Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14253 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. III, 08/07/2020, (ud. 24/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27138/2017 proposto da:

AZIENDA USL BOLOGNA, in persona del Direttore Generale e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 3, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO GIANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE TAVAZZI;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimato –

nonchè da:

P.M.E., P.E., nella loro qualità

di procuratrici generali di P.A., elettivamente

domiciliate in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 308, presso lo

studio dell’avvocato UGO RUFFOLO, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti incidentali –

contro

AZIENDA USL BOLOGNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1382/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2020 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del

ricorso principale; rigetto del 2 motivo; accoglimento 1 motivo del

ricorso incidentale; inammissibili gli altri;

udito l’Avvocato MICHELE TAVAZZI;

udito l’Avvocato BARBARA BANORRI per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.A. convenne in giudizio l’Azienda USL di Bologna per sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito delle prestazioni rese dai sanitari dell’Ospedale (OMISSIS) in occasione di un ricovero effettuato nei mesi di (OMISSIS), deducendo che, a causa della non corretta individuazione della sede di una lesione fistolosa artero-venosa, aveva subito un peggioramento delle proprie condizioni di salute, stabilizzate in una paraplegia incompleta degli arti inferiori, con vescica ed intestino neurologici.

Il Tribunale ritenne che l’errore medico avesse determinato un incremento del 20% della invalidità che sarebbe comunque residuata (nella misura del 50%) in caso di corretta esecuzione della prestazione e liquidò all’attore un risarcimento di 220.000,00 Euro (comprensivo di personalizzazione) a titolo di danno non patrimoniale e di 168.157,81 Euro per danno patrimoniale (comprensivo di 16.489,00 Euro per costi di abbattimento di barriere architettoniche nell’abitazione, di 98.369,00 Euro per spese già sostenute per assistenza da parte di personale badante e di 114.762,62 Euro per spese di assistenza future, detratte le somme percepite e percipiende dall’INPS a titolo di indennità di accompagnamento); il tutto oltre a 47.966,92 Euro per rivalutazione monetaria e a 58.009,77 Euro per interessi già maturati, per un totale di 446.167,58 Euro, oltre agli interessi legali dalla data della decisione; importo successivamente rettificato in 494.134,50 Euro a seguito di istanza di correzione di errore materiale.

Provvedendo sul gravame della Azienda USL, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la liquidazione del danno non patrimoniale in 220.000,00 Euro, precisando tuttavia – in dispositivo – che si trattava di importo “già all’attualità”; quanto al danno patrimoniale, ha confermato il ristoro integrale del danno correlato alle spese di abbattimento delle barriere, mentre ha ridotto alla percentuale del 20% il risarcimento per spese di assistenza in considerazione del fatto che il P. avrebbe dovuto comunque far ricorso a badanti anche a fronte di un’invalidità del 50%: ha liquidato pertanto 11.624,00 Euro per spese già sostenute e 16.336,00 Euro per spese future; ha escluso, infine, che sugli importi liquidati a titolo di danno patrimoniale fosse dovuta la rivalutazione monetaria, dichiarando spettanti i soli interessi legali dalla domanda al soddisfo.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Usl di Bologna, affidandosi a due motivi; hanno resistito, con controricorso, P.M.E. ed E., in qualità di procuratrici generali di P.A., le quali hanno anche proposto ricorso incidentale basato su quattro motivi e – da ultimo – hanno notificato e depositato atto di intervento in qualità di eredi di P.A.; entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

SUL RICORSO PRINCIPALE.

