Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2540 del 03/02/2010
Cassazione civile sez. I, 03/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 03/02/2010), n.2540
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
N.B.G., elettivamente domiciliata in Roma, via
Tirso 90, presso l’avv. Patrizi Giovanni, che la rappresenta e
difende giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro
tempore;
– intimata –
avverso il decreto della Corte d’appello di Milano, cron. n. 9107,
del 10 gennaio 2007, nella causa iscritta al n. 627/2006 R.G.V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
10 novembre 2009 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;
alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto
procuratore generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta, che nulla ha
osservato;
LA CORTE:
Fatto
IN FATTO E DIRITTO
A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore della ricorrente:
“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;
RITENUTO CHE:
1. N.B.G. ha proposto ricorso per Cassazione, sulla base di un motivo, avverso il decreto in data 10 gennaio 2007, con il quale la Corte di Appello di Milano ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 12.500,00 a titolo di equo indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti alla Corte dei Conti, promosso con ricorso del 20 giugno 1969, riassunto in data 11 maggio 1973 a seguito del decesso del marito e definito con sentenza del marzo 1998;
1.1. la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto difese;
OSSERVA:
2. la Corte di appello di Milano, stabilito in 25 anni il periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo, ha determinato l’indennizzo dovuto in Euro 12.500,00, applicando una deroga riduttiva ai criteri di quantificazione fissati dalla CEDU, avuto riguardo alla natura e alle caratteristiche del processo, proseguito dall’erede per fini risarcitori;
3. la ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo un motivo di ricorso, con il quale lamenta vizio di motivazione e violazione dell’art. 115 c.p.c., lamentando che dalla motivazione non si evincono i criteri seguiti dalla Corte territoriale per determinare la somma annua dovuta e per aver posto a base della decisione elementi desunti al di fuori degli elementi di prova ritualmente acquisiti;
4. il ricorso appare inammissibile, in quanto la ricorrente non ha concluso l’illustrazione dei motivi di censura – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis – con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897) ed ha formulato un quesito di diritto del tutto generico e inidoneo a risolvere la questione decisa con il provvedimento impugnato, ossia l’applicazione da parte della Corte di merito dei criteri stabiliti della CEDU dei criteri per la quantificazione dell’equo indennizzo (v. Cass. S.U. 2008/11650);
5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati al punto 4., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;
B) osservato che la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria difensiva, atteso che la ricorrente stessa non ha ricondotto il prospettato vizio di motivazione ad un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) idoneo a circoscriverne puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897), ferma restando l’inidoneita’ del quesito di diritto,formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. a risolvere la questione decisa con il provvedimento impugnato, ossia l’applicazione da parte della Corte di merito dei criteri stabiliti della CEDU per la quantificazione dell’equo indennizzo;
rilevato che le osservazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilita’ del ricorso e che tuttavia nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo la Presidenza intimata svolto difese.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 10 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010