Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3480 del 15/02/2010
Cassazione civile sez. II, 15/02/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 15/02/2010), n.3480
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA TOMMASO GULLI 11, presso lo studio dell’avvocato SCHIAVETTI
MARIA CHIARA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIRIBALDI NICOLA;
– ricorrente –
contro
B.B. (OMISSIS), B.A.
(OMISSIS), F.M.L. (OMISSIS), nella
qualità di eredi di B.P. deceduto, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo studio dell’avvocato
BOLOGNA GIULIANO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BRONDI GIUSEPPE RIZIERI;
– controricorrenti –
e contro
B.M. nella qualità di erede di B.P.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 355/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 23/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/01/2010 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;
udito l’Avvocato BOLOGNA Giuliano, difensore dei resistenti che ha
chiesto rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 7.4.1994 gli attori in qualità di eredi di B. P., convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Massa, il coerede B.P. chiedendo che fosse dichiarato nei confronti di costui l’acquisto per usucapione, da parte di essi attori, dei beni immobili ereditari indicati in citazione, di cui erano singolarmente ed autonomamente in possesso da oltre trenta anni per essere stati loro assegnati, secondo un’antica usanza, dal loro comune genitore, prima della sua morte, avvenuta in data (OMISSIS). Il convenuto, costituitosi, contestava l’avversa domanda e, controdeducendo che a lui doveva spettare, oltre che la casa paterna, anche un terreno adibito a macchia, chiedeva, in via riconvenzionale, la divisione dell’asse ereditario in sette quote a favore dei relativi eredi legittimi con l’assegnazione dello stesso terreno. L’adito Tribunale, espletata c.t.u. e acquisita la documentazione prodotta dalle parti, con sentenza, non definitiva, n. 51/03,respingeva la domanda di usucapione e rimetteva la causa in istruttoria per procedere alla divisione ex art. 789 c.p.c..
La sentenza era impugnata dagli attori che insistevano per l’accoglimento della domanda di usucapione, mentre il convenuto, costituitosi anche in sede di appello, ne chiedeva la conferma.
La Corte di Appello Genova con sentenza n. 355/07,depositata il 6.3.07, respingeva il gravame, confermando la sentenza impugnata;
poneva la spese del grado a carico degli appellanti, riservando le spese del primo grado di giudizio al definitivo.
Per la cassazione della decisione ricorre il solo P.A. affidandosi a tre motivi, cui resistono con controricorso F. M.L., B.A. e B., quali eredi di B.P..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile per la mancata specificazione dei quesiti di diritto.
Ben vero, la Corte di merito ha dato ampia e motivata risposta alle questione in fatto sollevata con l’unico motivo di appello, significando che il coerede,il quale dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso dei beni ereditari, può, prima della divisione usucapire la quota degli altri coeredi, ma a tal fine non è sufficiente che gli altri coeredi si siano astenuti dall’uso comune della cosa, occorrendo altresì che il coerede ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una in equivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus. (Cass. n. 5226/2002).
A fronte di tale decisione il ricorrente oppone che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che le caratteristiche del possesso in modo esclusivo e non uti condominus da parte dei singoli eredi troverebbero conferma nella confessione da parte dell’intimato.
Non risulta che tale aspetto della questione sia stata dibattutto in sede di appello, ma costituendo il medesimo il tema centrale del dibattito in sede di legittimità, lo stesso avrebbe dovuto formare oggetto di apposito quesito di diritto, che, invece, non è stato proposto.
Ne consegue che, risultando che la sentenza impugnata è stata emessa in vigore della normativa processuale introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 (art. 366 bis c.p.c., il ricorso va dichiarato inammissibile per tale specifico motivo. (Cass. Sez. Un. 19 maggio 2008 n. 12645).
L’assenza della controparte esime dalla statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010