Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3592 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. III, 16/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.LLI LANA ENNIO E BRANDO S.N.C. (OMISSIS) nella persona dei

Sig.ri L.A. e L.P., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio dell’avvocato

TONUCCI MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato CESARINI GIANLUCA

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BUONUMORI S.R.L. ORTOPEDIA MEDICURA gia’ OFFICINA ORTOPEDICA

BUONUMORI (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore Sig.ra B.F., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato COLACINO

VINCENZO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 265/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 30/9/2004, depositata il 10/12/2004, R.G.N. 391/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI Alfonso;

udito l’Avvocato MARIO TONUCCI per delega dell’Avvocato GIANLUCA

CESARINI;

udito l’Avvocato VINCENZO COLACINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del 1 motivo,

accoglimento nel resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A seguito di disdetta per il (OMISSIS), da parte della locatrice s.n.c. F.lli Lana Ennio e Brando, della locazione di due locali comunicanti siti in (OMISSIS) e, secondo quanto previsto in contratto, adibiti rispettivamente a magazzino e negozio, la conduttrice Officina Ortopedica Buonumori (di B.M.) richiese il pagamento dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale e, a fronte del mancato versamento da parte della locatrice, con ricorso del 12.2.1998 la convenne in giudizio chiedendone la condanna al pagamento di L. 24.678.000, corrispondenti a diciotto mensilita’ del canone versato al termine del rapporto.

La convenuta resistette, assumendo che il requisito del contatto diretto col pubblico era ravvisabile solo in riferimento al locale adibito a negozio, sicche’ l’indennita’ andava correlata alla quota di canone imputabile a tale locale (da determinarsi tramite consulenza tecnica d’ufficio).

Cosi’ ritenne il tribunale di Perugia con sentenza del 20.2.2002, peraltro astenendosi dall’emettere sentenza di condanna.

2.- La decisione e’ stata riformata dalla corte d’appello di Perugia che, decidendo con sentenza n. 265 del 2004 sull’appello della conduttrice, ha accolto integralmente la relativa domanda ed ha condannato la locatrice al pagamento di Euro 12.745,12 sul rilievo che l’indennita’ dovesse commisurarsi all’intero canone locativo, essendo unico il contratto e comune la destinazione dei due locali, anche materialmente collegati.

3.- Avverso la sentenza ricorre per Cassazione la s.n.c. F.lli Lana Ennio e Brando, affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la Buonumori s.r.l. Ortopedia Medicura (gia’ Officina Ortopedica Buonumori).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Del tutto infondatamente la ricorrente assume, deducendo col primo motivo violazione del giudicato in relazione alla statuizione del primo giudice secondo il quale l’indennita’ era dovuta solo in riferimento al locale sito al numero civico (OMISSIS) (adibito a negozio), che la corte d’appello non avrebbe potuto determinarla commisurandola al canone complessivo.

La sentenza era stata, infatti, appellata sul punto ed il senso dell’affermazione iniziale della sentenza di secondo grado e’ esclusivamente che quella questione (che, cioe’, l’indennita’ fosse dovuta per il locale adibito a negozio) non era piu’ controversa.

Rimaneva invece controverso se l’indennita’ per la perdita dell’avviamento dovesse o no commisurarsi all’intero canone locativo, come ab origine sosteneva la conduttrice. E tale questione e’ stata appunto decisa in senso affermativo dalla corte territoriale, in senso conforme alla domanda dell’appellante conduttrice.

2.- Con gli altri tre motivi la sentenza e’ censurata in relazione alla intervenuta commisurazione dell’indennita’ in parola all’intero canone locativo.

