Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15590 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 22/07/2020), n.15590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28450-2013 proposto da:

ISTITUTO GAMMA BRITISH INSTITUTES in persona dell’ultimo legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

F. SIACCI 4, presso lo studio dell’avvocato VOGLINO ALESSANDRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORES CARLO ANTONIO MARIA

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 91/2012 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 17/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

l’inammissibilità in subordine infondato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Istituto Gamma British Institutes (di seguito, per brevità, Istituto) impugnò con separati ricorsi tre distinti avvisi di accertamento, notificatigli dall’Agenzia delle Entrate, a seguito di verifica svolta dalla Guardia di Finanza di Arona ai fini IRPEG ed ILOR per gli anni 1996 e 1997 e per IRPEG ed IRAP per l’anno 1998, con i quali – sull’assunto che l’Istituto, che operava nella forma dell’associazione culturale senza fine di lucro, svolgesse di fatto un’attività di tipo prettamente commerciale – rideterminava le maggiori imposte ritenute dovute, oltre sanzioni ed interessi.

L’adita Commissione tributaria provinciale (CTP) di Novara, riuniti i ricorsi, li respinse.

Avverso la sentenza di primo grado il contribuente propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte, che accolse il gravame, ritenendo che l’Ufficio accertatore si fosse limitato a recepire acriticamente la tesi della natura commerciale svolta dall’associazione, senza fornire alcuna prova di tale assunto.

L’Agenzia delle Entrate impugnò a sua volta con ricorso per cassazione la sentenza del giudice tributario d’appello.

Questa Corte, con sentenza n. 21951 depositata il 27 ottobre 2010, accolse il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame da parte della CTR del Piemonte in diversa composizione.

Riassunto il giudizio dinanzi al giudice di rinvio, la CTR del Piemonte, con sentenza n. 91/34/12, depositata il 17 ottobre 2012, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Istituto avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, ritenendo che sulla base dell’attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza fosse stato accertato che effettivamente l’attività svolta dall’Istituto avesse una reale connotazione di natura commerciale.

Avverso detta ultima sentenza l’Istituto ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia, riferendo la lamentata carenza motivazionale all’errato inquadramento normativo, non avendo considerato la CTR – in tal modo facendo proprio errore che aveva già segnato il processo verbale di constatazione e, conseguentemente, gli avvisi di accertamento che, secondo il contribuente, avevano recepito in maniera assolutamente acritica detto pvc – che la riforma di cui al D.Lgs. n. 4 dicembre 1997, n. 460 in tema di riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, aveva introdotto la modifica del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (TUIR) riguardo agli enti di tipo associativo a far data dal primo gennaio 1998, per cui la CTR aveva omesso di considerare che i primi due anni, 1996 e 1997, oggetto di accertamento, ricadevano sotto un diverso regime normativo, che avrebbe dovuto portare la CTR quanto meno a considerare la correttezza del regime forfettario applicato dall’Istituto quale associazione culturale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente sviluppa analoga doglianza questa volta attraverso denuncia di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 111 TUIR, secondo la numerazione applicabile ratione temporis, in relazione all’art. 87 TUIR, comma 1, lett. c) e comma 2, nella formulazione vigente fino al 31 dicembre 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1. n. 3.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di omessa motivazione su altro fatto decisivo della controversia.

La censura è articolata tanto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, quanto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, quest’ultimo parametro essendo stato invocato dal contribuente sia nella formulazione anteriore alla riforma operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, sia in quella ad essa successiva, assumendo in particolare il contribuente che la CTR avrebbe ritenuto raggiunta la prova dello svolgimento di attività di natura commerciale da parte dell’Istituto sulla base di verbali di assunzione a sommarie informazioni, nell’ambito di procedimento penale, di oltre trecento associati, che avrebbero finanche ignorato detta loro qualità, verbali neppure allegati nel giudizio tributario, attribuendo indistintamente rilievo peraltro alla circostanza, che avrebbe potuto assumerlo solo con riferimento all’anno d’imposta 1998 per effetto della modifica dell’art. 111 TUIR, comma 4, da parte del citato D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, alla mancata devoluzione del patrimonio ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, senza neppure verificare previamente che l’associazione, che operava su concessione dell’E.I.C., era priva di un proprio patrimonio.

4. Infine con il quarto motivo il ricorrente Istituto, per l’ipotesi che dovesse ritenersi confermata la natura commerciale dell’attività effettivamente svolta dall’ente, denuncia congiuntamente vizio di omessa motivazione su un ulteriore fatto decisivo per la controversia o falsa applicazione di norme di diritto, “in particolare, del T.U., D.P.R. n. 917 del 1986, artt. da 81 a 116 e art. 109 spec., nonchè dell’art. 53 Cost.”, nella parte in cui la sentenza impugnata – pur a fronte di quanto emerso dallo stesso pvc (pag. 12), ove i militari verbalizzanti avevano rilevato che “i costi sostenuti risultano essere documentati su apposito registro”, senza che fossero formulati rilievi in ordine ai bilanci allegati relativi ai tre diversi periodi d’imposta quanto al dettaglio dei costi effettivamente sostenuti – non ne aveva tenuto conto, senza alcuna motivazione al riguardo, quanto alla loro imputazione in diminuzione ai ricavi, ai fini della corretta determinazione del reddito imponibile.

5. Il primo motivo, con il quale parte ricorrente deduce vizio motivazionale con riferimento all’erroneo inquadramento normativo della fattispecie, per avere sostanzialmente la CTR applicato il testo dell’art. 111 TUIR, quale risultante dalla novella apportata dal D.Lgs. n. 460 del 1997, applicabile, per effetto dell’art. 30, comma 1, del detto decreto, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997, anche ai due anni d’imposta anteriori al 1998, è inammissibile.

