazione). Senonchè, a norma del comma 3 di detta norma, tale effetto interruttivo permanente o sospensivo venne meno per effetto dell’estinzione e lasciò intatto solo l’effetto interruttivo istantaneo. Ne segue che, allorquando venne introdotto il successivo giudizio con la citazione del 7 novembre 2008, il decorso del termine prescrizionale di cui all’art. 2952 c.c., comma 2 dal primo atto di citazione risultava maturato. Sicchè, la prospettazione del motivo – a prescindere dai rilievi di inammissibilità – risulterebbe priva di fondamento.

Mette conto di rilevare che la mancanza di chiarezza dell’esposizione del motivo e di osservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6 non consentono di comprendere se il non meglio identificato comportamento della società assicuratrice si sarebbe verificato nel corso del primo giudizio e soprattutto nel lasso di tempo fra la sua estinzione e la nuova citazione. 4. Con l’ultimo motivo – deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – si censura la sentenza per aver omesso di motivare adeguatamente sul merito della domanda, fermandosi alla eccezione di prescrizione.

4.1. Si tratta di un motivo che, una volta consolidatasi la motivazione enunciata dalla sentenza impugnata in ordine alla non proponibilità ed inammissibilità della domanda risarcitoria, rimane assorbito, in quanto afferisce alla mancata prova dell’infortunio, questione che evidentemente diventa irrilevante.

5. Il ricorso è rigettato. Per le particolari ragioni dedotte in giudizio si dispone la compensazione delle spese. Sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 22 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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