Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17179 del 14/08/2020

Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 14/08/2020), n.17179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23045/2018 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Trionfale n.

5697, presso lo studio dell’avvocato Ioppoli Francesco, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ioppoli Carlo, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di

Roma, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Suprema

di Cassazione, R.P.;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 7875/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/07/2020 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Ioppoli Francesco che si

riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto da B.F. ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., della ordinanza di questa Corte del 29 marzo 2018, n. 7875, la quale ha accolto il secondo motivo del ricorso, assorbito il primo, proposto dal padre avverso il provvedimento della Corte d’appello di Roma del 4 aprile 2017, n. 987, con il quale era stato respinto il reclamo del medesimo contro il decreto del Tribunale di Roma in data 18 luglio 2016, il quale aveva affidato la figlia minore alla madre in via esclusiva, stabilendo le modalità degli incontri col padre.

Non svolge difese l’intimato.

Dopo la fissazione dell’adunanza camerale della Sezione prima civile, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza del 17 dicembre 2019, n. 33391.

La ricorrente ha depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso prospetta tre motivi di revocazione per errore di fatto:

1) l’avere la sentenza impugnata per revocazione ritenuto meramente intimata la odierna ricorrente, la quale invece aveva depositato tempestivo controricorso, come è poi risultato in causa, non essendo stato il medesimo atto tempestivamente trasmesso dall’Archivio centrale: onde l’ordinanza risulta fondata sul fatto della mancata costituzione della intimata, invece incontrovertibilmente avvenuta;

2) errata rappresentazione della mancata adozione della decisione, da parte della Corte d’appello, circa il ricorso ex art. 709-ter c.p.c., in corso di causa, quando invece, nella sua motivazione del decreto in data 13 marzo 2017, n. 791, aveva risposto anche a quella richiesta, anche in modo implicito disattendendo le istanze del padre;

3) errata affermazione di una pronuncia “a sorpresa” della corte del merito, che, a parere della ordinanza revocanda, avrebbe deciso il reclamo senza attendere il contraddittorio definitivo tra le parti, quando invece il R. aveva replicato a tutti gli argomenti della controparte nei propri atti.

Sulla base di tali motivi, la ricorrente chiede la revoca dell’ordinanza n. 7875 del 2018 di questa Corte e, in sede rescissoria, il rigetto del ricorso proposto dal R. contro il provvedimento della Corte d’appello di Roma del 4 aprile 2017, n. 987.

2. – Il primo motivo è fondato.

Risulta invero che, per un disguido dell’amministrazione, il controricorso non fu tempestivamente inserito nel fascicolo della causa, onde la ordinanza n. 7875 del 2018, pronunziata a distanza breve dal deposito del ricorso stesso, non ne tenne conto, limitandosi pertanto a reputare la B. meramente intimata.

Ed invero, come risulta dallo stesso odierno ricorso, in una con la motivazione della decisione ora impugnata, sussiste un errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., al contrario non inquadrabile nell’ambito di una valutazione di diritto, quale tipicamente è l’interpretazione degli enunciati normativi.

Con conseguente applicazione del principio consolidato, secondo cui, in tema di revocazione delle sentenze della corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali o delle norme (e plurimis, Cass. 31 agosto 2017, n. 20635; Cass. 22 giugno 2007, n. 14608).

Costituisce, invero, principio condiviso che la revocazione ex art. 391-bis c.p.c., della sentenza o dell’ordinanza di cassazione sia consentita per i vizi del procedimento, di cui non si sia tenuto conto, in ragione di un errore percettivo riguardante anche l’esame degli atti dello stesso giudizio di legittimità: sicchè è stato ritenuto deducibile come causa di errore revocatorio l’omesso avviso di fissazione dell’udienza o della Camera di consiglio a tutte le parti costituite, quale fatto incontestabilmente mai avvenuto (Cass. 12 gennaio 2018, n. 602); ciò, specificamente, quando una parte costituita non sia stata, invece, per errore percettivo, e non valutativo, ritenuta tale.

Ricorrono, dunque, i presupposti per l’integrazione della fattispecie della revocazione invocata.

3. – I motivi secondo e terzo del ricorso in revocazione restano assorbiti.

4. – Si deve, dunque, passare alla fase rescissoria.

4.1. – Il ricorrente R.P. ha proposto due motivi, rispettivamente come segue:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5, 9 e 12 della Convenzione Europea sui diritti del fanciullo del 25 febbraio 1996, ratif. con L. 23 marzo 2003, n. 77, nonchè degli artt. 3, 9 e 12 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratif. Con L. 27 maggio 1991, n. 176 e artt. 23,101 e 111 Cost., in quanto al minore non è stato nominato un curatore speciale, sebbene tra i genitori sussista un’elevata conflittualità;

2) violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., oltre che dell’art. 111 Cost., perchè il decreto impugnato è viziato da omessa pronuncia sull’istanza ex art. 709-ter c.p.c., avendo la corte territoriale deciso direttamente sul reclamo.

4.2. – Il primo motivo è manifestamente infondato.