5.1. Questa Corte ha, infatti, affermato che “E’ inammissibile, per erronea individuazione della tipologia del vizio, il motivo di ricorso per cassazione col quale si censura come vizio di motivazione un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nell’interpretazione della norma di diritto rilevante nella fattispecie, trattandosi di vizio che deve essere denunciato ai sensi del numero 3 dell’art. 360 c.p.c.” (cfr. Cass. sez. 3, 11 maggio 2012, n. 7267; Cass. sez. 3, 20 febbraio 1999, n. 1430), essendo peraltro la motivazione, quantunque erronea in diritto, suscettibile di correzione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ove il dispositivo dovesse risultare conforme a diritto.

6. Viceversa è fondato il secondo motivo, che denuncia correttamente il vizio della sentenza impugnata, con riferimento all’erroneo inquadramento normativo della fattispecie, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3

6.1. La sentenza impugnata, infatti, reiterando l’errore alla base del processo verbale di constatazione degli avvisi di accertamento che lo hanno recepito, ha compiuto l’accertamento in fatto sulla natura dell’attività ritenuta effettivamente commerciale dell’Istituto, per tutti e tre gli anni d’imposta in contestazione, esclusivamente sulla base del disposto dell’art. 111 TUIR quale novellato dal D.Lgs. n. 460 del 1997, applicabile, invece, secondo quanto già sopra osservato, esclusivamente a far data dal 1998.

6.2. In particolare la CTR ha tratto elementi di convincimento in tal senso con riferimento al fatto che le attività di formazione extrascolastica della persona – che per l’art. 111 TUIR, comma 3, in vigore dal primo gennaio 1998, affinchè possano considerarsi non commerciali, debbono essere svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e rivolte, verso pagamento di corrispettivi specifici, ai propri iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali – fossero invece finalizzate alla formazione professionale di dipendenti di imprese terze e che coloro che figuravano quali associati erano in larghissima parte ignari di esserlo, non essendo mai stati convocati per partecipare ad assemblee o ad approvare rendiconti, adempimenti prescritti dall’art. 131, comma-quinquies, punto d) del citato D.Lgs. n. 460 del 1997, anch’esso applicabile solo a far data dal 1 gennaio 1998.

6.3. Per gli anni d’imposta 1996 e 1997 la CTR avrebbe dovuto invece far riferimento all’art. 111 TUIR nel testo previgente che, più genericamente, al comma 3, stabiliva, per quanto qui rileva, che per le associazioni culturali non si considerano effettuate nell’esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso pagamento di corrispettivi specifici effettuate in conformità alle finalità istituzionali nei confronti dei soggetti quali già sopra indicati. 6.4. Nè poteva trovare applicazione, riguardo agli anni d’imposta 1996 e 1997, l’obbligo, stabilito dall’art. 111 TUIR, comma 4 – quinquies, lett. c), quale modificato dal D.Lgs. n. 460 del 1997, in caso di scioglimento per qualunque causa dell’ente, di devoluzione del patrimonio ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, dal cui mancato adempimento, senza peraltro la necessaria verifica, quanto al 1998, che residuasse effettivamente un patrimonio da devolvere secondo le modalità anzidette, la CTR ha ulteriormente desunto, anche per gli anni 1996 e 1997, la “reale connotazione di natura commerciale” dell’attività effettivamente volta dall’ente.

6.5. Ne consegue che l’accertamento di fatto svolto dalla CTR, essendo, per quanto sopra osservato, inficiato dal parzialmente erroneo inquadramento normativo della fattispecie, andrà nuovamente effettuato tenendo conto della sopra evidenziata differente formulazione dell’art. 111 TUIR rispettivamente per gli anni 1996 e 1997 da un lato e 1998 dall’altro.

7. Ciò determina l’assorbimento del terzo motivo, col quale l’Istituto ricorrente lamenta, in relazione all’accertamento della natura commerciale, quale affermata dalla CTR, dell’attività svolta con riferimento alle medesime circostanze fattuali sopra evidenziate, in via alternativa, o il vizio di difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, ovvero quello d’insufficienza motivazionale su fatti controversi e decisivi per il giudizio o, ancora, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quale applicabile ratione temporis, il vizio di omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

8. Infine deve ritenersi fondato il quarto motivo, col quale, congiuntamente, il ricorrente denuncia difetto assoluto di motivazione e violazione delle norme del TUIR in tema di mancata imputazione ai ricavi dei costi ai fini della determinazione del reddito imponibile per ciascuna annualità.

Posto che la questione è stata posta dal contribuente sin dai ricorsi originari avverso gli avvisi di accertamento impugnati, la sentenza impugnata nulla osserva al riguardo e la lacuna appare certamente grave ove si pensi che lo stesso processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, pur inteso dalla CTR come fonte di prova della natura effettivamente commerciale dell’attività svolta dall’Istituto, alcun rilievo aveva formulato con riferimento alla correttezza della contabilizzazione dei costi riferiti all’attività dell’associazione culturale in oggetto.

8.1. La CTR avrebbe dovuto pertanto, pur nell’affermata natura commerciale dell’attività svolta dall’ente, valutarne l’incidenza sui ricavi, ciò incidendo sul quantum della pretesa impositiva, in relazione ai criteri di cui all’art. 75 TUIR nella formulazione applicabile ratione temporis, avuto riguardo alla natura propria del giudizio tributario come giudizio di impugnazione – merito (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 15 ottobre 2018, n. 25629; Cass. sez. 5, 28 giugno 2016, n. 13294).

9. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al secondo e quarto motivo, dichiarato inammissibile il primo ed assorbito il terzo e la sentenza impugnata cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese dei giudizi di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al secondo ed al quarto motivo, dichiarato inammissibile il primo ed assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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