1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., “per avere la Corte d’Appello di Bologna omesso di pronunciarsi su una domanda ritualmente ed inequivocabilmente formulata dalla Ausl nel giudizio di secondo grado”, ossia sulla richiesta di condannare il P. “a restituire alla Azienda Usl di Bologna gli importi tutti eventualmente corrisposti in esecuzione della impugnata sentenza nelle more del giudizio di appello, maggiorato di interessi legali a far tempo dalla data del pagamento a quella di effettiva restituzione”; la ricorrente lamenta che, in difetto di pronuncia sul punto, non ha possibilità di recuperare esecutivamente dal P. la differenza tra il quantum già al medesimo corrisposto nel mese di aprile 2015 e le somme rideterminate all’esito del giudizio di secondo grado;

1.1. Il motivo è fondato alla luce del principio secondo cui “incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonchè dall’art. 389 c.p.c. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita” (Cass. n. 8639/2016; cfr. anche Cass. n. 17664/2019 che, nel ribadire tale principio, ha precisato che, “ove la condanna alle restituzioni sia sottratta a qualunque forma di valutazione giudiziale sia nell'”an” sia nel “quantum” del provvedimento, può essere azionata anche la procedura di correzione dell’errore materiale, dovendosi ritenere che i due rimedi, qualora la statuizione acceda al “decisum” della controversia e non siano necessarie ulteriori indagini o determinazioni sostanziali, siano fra loro alternativi”).

2. Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 1226 e 2059 c.c. “per avere la Corte di Appello erroneamente quantificato gli importi inerenti il danno non patrimoniale riconosciuto sussistere in capo al sig. P.A.”: la ricorrente lamenta la “non corretta quantificazione monetaria del danno non patrimoniale differenziale”, rilevando che la Corte di Appello (come prima il Tribunale) ha sottratto dall’equivalente monetario del 70% di invalidità l’importo corrispondente al 50% di invalidità che il P. avrebbe comunque riportato, mentre avrebbe dovuto procedere ad una “valorizzazione pura (cioè da 0 a 20 punti di I.P.)”, con una quantificazione di 55.614,00 Euro che “avrebbe potuto, se del caso, essere successivamente adeguatamente personalizzata/modulata” per tener conto delle “conseguenze negative “incrementative” subite dalla parte lesa”.

2.1. Il motivo è infondato: la Corte di Appello ha liquidato correttamente il danno differenziale, in conformità al criterio individuato da Cass. n. 28986/2019, secondo cui “in tema di liquidazione del danno alla salute, l’apprezzamento delle menomazioni preesistenti “concorrenti” in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall’illecito va compiuto stimando, prima, in punti percentuali l’invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito e poi quella preesistente all’illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro (…); procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell’invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fermo restando l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa secondo la cd. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto” (conforme Cass. n. 514/2020).

Risulta pertanto erroneo il criterio proposto dalla ricorrente giacchè, nel caso di menomazioni concorrenti (come quella in esame), la liquidazione del danno incrementativo non può che procedere a partire dal grado di invalidità che sarebbe stato raggiunto in mancanza dell’aggravamento, mentre soltanto per le menomazioni meramente coesistenti la stima va effettuata in senso assoluto, ossia a partire dallo zero per cento di invalidità.

SUL RICORSO INCIDENTALE.

3. Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè artt. 1223,1226 e 1227 c.c. “e, comunque, erroneità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per contraddittorietà della motivazione”: le ricorrenti incidentali censurano la sentenza nella parte in cui, pur avendo riconosciuto il rimborso dei costi di abbattimento delle barriere architettoniche, ha ritenuto che le spese per l’assistenza di personale badante dovessero essere risarcite nella misura del 20%, anzichè per intero; rilevano, al riguardo, che il giudice di secondo grado ha violato sia gli artt. 115 e 116 c.p.c., che gli artt. 1223,1226 e 1227 c.c., in quanto “la necessità di assistenza (…) è stata determinata esclusivamente per effetto della paraplegia agli arti inferiori e della sindrome della vescica ed intestino nEurologici, danni che sono stati determinati (…) dalla condotta dei sanitari dell’Ospedale (OMISSIS) e che, invece, non sarebbero derivati a fronte di una corretta condotta in occasione dell’intervento”; evidenziano, inoltre la “contraddittorietà” fra la statuizione che ha riconosciuto il rimborso integrale delle spese relative alle barriere architettoniche e quella che ha limitato alla misura del 20% il rimborso delle spese per badanti.

