Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5095 del 03/03/2010
Cassazione civile sez. II, 03/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5095
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. ODDO Massimo – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.G., (OMISSIS), T.R.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA P. DA
PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato DETTORI MASALA GIOVANNA
ANGELA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato RIGONI
MARCO;
– ricorrenti –
contro
A.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA FLAMINIA 318, presso lo studio dell’avvocato CAPPUCCILLI
VITTORIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GOFFI
DANIELE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 31/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 13/01/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
20/01/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato CARLEO Roberto, con delega depositata in udienza
dell’Avvocato RIGONI Marco, difensore dei ricorrenti che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato CAPPUCCILLI Vittorio, difensore del resistente che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARESTIA Antonietta, che ha concluso per accoglimento 1^ motivo,
rigetto 2 motivo del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione a mezzo posta del 22 luglio 1993 P.G. e T.R. convenivano davanti al Tribunale di Brescia A.R., lamentando che il convenuto aveva eseguito alcune modifiche sulla proprietà dei deducenti, cagionando degrado estetico e strutturale e chiedendo il ripristino. Resisteva A. osservando che il cortiletto su cui aveva operato era di esclusiva proprietà sua e della moglie.
Espletate prova orale e ctu, la sezione stralcio, con sentenza 24 gennaio 2001, affermata la proprietà degli attori di una scala e del sottoscala con servizio igienico, condannava l’ A. a reinstallare una vaschetta con rubinetto, ripristinando la conduttura idrica e riportando al rustico il muro intonacato, respingeva le altre domande.
Proponeva appello A., resistevano con appello incidentale gli originari attori e la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 31/04, confermava la condanna dell’ A. al “facere” di cui ai punti a) e b) del dispositivo ed il rigetto delle altre domande, escludendo solo la pronuncia dichiarativa con effetti di giudicato sulla titolarità degli immobili, in presenza solo di una eccezione e non di una domanda riconvenzionale dell’ A..
Ricorrono P. e T. con due motivi, resiste A., che ha anche presentato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si deducono violazione dell’art. 934 c.c. (applicato erroneamente senza nominarlo) e vizi di motivazione per non avere la sentenza di appello accolto l’appello incidentale volto ad ottenere il ripristino della tettoia abbattuta e sostituita con copertura in “plexigass” sull’erroneo presupposto che il manufatto si appartenesse all’ A..
Col secondo motivo si lamentano violazione dell’art. 1067 c.c. e vizi di motivazione perchè la Corte di appello, applicando erroneamente l’art. 934 c.c., non ha tenuto conto che il proprietario del fondo servente non può compiere opere che tendano a diminuire l’esercizio della servitù.
Le censure sono inammissibili e tendono sostanzialmente ad un riesame del merito non consentito in questa sede, proponendo una diversa lettura delle risultanze processuali ed omettendo di considerare che il giudizio di legittimità non è un terzo grado in cui si possano contestare le opzioni probatorie svolte in precedenza, senza evidenziare illogicità ed irrazionalità della motivazione assunta.
La sentenza impugnata ha evidenziato che la tettoia preesistente, siccome situata tutta entro lo spazio aereo sovrastante la proprietà A., non poteva che essere del medesimo, come del resto affermato dal ctu la cui indicazione “di proprietà dello stesso” non poteva che riferirsi a quest’ultimo, escludendo che la sostituzione della vecchia tettoia in legno e coppi con una in “plexiglas” trasparente abbia tolto luce e vista alle finestre degli attori, che, se mai, dalla modificazione hanno tratto indiscutibile vantaggio.
Di fronte a questa motivazione non ha pregio nè il riferimento all’accessione nè il richiamo all’art. 1067 c.c., che prospettando una questione nuova, non può essere sottoposta al vaglio del giudice di legittimità.
La sentenza, a pagina tre, riferisce della eccezione dell’ A. circa la sua proprietà della tettoia in legno ed a pagina sei deduce che nessuna delle parti aveva sollecitato accertamento con effetti di giudicato, in capo all’una od all’altra, degli immobili interessati alle opere.
I ricorrenti richiamano giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’accessione fa acquistare al proprietario del suolo ciò che vi è edificato per il fatto dell’incorporazione ma la norma non può essere applicata ad elementi esterni ed accessori di una costruzione, come la falda di un tetto o gli sporti ma non dimostrano l’interesse alla censura rispetto alla statuizione circa l’indiscutibile vantaggio ricavato.
In ogni caso, non si svolge rituale doglianza circa l’attività ermeneutica svolta dalla sentenza per attribuire la proprietà dello spazio sovrastante all’ A..
In definitiva i motivi sono inammissibili con la conseguente condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese liquidate in Euro 1700,00 di cui Euro 1500,00 per onorari, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010