Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3432 del 14/02/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 3432 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA
SENTENZA
sul ricorso 10612-2008 proposto da:
BERNI
ANTONIO
MRAT5U34T44t-‘ 229U
TOSCO
BRNNTN25R17I085N,
MORA
elettivamente demiciliaLi in ROMA l
VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato
VALVO GIUSEPPE, rappresentati e difesi dall’avvocato
VALENTINI ALBERTO giusta delega in atti;
– ricorrenti contro
AUTOSTRADE
SPA,
AUTOSTRADE
PER
L’ITALIA
SPA
(07516911000) in persona del procuratore speciale
legale rappresentante pro tempore Avv. PIETRO FRATTA,
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Data pubblicazione: 14/02/2014
elettivamente domiciliate in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GREZ
GIAN MARCO, rappresentate e difese dall’avvocato
CHIERRONI VITTORIO giusta delega in atti;
– controricorrenti
–
di FIRENZE, depositata il 28/02/2007, R.G.N.
2765/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato GIUSEPPE VALVO;
udito l’Avvocato VITTORIO CHIERRONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso;
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avverso la sentenza n. 320/2007 della CORTE D’APPELLO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 28 febbraio
2007, la Corte d’Appello di Firenze ha accolto l’appello
proposto dalla Società Autostrade s.p.a. e dalla Società
Autostrade per l’Italia s.p.a. nei confronti di Antonio Berni e
avverso la sentenza del Tribunale di Prato del 17 luglio 2003,
con la quale era stata accolta la domanda dei Berni-Moro diretta
ad ottenere la tutela della loro incolumità, nonché della loro
abitazione, dal pericolo di caduta di oggetti dal viadotto La
Marinella nel comune di Calenzano e con la quale la Società
Autostrade s.p.a. era stata condannata a realizzare le cautele
idonee ad evitare che sulla proprietà degli attori si
verificassero gli eventi prevedibili della caduta di veicoli o
di parti di essi o del lancio di oggetti, nonché al pagamento in
favore degli attori della somma di C 21.289,90, oltre interessi,
per ciascuno, a titolo di risarcimento dei danni alla persona,
con dichiarazione di inammissibilità delle altre domande e
condanna della parte convenuta alle spese di lite.
2.-
Proposto appello principale da parte delle società e
costituitisi
gli
incidentale,
la
appellati
con proposizione di
Corte d’Appello ha accolto
appello
il motivo
dell’appello principale concernente la novità, quindi
l’inammissibilità, della domanda degli attori di risarcimento
del danno alla salute, perché non proposta con l’atto di
citazione, ma soltanto nel corso del giudizio; ha perciò
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Tosca Moro, rigettando l’appello incidentale di questi ultimi,
riformato sul punto la sentenza di primo grado. Ha accolto
parzialmente il motivo dell’appello principale concernente le
cautele imposte alla società, escludendo la condanna
all’esecuzione di opere volte ad evitare il rischio relativo
alla caduta di veicoli o di parti di essi. Ha confermato nel
incidentale concernenti il risarcimento dei danni alla persona
da inquinamento acustico ed ambientale (secondo gli appellanti
incidentali, limitato erroneamente ai danni da stress, ma
risarcibile anche come danno alla capacità uditiva, e comunque
liquidato in un importo complessivo inferiore al dovuto, per
mancata considerazione da parte del primo giudice di alcune voci
specificate nell’atto di appello), nonché il risarcimento dei
danni patrimoniali (consistenti, secondo gli appellanti
incidentali, nel minor valore dell’immobile, non riconosciuto
dal primo giudice). Ha compensato per la metà le spese dei due
gradi, nonché le spese di CTU, condannando la società al
pagamento della restante metà.
3.
–
Avverso la sentenza Antonio Berni e Tosca Moro propongono
ricorso affidato a due motivi.
Autostrade per l’Italia S.P.A. si difende con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
–
Il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi,
al regime dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (inserito dall’art.
