Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7319 del 26/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 26/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7319
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle
persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliataria in Roma, alla via dei Portoghesi 12;
– ricorrenti —
contro
M.Q., rappresentato e difeso, con procura in calce al
controricorso, dall’avv. CAVALIERE Alberto, domiciliatario in Roma,
alla via Guido d’Arezzo 32;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale dell’Emilia Romagna in data 1 dicembre 2004, depositata col
n. 21 il 9 febbraio 2005;
Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso, per essere manifestamente fondato;
udita, in Camera di consiglio, la relazione del dott. PAPA Enrico.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
– che:
Il Ministero delle finanze e l’Agenzia delle entrate ricorrono, con un motivo, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, indicata in epigrafe, che ha ritenuto inammissibile l’appello avverso la sentenza della Commissione Provinciale di Rimini (n. 78/01/04), di accoglimento del ricorso dell’avvocato M.Q., contro il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998 – 2000, affermando che il ricorso dell’ufficio in secondo grado “non contiene l’oggetto della domanda, del tutto indispensabile al fine di conoscere l’esatta materia devoluta a questa Commissione”.
Deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, i ricorrenti, riportando testualmente la richiesta conclusiva del ricorso in appello, censurano la declaratoria di inammissibilita’ ad opera del giudice a quo.
Resiste con controricorso l’intimato, chiedendo dichiararsi inammissibile – perche’ non indica le affermazioni in diritto che si assumono erronee e si rivolge contro una valutazione di fatto, peraltro non adeguatamente individuata – e, comunque, infondata l’impugnazione avversaria.
Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha chiesto l’accoglimento del ricorso, per essere manifestamente fondato.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
– che:
Il ricorso del Ministero delle finanze va dichiarato inammissibile, in presenza di un appello proposto (con ricorso depositato il 13 settembre 2004), dopo il 1 gennaio 2001, direttamente dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Rimini (OMISSIS), nei cui confronti e’ stata dunque resa la sentenza impugnata.
Alla relativa declaratoria puo’ seguire la compensazione delle spese, non essendone risultata aggravata la posizione dell’intimato.
Il ricorso dell’Agenzia delle entrate e’ invece fondato.
La sentenza impugnata rileva la inammissibilita’ del gravame attraverso l’icastica locuzione gia’ riportata: essa, a sua volta, va rapportata alla definizione del requisito mancante, da parte del giudice a quo, secondo cui l’oggetto della domanda va “ravvisato nella richiesta di riforma della sentenza impugnata”. Cio’ posto, la conclusione appare smentita dalla trascrizione della richiesta conclusiva dell’Agenzia al giudice del gravame “si chiede a codesta onorevole Commissione di annullare l’impugnata sentenza e, per l’effetto, di riconfermare integralmente l’operato dell’Ufficio che non ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP invocato dal ricorrente”: la deduzione, che mostra la piena autosufficienza del motivo – a torto contestata dalla parte privata -, rivela, poi, la perfetta rispondenza della istanza alle censure mosse alla decisione appellata, quali puntualmente risultano riportate nella parte espositiva della stessa sentenza ora impugnata.
La conclusione medesima – che la ricorrente non esita a definire ‘balzana’ – si rivela dunque erronea: ne deriva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, per il necessario esame del merito, ad altra sezione della stessa Commissione, che provvedera’, all’esito, anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle finanze e compensa le spese; accoglie il ricorso della Agenzia delle entrate;
cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010