Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3218 del 11/02/2010
Cassazione civile sez. lav., 11/02/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 11/02/2010), n.3218
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 2792-2009 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato
CARBONE ROBERTO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
e contro
COMUNE DI BITONTO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3940/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del
16/10/08, depositata il 28/10/2008;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
che:
1. La Corte d’appello di Bari, pronunziando sull’appello del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca contro la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto alla parte appellata – qui ricorrente- dipendente appartenente al personale cd. ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) transitata dai ruoli dell’ente locale in quelli del personale non docente della scuola, l’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza, ed aveva condannato l’amministrazione alle spese di lite, ha accolto l’appello rigettando la domanda e compensando interamente le spese del doppio grado di giudizio.
2. Di questa sentenza viene ora chiesta la cassazione – con ricorso per due motivi, illustrato anche da memoria, al quale l’Amministrazione resiste con controricorso, mentre l’ente locale intimato non ha svolto attività difensiva – nel capo relativo alle spese, previa denunzia di violazione dell’art. 324 c.p.c. (1^ motivo) e dell’art. 112 c.p.c. (2^ motivo) in quanto, avendo il Ministero chiesto con l’appello la sola condanna alle spese del giudizio di secondo grado, sarebbe passata in giudicato la pronunzia di condanna alle spese e il giudice del gravame avrebbe pronunziato “ultra perita”.
3. La giurisprudenza di questa Corte – come notato anche dall’Amministrazione controricorrente – è da tempo orientata nel senso che il giudice di appello allorchè riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata deve procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l’onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, mentre solo quando conferma la sentenza di primo grado, non può modificare la decisione del primo giudice sulle spese, a meno che questa non sia stata oggetto di uno specifico motivo di impugnazione (artt. 112 e 329 cod. proc. civ.). (Cass. 12551/1992; conforme, Cass. 6155/2000;
7846/2006; nello stesso senso v. anche Cass. 5748/1996; 4739/2001).
4. Così stando le cose, e non essendovi ragione per discostarsi da tale consolidato indirizzo, solo una esplicita rinunzia da parte dell’appellante, soccombente in primo grado, ad una riforma del capo sulle spese sembrerebbe in grado di precludere al giudice del gravame di intervenire in materia. Ma, dallo stesso tenore dell’atto di appello dell’Amministrazione, che ha chiesto la condanna alle spese del “presente giudizio”, non si desume affatto, quantomeno con la inequivocabilità che la dismissione di un diritto renderebbe necessaria, non dimostrata, contrariamente a quanto sostenuto in memoria dalle inesatte indicazioni contenute nella premessa dell’appello dell’amministrazione – una volontà abdicativa. In ogni caso, occorre tener presente che l’interpretazione dell’impugnazione è compito del giudice alla quale essa è rivolta, e nella specie risulta palese che il riferimento del sintagma “presente giudizio” è stato inteso dalla Corte di merito come non limitato al solo grado di appello.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve pertanto esser rigettato, con condanna della parte ricorrente alle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alle spese in Euro 30,00 oltre ad Euro 2.000 per onorari, nonchè agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010