3.1. La censura relativa all’affermazione che l’assistenza di badanti sarebbe stata necessaria anche in caso di invalidità del 50% è inammissibile, in quanto – benchè prospettata sotto il profilo della violazione di norme di diritto – investe, a monte, un accertamento di fatto ed è diretta a sollecitare un diverso apprezzamento di merito non consentito in sede di legittimità.

Parimenti inammissibile è la censura di contraddittorietà, in quanto concerne un vizio non più deducibile ai sensi del testo novellato dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (peraltro, non appare implausibile che l’assistenza di badanti fosse comunque necessaria a fronte di una invalidità del 50%, mentre la necessità di eliminazione delle barriere architettoniche si sia determinata solo per effetto del raggiungimento del 70% di invalidità).

4. Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “nella parte in cui ha determinato la quota differenziale del danno patrimoniale per spese sostenute dal sig. P. per l’adozione di una badante”: rilevano le ricorrenti che, anche a voler considerare corretta la liquidazione nella quota del 20% del danno correlato alle spese per la badante, la Corte di Appello è comunque “incorsa anche in un errore di calcolo nella determinazione della somma”, risultante pari a 14.000,00 Euro, anzichè ai 11.624,00 Euro liquidati dalla sentenza impugnata.

4.1. Il motivo è inammissibile giacchè quello denunciato è un errore di calcolo che non è prospettabile in termini di nullità della sentenza, ma è emendabile mediante il procedimento di correzione ex artt. 287 c.p.c. e segg..

5. Col terzo motivo (che denuncia la “violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), le ricorrenti lamentano – sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – che la Corte di Appello:

nella parte motiva, ha dichiarato di accogliere il motivo attinente alla non debenza della rivalutazione monetaria in relazione all’intero danno patrimoniale, a fronte di un’impugnazione della AUSL che contestava l’applicazione della rivalutazione unicamente in riferimento all’importo liquidato a titolo di assistenza futura;

nel dispositivo, ha liquidato, a titolo di danno non patrimoniale, la somma di 200.000,00 Euro, “già all’attualità”, oltre interessi legali dalla data della decisione di primo grado, in tal modo escludendo la rivalutazione riconosciuta dal primo giudice;

concludono, pertanto, che “evidente è, dunque, il vizio che inficia la sentenza (…), essendosi il giudice di secondo grado pronunciato oltre i limiti della domanda formulata in appello dall’AUSL di Bologna, affermando non dovuta la rivalutazione monetaria e riconoscendo gli interessi legali dalla domanda al soddisfo non solo sulla somma liquidata (…) a titolo di danno patrimoniale “anticipato” (spese per assistenza futura) – in corrispondenza con quanto richiesto con il primo motivo di gravame dall’AUSL di Bologna – ma anche sulla parte di danno patrimoniale già patito (spese per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per l’adozione di una badante dal mese di aprile 2008 sino al mese di aprile 2014) e sulla somma riconosciuta a titolo di danno non patrimoniale”;

5.1. Il motivo è fondato: dal riscontro ex actis – consentito dalla natura del vizio denunciato – emerge che effettivamente l’appello della AUSL in punto di non debenza della rivalutazione monetaria concerneva unicamente il danno per spese di assistenza futura e non anche le altre somme riconosciute a titolo di danno patrimoniale; inoltre nessuna censura era stata proposta in relazione alla rivalutazione del danno non patrimoniale; sussiste quindi il denunciato vizio di ultrapetizione e la sentenza va pertanto cassata sul punto, con rinvio alla Corte territoriale.

6. Col quarto motivo (che deduce la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 156 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), le ricorrenti lamentano che sussiste “un contrasto tra motivazione e dispositivo, laddove la Corte di Appello di Bologna (…) prima, nella parte motiva, afferma che “il resto delle statuizioni su spese legali e di CTU in primo grado vanno confermate, attesa la sostanziale soccombenza della USL” (…), ma poi omette di indicare tale statuizione nel dispositivo”

6.1. il motivo resta assorbito a seguito del parziale accoglimento di ricorsi giacchè il giudice di rinvio dovrà nuovamente provvedere in punto di spese di lite.

7. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigettando il secondo; dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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