La ricorrente si duole in particolare:

– col secondo motivo (deducendo violazione dell’art. 1362 c.c., comma 1, e dell’art. 1363 c.c., nonche’ ogni possibile tipo di vizio della motivazione) che la corte d’appello abbia opinato che, in mancanza di prova contraria, ogni locale dovesse ritenersi destinato all’esercizio di un’attivita’ commerciale e che addirittura si trattasse di una struttura unitaria, benche’ la planimetria versata in atti attestasse una diversa individuazione catastale (cosi’ rendendo palese la volonta’ dei contraenti di considerare due distinte unita’, con differenti utilizzazioni) e le risultanze testimoniali avallassero la tesi della diversa destinazione dei due locali;

col terzo motivo e col quarto motivo (deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 35 in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e, rispettivamente, n. 5,) che si sia dato rilievo alla pattuizione di un canone unitario, sebbene la citata disposizione preveda che l’indennita’ spetta al conduttore solo in relazione a immobili utilizzati per lo svolgimento di attivita’ che comportino contatto diretto col pubblico degli utenti e dei consumatori; e per aver inoltre erroneamente ritenuto che “scopo dell’indennita’ e’ quello di compensare il conduttore della perdita derivante dallo spostamento dell’attivita’ altrove”, mentre la funzione dell’indennita’ e’ invece quella di fornire una compensazione per la perdita del bacino di clientela gravitante intorno al luogo dove il conduttore abbia esercitato la propria attivita’ commerciale, sicche’ l’indennita’ stessa va determinata in misura corrispondente al solo ambito spaziale in cui si realizza il contatto diretto col pubblico.

3.- Le censure, che per la loro intima connessione possono essere congiuntamente esaminate, sono infondate.

Con sentenza n. 11596 del 2005 questa corte ha chiarito che quando, con unico contratto, sia stato locato un immobile diviso in due parti tra loro comunicanti, di cui una adoperata come magazzino, non trova applicazione il principio secondo il quale l’indennita’ compete, anche per l’immobile destinato a deposito o ad esposizione, solo quando esso sia, per un verso, liberamente accessibile da parte del pubblico e, per altro verso, in grado di esercitare di per se’ un richiamo sulla generalita’ dei consumatori, diventando un collettore di clientela ed un fattore locale di avviamento (Cass. 20.2.1999, n. 1435; Cass. 10.8.2000, n. 10598). La regola concerne, infatti, l’ipotesi di locazione di immobili separati, di cui uno adibito all’esercizio di attivita’ che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e l’altro a deposito o ad esposizione (o a laboratorio).

Se invece, come nella specie, i locali siano appunto comunicanti e l’immobile sia solo in parte utilizzato per lo svolgimento di attivita’ che comporti contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, l’indennita’ per la perdita dell’avviamento spetta quando questa ultima attivita’ sia prevalente (Cass. 25.2.1997, n. 1700; Cass. 10.2.1997, n. 1232; Cass. 24.3.1999, n. 2792, con riferimento all’ipotesi di riscatto), ma va sempre commisurata all’intero canone e non gia’ alla parte di canone riferibile alla sola superficie utilizzata per il contatto diretto col pubblico (Cass. 28.10.1995, n. 11301).

Dall’applicazione di tali principi consegue che, quando i locali con diversa destinazione commerciale siano comunicanti ed il canone sia unico ed indistinto, al locatore non e’ consentito sottrarsi al pagamento dell’indennita’ (di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 34) commisurata all’intero canone nell’assunto che solo una parte dell’immobile strutturalmente unitario (al di la’ delle distinte indicazioni catastali) era destinato al contatto diretto col pubblico, venendo esclusivamente in rilievo la prevalenza dell’attivita’ del conduttore comportante quel contatto; e cio’ nel senso che, a seconda che prevalente essa fosse o non fosse, l’indennita’ sara’ rispettivamente dovuta o no.

La societa’ ricorrente non si e’ doluta neppure in questa sede della mancata applicazione del criterio della prevalenza dell’uso (cui ha fatto riferimento solo in memoria, alle pagine 14 e 15), ma ha anzi sempre impostato la sua difesa sulla richiesta di consulenza al fine di determinare la parte di canone riferibile al locale locato come negozio. Il che non e’ compatibile con il caso di locali tra loro comunicanti.

Il ricorso va dunque respinto per tale assorbente ragione.

4.- Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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