6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
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resto la sentenza impugnata, rigettando i motivi dell’appello
dall’art. 47, comma 1, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.
69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione
della sentenza impugnata
(28 febbraio 2007).
Col primo motivo di ricorso si denuncia << violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) in artt. 99 e 112 c.p.c. >>,
onde censurare la statuizione di
inammissibilità della domanda di risarcimento del danno alla
salute, fondata dalla Corte d’Appello sulla novità della
domanda, perché non compresa in quella originariamente proposta
con l’atto di citazione.
Il motivo è assistito dal seguente quesito di diritto:
«se la Corte d’Appello di Firenze, nella sentenza impugnata,
abbia correttamente valutato quello che era stato il principio
di interpretazione e qualificazione della domanda (artt. 99 e
112 c.p.c.) in merito al danno risarcibile nel caso
artt. 2043
e
de quo
ex
2059, anche in ossequio al principio espresso
dall’art. 32 della Costituzione Italiana>>.
1.2.-
Il quesito di diritto risulta
formulato in violazione
dell’art. 366 bis cod. proc. civ., poiché espresso in modo tale
da non precisare la questione di diritto sottoposta all’esame
della Corte nello specifico caso in esame, essendo generico e
privo di qualsivoglia concreto riferimento sia a quanto
richiesto dagli attori, con l’atto di citazione e nel corso del
giudizio, sia a quanto sul punto affermato nella sentenza
impugnata; manca inoltre la giustapposizione -ritenuta
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relazione agli artt. 2043 e 2059 c.c., art. 32 Costituzione,
necessaria da diversi precedenti (tra cui Cass. n. 24339/08, n.
4044/09), che qui si ribadiscono- tra la
ratio decidendi della
sentenza impugnata e le ragioni di critica sollevate.
Il
quesito
di
diritto
non
consente
a
questa
Corte
l’individuazione degli errori di diritto che i ricorrenti
né l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi
ulteriori rispetto a quello da decidere, poiché di tale caso e
delle questioni che esso pone non è fornita valida sintesi
logico-giuridica (cfr., per la funzione riservata ai quesiti di
diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
2.-
Col secondo motivo si denuncia
«motivazione omessa
contraddittoria o insufficiente (art. 360 n. 5 c.p.c.) in
relazione ai motivi di appello incidentale>>.
Il motivo è quindi ricondotto, dagli stessi ricorrenti, al
disposto dell’art.
360 n.
5 cod. proc. civ.
(nel testo
applicabile ratione temporis).
Orbene, malgrado la rubrica contenga espresso riferimento alla
norma da ultimo citata ed al vizio di omessa contraddittoria o
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, il motivo manca del tutto del momento di
sintesi richiesto dalla norma dell’art. 366
bis,
seconda parte,
cod. proc. civ., così come interpretata dalla giurisprudenza di
questa Corte, che qui si ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07,
secondo cui, in tema di formulazione dei motivi del ricorso per
cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in
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intendono denunciare con riferimento alla fattispecie concreta
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vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché
secondo l’art. 366
bis
cod. proc. civ., introdotto dalla
riforma, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di
sintesi -omologo del quesito di diritto- che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze
in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità; nello stesso senso, tra le altre, Cass. n.
24255/11).
2.1.- Peraltro, il motivo di ricorso, per come si evince dalla
relativa illustrazione, non presuppone tanto il denunciato vizio
di motivazione, quanto piuttosto il vizio di violazione di legge
per omessa pronuncia, lamentando i ricorrenti che «la sentenza
d’Appello _ha praticamente evitato di pronunciarsi su tale
questione>>,
vale a dire in merito alla domanda di risarcimento
dei danni patrimoniali, che i ricorrenti assumono, appunto, non
essere stata esaminata. Pertanto, il motivo appare inammissibile
anche per il riferimento fatto al vizio di motivazione, laddove
avrebbe dovuto invece riferirsi alla violazione dell’art. 112
cod. proc. civ.
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inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i
che liquida nell’importo complessivo di C 5.500,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.
ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,