Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14440 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 09/07/2020), n.14440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8152-2018 proposto da:

P.S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, SALITA DI

SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato NASO

DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato DALLA TORRE

CRISTIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (OMISSIS),

in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO

PROVINCIALE DI TREVISO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 241/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte di appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda proposta da P.S.E., volta a ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla illegittimità di plurimi contratti a termine stipulati con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in qualità di docente della scuola primaria a tempo determinato;

in sede di decisione il collegio, richiamati i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, osservò che l’appella era stata stabilizzata mediante pregressi strumenti selettivi e concorsuali e che la stabilizzazione costituiva riparazione in linea di principio soddisfacente rispetto all’abuso, così da rendere non dovuto il risarcimento del danno comunitario ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, in assenza di allegazione di danni subiti in ragione dell’uso improprio o distorto alle supplenze;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la ricorrente in epigrafe sulla base di tre motivi;

il Ministero, costituito in giudizio, resiste;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo la ricorrente deduce violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016, oltre a violazione e falsa applicazione del principio di equivalenza e del principio di effettività della tutela, rilevando che la possibilità d’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento in graduatoria, poichè aleatoria, non può essere considerata sanzione adeguata a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro, imponendosi il riconoscimento di una indennità risarcitoria L. n. 183 del 2010, ex art. 32;

deduce, ancora, che, nel caso in cui la Corte di Cassazione ritenesse corretta l’interpretazione delle norme interne avallata dalla Corte d’appello di Venezia, s’imporrebbe la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia Europea per verificare la conformità della richiamata normativa nazionale a quella Europea dei contratti a tempo determinato, conformemente a quanto disposto dalla Corte d’appello di Trento;

con ultimo motivo deduce illegittimità costituzionale, in relazione all’art. 3 Cost., e art. 117 Cost., comma 1, alla clausola 5 punto 1 dell’accordo quadro allegato alla direttiva Europea 1999/70/CE e all’art. 6 Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, paragrafo 1, della disciplina di legge che prevede l’esclusione della misura risarcitoria indennitaria in caso di abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato per il caso d’immissione in ruolo dei dipendenti scolastici per effetto dello scorrimento delle graduatorie;

i motivi, da trattare congiuntamente stante l’intima connessione, sono privi di fondamento;

questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dalla n. 22552 al n. 22557) e con numerose altre decisioni successive conformi, affrontò le questioni che oggi vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016), nella sentenza n. 22552/2016 (punti da 118 a 125) affermò, con specifico riferimento al tema in argomento, i principi di diritto che seguono:

A) per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

B) nelle ipotesi di reiterazione di cui sopra deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica e idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi – concorsuali”;

C) in detti casi deve affermarsi, in continuità con i principi enunciati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;

i principi richiamati sono stati sottoposti a nuovo esame ad opera di questa Corte di legittimità (si veda Cass. n. 3472 del 12/2/2020) a seguito della sentenza dell’8 maggio 2019 – Causa C- 494/17, Rossato, della Corte di Giustizia – investita dalla Corte d’appello di Trento, su rinvio in via pregiudiziale, dell’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato;

nella richiamata decisione la Corte di Giustizia ha evidenziato che il quadro normativo che connotava la fattispecie sottoposta al suo esame dalla Corte di Appello di Trento era ben differente da quello tenuto presente nella sentenza Mascolo, in ragione del piano straordinario di assunzioni attuato, con previsione della trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari” attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato;

la Corte di Giustizia, quindi, ha statuito che la richiamata clausola “deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorchè una siffatta trasformazione non è nè incerta, nè imprevedibile, nè aleatoria e la limitazione del riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della suddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”;

sulla scorta dei rilievi evidenziati dalla Corte di Giustizia, nella recente decisione n. 3472 del 12/2/2020 questa Corte ha riaffermato che l’immissione in ruolo avvenuta in virtù del sistema di avanzamento reso possibile dalle emanate regole sul reclutamento e anche dai piani straordinari e ordinari di assunzione previsti dalle leggi che si sono succedute rispetta i principi di equivalenza e di effettività, perchè il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha comunque ottenuto il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio (sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016, p. n. 85) e perchè ha la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori;

è stato ribadito, infatti, che nelle ipotesi di reiterazione di contratti a tempo determinato rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, l’avvenuta stabilizzazione non preclude la proponibilità della domanda per il risarcimento dei danni diversi e ulteriori rispetto a quelli esclusi dalla immissione nei ruoli, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova dei danni ulteriori, che grava sul lavoratore, non beneficiato in caso di stabilizzazione dalla agevolazione probatoria di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite, non risulta insormontabile nè difficoltoso perchè il sistema delle graduatorie ad esaurimento offre al riguardo dati oggettivi (posizione ricoperta nella graduatoria, vacanze di organico, termini previsti, anche se non rispettati, dal T.U. per l’indizione dei concorsi e per le operazioni di immissione);

è stato anche osservato che l’illecito, oltrechè “tendenzialmente riparato” dalla avvenuta stabilizzazione e dalla possibilità di ottenere

il risarcimento dei danni ulteriori, deve ritenersi “oggettivamente represso”, avuto riguardo alla definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento, effettivamente esaurite (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 105) per entrambe le categorie di personale (docente e ATA), alla cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa, alla efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113), alla previsione (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131) di un limite alla reiterazione delle supplenze, che a decorrere dai 10 settembre 2016 non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi, oltre che al limite previsto per la reiterazione delle supplenze;

all’orientamento espresso da Cass. 3472/2020 questa Corte intende dare continuità, ritenendosi le richiamate argomentazioni esaustive anche rispetto ai denunciati rilievi di legittimità costituzionale e richieste di rinvio pregiudiziale, tanto più tenuto conto degli esiti del rinvio disposto dalla Corte d’appello di Trento;

poichè è indiscusso, a seguito di espressa affermazione in tal senso contenuta nel ricorso, che la ricorrente è stata immessa nei ruoli del Ministero, deve ritenersi che la stessa, per tal via, ha ottenuto il bene della vita per il quale hanno agito in giudizio, senza che rilevi, per quanto innanzi osservato, la circostanza che la stabilizzazione sia avvenuta per mezzo di interventi diversi da quelli previsti nella L. n. 107 del 2015, e, non avendo allegato danni diversi ed ulteriori rispetto alla mancata conversione del rapporto, correttamente la Corte d’appello ha disposto il rigetto delle domande;

sulla base delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato;

la complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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