Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15335 del 17/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 17/07/2020), n.15335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25419-2018 proposto da:

N.A., in proprio e quale legale rappresentante e socio

accomandatario della s.a.s. Italtex, elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

BOER, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI PULLINI;

– ricorrente –

contro

C.F., nella sua qualità di curatore del fallimento (OMISSIS)

s.a.s.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1799/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza n. 90/2017, il Tribunale di Arezzo ha dichiarato il fallimento della s.a.s. (OMISSIS) e, per conseguenza, del suo socio accomandatario Alioune Niane.

Quest’ultimo ha proposto reclamo ex art. 18 L. Fall.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata il 30 luglio 2018, ha respinto il reclamo.

2.- La Corte territoriale ha riferito che “nel reclamo si espone che il N., senegalese e analfabeta, non è mai stato amministratore della stessa e di esserne stato solo operaio per un certo periodo”; che “si prospetta l’ipotesi che il datore di lavoro gli abbia fatto firmare i documenti relativi spacciandoglieli per documentazione necessaria a benefici in vista del licenziamento”; che “si afferma di non essere stato a conoscenza della convocazione per l’udienza preliminare, non avendo accesso alla posta certificata”.

Osservato che “la notifica risulta essere avvenuta a mezzo PEC”, la Corte territoriale ha quindi rilevato che “nel reclamo non si espone alcunchè in ordine ai motivi per cui la sentenza impugnata ha dichiarato il fallimento della società; lo stesso N., peraltro, ha proposto il reclamo affermando la sua qualità di legale rappresentante e socio accomandatario della società fallita, il che ha per conseguenza il suo fallimento personale”.

Ciò posto, la Corte fiorentina ha ancora aggiunto “non essere questa la sede per verificare la verità delle affermazioni del N. di non essere sostanzialmente l’amministratore della società, in quanto in questa sede irrilevanti, posto che la pacifica risultanza delle forme legali di pubblicità, da cui il N. risulta essere legale rappresentante della società, lo espone necessariamente al fallimento”.

3.- Avverso questo provvedimento, N.A. propone ricorso per cassazione affidato a un motivo.

Il Fallimento della s.a.s. (OMISSIS) non ha svolto difese neppure nel presente grado4 giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorso assume “violazione e falsa applicazione dell’ art. 2319 c.c. e ss., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, così come descritto nel doc. allegato n. 4 al reclamo, ossia la lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, redatta nel gennaio 2016 su carta intestata della (OMISSIS) s.a.s. di M.S. & C., nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.”.

Avverte in proposito il ricorrente che la “prova della natura fraudolenta della sua nomina e – conseguentemente – la prova che egli non era a conoscenza di essere stato nominato amministratore della società era data dal tenore del documento n. 4”, per poi procedere a trascriverne il testo. La Corte territoriale ha errato – rileva – a non tenere conto di questo documento.

Aggiunge di ritenere “che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di Appello di Firenze, egli abbia offerto elementi tali da ritenere provato per presunzioni – gravi, precise e concordanti – che egli non era amministratore della fallita, nè era consapevole di rivestire tale carica”. E precisa, altresì, di non avere mai compiuto atti di gestione e di amministrazione della società (OMISSIS), di cui ha pure cessato di essere dipendente ben più di un anno prima della dichiarazione di fallimento di tale società.

5.- Il ricorso è inammissibile.

Il ricorrente insiste nel sostenere la sua compiuta estraneità – sia sostanziale, come pure formale – all’attività di amministrazione della società in accomandita semplice (OMISSIS).

A questa affermazione corrisponde una lettura del fenomeno della società in accomandita semplice che impernia la fallibilità dei suoi soci sul fatto – assunto come unico ed esclusivo – di una loro partecipazione alla gestione della società: non a caso, il ricorrente assume la violazione dell’art. 2319 c.c. e ss., che per l’appunto si occupano della nomina, revoca e poteri degli amministratori, nonchè delle eventuali ingerenze compiute dai soci accomandanti.

Non è questa, però, la prospettiva assunta dalla legge rispetto al fenomeno dell’accomandita semplice in quanto tale; e neppure quella adottata dalla sentenza impugnata, che propriamente si basa -3MUs”(non discussa) qualità di socio accomandatario del signore N. (cfr. il secondo capoverso del precedente n. 2). Secondo l’art. 147 L. Fall., il fallimento della società “produce anche il fallimento dei soci… illimitatamente responsabili”. A sua volta, la norma dell’art. 2313 cod. dispone che i “soci accomandatari rispondono… illimitatamente delle obbligazioni sociali”.

Non è poi da ritenere – è bene anche puntualizzare per la maggiore chiarezza dell’esposizione – che le qualità di amministratore e di socio accomandatario si sovrappongano, nel senso che l’esistenza della prima sia presupposto necessario e sufficiente per la sussistenza della seconda.

Come precisa l’inequivoco testo dell’art. 2318 c.c., comma 2, invero, “l’amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci accomandatari”. Si può ben essere accomandatari (e perciò illimitatamente responsabili), dunque, senza essere nel contempo amministratori.

6.- Non ha luogo a provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, posta la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020

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