Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6013 del 12/03/2010
Cassazione civile sez. I, 12/03/2010, (ud. 13/11/2009, dep. 12/03/2010), n.6013
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.N. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il
25/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI PIETRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 2007, C.M. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Con decreto del 7.06-25.07.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore dell’istante della somma di Euro 2.934,00, con interessi legali dal 15.07.2007, quale indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 453,16 (di cui Euro 81,00 per diritti ed Euro 300,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:
– che il C. aveva chiesto l’equa riparazione del danno non patrimoniale subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo ancora pendente in primo grado, da lui introdotto (insieme ad altre 20 parti), dinanzi al TAR Campania, con domanda del 12.10.2000;
– che detto processo amministrativo ancora pendente in primo grado, si era protratto per circa 6 anni ed 8 mesi (dal 12.10.2000 al 14.06.2007), mentre, invece, la relativa durata ragionevole, attesa anche la sua ordinaria complessità, poteva essere fissata in anni 3;
– che, dunque, per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in anni 3 e mesi 8, l’indennizzo da limitare al danno morale, avuto anche riguardo ai parametri CEDU ed al fatto che non era stata presentata l’istanza di prelievo, poteva essere equitativamente liquidato in misura pari ad Euro 800,00 per ciascun anno di ritardo.
Avverso questo decreto il C. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 29.02.2008. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 9.04.2008.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso il C. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 6) ai criteri di liquidazione del danno morale, che assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno dei mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi da 7 a 13) all’insufficienza delle liquidate spese, anche a suo parere immotivatamente ridotte rispetto a quelle richieste con la nota spese depositata nel pregresso grado di merito.
Manifestamente infondate risultano le censure afferenti:
– la necessità di correlare l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale (L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a)), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714;
200723844);
– la determinazione in via equitativa del dovuto in Euro 800,00 ad anno, senza maggiorazioni, dal momento che il lieve di scostamento peggiorativo dal parametro minimo di quantificazione della riparazione del danno non patrimoniale applicato in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, parametri oscillanti tra Euro 1.000,00 e 1.500,00 per ogni anno, è stato supportato da congrue e logiche argomentazioni essenzialmente ricondotte alle peculiarità del caso (tra le numerose altre, cfr. Cass. 200704845), che precludevano pure l’incrementabilità con bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nel caso di specie non evincibili (in tema cfr Cass. 20086808; 200917684).
Fondato è, invece, il motivo inerente alle spese processuali del giudizio di merito.
Nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. Cass. 200318204; 200423789; 200714053), ma nella specie quanto liquidato a tale titolo appare non rispondente per difetto ai vigenti criteri tariffari, fissati per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello.
Accolta, dunque, la censura in questione, sulle esposte premesse ben può procedersi con riguardo soltanto alla statuizione inerente alla liquidazione delle spese del giudizio di merito alla cassazione dell’impugnato decreto e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., alla riliquidazione di tali spese secondo gli importi indicati in dispositivo, in relazione ad attività necessariamente compiute, non avendo il ricorrente specificato le modalità anche temporali di deposito della nota spese nel pregresso grado.
L’esito del ricorso giustifica la compensazione nella misura di 2/3 delle spese del giudizio di legittimità, e la condanna dell’Amministrazione controricorrente al pagamento della residua parte, liquidata come in dispositivo. Spese distratte.
PQM
Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso del C., cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito liquida le spese del giudizio di merito in complessivi Euro 1.150,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi ed Euro 720,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, condannando il Ministero dell’Economia e delle Finanze al relativo pagamento in favore del ricorrente. Compensa, inoltre, nella misura di 2/3 le spese del giudizio di legittimità e condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della residua parte, che liquida in complessivi oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese tutte da distarsi in favore in favore dell’Avv.to A.L. Marra antistatario.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010