In generale, questa Corte ha chiarito come l’art. 78 c.p.c., norma, peraltro, neppure invocata dal ricorrente – è necessaria solo ove il giudice lo ritenga opportuno in considerazione del profilarsi, in concreto, di una situazione di conflitto di interessi, non essendo mai affidata ad automatismi, ma dovendo disporsi in caso di conflitto del medesimo con l’uno o con l’altro genitore, e, dunque, soltanto quando il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione della fattispecie, lo ritenga opportuno in considerazione del profilarsi, in concreto, di una situazione di conflitto di interessi.

In tal senso sono plurime decisioni (cfr. Cass. 9 gennaio 2020, n. 275; Cass. 31 ottobre 2013, n. 24556; e v. altresì Corte Cost. n. 83 del 2011).

Invero, la verifica del conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale va operata in concreto, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa, e non in astratto, ponendosi una diversa soluzione in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (Cass. 5 aprile 2018, n. 8438).

Come già affermato da questa Corte (Cass. 1957/16; 12962/16; 5533/01) il conflitto di interessi deve essere, concreto, diretto ed attuale, e sussiste se al vantaggio di un soggetto corrisponde il danno dell’altro: il conflitto di interessi nel rapporto processuale tra genitore esercente la potestà e figlio è ipotizzabile non già in presenza di un interesse comune, sia pure distinto ed autonomo, di entrambi al compimento di un determinato atto, ma soltanto allorchè i due interessi siano nel caso concreto incompatibili tra loro, nel senso che l’interesse del rappresentante, rispetto all’atto da compiere, non si concili con quello del rappresentato.

Nel caso di specie, mancano indizi di situazione di incompatibilità tra gli interessi dei genitori e quelli del minore: al contrario, da tutte le allegazioni stesse di entrambe le parti, nonchè dal decreto impugnato, emerge una situazione conflittuale esclusivamente tra i genitori.

Dunque, non può ravvisarsi una situazione d’incompatibilità d’interessi in re ipsa, onde la decisione al riguardo assunta dal giudice del merito non si espone alla censura proposta, essendo la nomina del curatore speciale in favore del minore subordinata alla concreta verifica della sussistenza del conflitto tra interessi incompatibili dei genitori e del minore, ad opera del giudice che procede.

4.3. – Il secondo motivo è infondato.

Il ricorrente si duole della pretesa assenza di una decisione in ordine all’istanza dal medesimo proposta ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c..

Questa norma ha previsto un procedimento incidentale per la risoluzione delle controversie tra i genitori, anche con la possibilità per il giudice di emettere specifiche misure, a fronte delle inadempienze e violazioni, nell’ambito delle controversie insorte in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o alle modalità dell’affidamento dei figli minori.

Ivi si indica una duplice categoria di provvedimenti del giudice. Rimessa al medesimo, con formula volutamente ampia tale da adeguarsi alle circostanze del caso concreto, l’adozione dei “provvedimenti opportuni”, la norma prevede, poi, la possibilità per il giudice di emettere – nei casi più gravi e di atti che siano di pregiudizio per il minore o che ostacolino le modalità dell’affidamento – provvedimenti sanzionatori, specificamente indicati in quelli dell’ammonizione, della condanna al risarcimento del danno a favore del minore o dell’altro genitore, sino alla condanna dell’inadempiente al pagamento di una vera e propria sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 Euro a un massimo di 5.000 Euro, a favore della Cassa delle Ammende. La norma conclude disponendo che i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari, avendo essa avuto riguardo a quelli assunti in corso di causa.

Il ricorrente si duole della pretesa circostanza che, con il decreto impugnato, la Corte d’appello – alla quale egli aveva chiesto l’ordine di consentire contatti telefonici con il padre e l’ammonimento della moglie – non abbia assunto affatto questi provvedimenti.

Ma la doglianza del ricorrente, il quale lamenta, sotto il profilo dell’omessa pronuncia o del vizio totale di motivazione, che nessun provvedimento sia stato assunto dal giudice al riguardo, non tiene conto che la delibazione delle istanze proposte poteva ben essere unitaria, come è avvenuto nel caso di specie, posto che dalla corte del merito risulta ampiamente esaminata l’intera vicenda, ivi comprese le posizioni paterne, che sono state esplicitamente od implicitamente disattese.

Ed è pacifico che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass. 13 agosto 2018, n. 20718; Cass. 20 dicembre 2017, n. 30560, fra le tante).

Nella specie, infatti, la Corte d’appello – innanzi alla quale era stato incardinato il procedimento incidentale, in cui si chiedeva l’ordine alla moglie di consentire le telefonate alla minore e l’ammonimento della moglie – ha respinto il reclamo ed ammonito il padre, definendo il subprocedimento ex art. 709-ter c.p.c., ed anche decidendo sul reclamo.

Ne risulta, in definitiva, non integrato il vizio omissivo denunziato.

5. – Le spese della fase di legittimità gravano sul soccombente.

P.Q.M.

La Corte:

a) pronunciando sul ricorso per revocazione, revoca l’ordinanza del 29 marzo 2018, n. 7875;

b) pronunciando sul ricorso proposto da R.P., rigetta il ricorso per cassazione;

c) condanna R.P. al pagamento delle spese di lite in favore di B.F., che liquida in Euro 5.200,00 complessivi, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge;

d) dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2020

 

 

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