Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14394 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12571-2018 proposto da:

CERAMICHE DOC SASSUOLO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato PAOLO DE MIRANDA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e

difende, ope legis;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 2843/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che la contribuente s.r.l. “CERAMICHE DOC SASSUOLO” propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una decisione della CTP di Modena, che aveva parzialmente accolto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento IRES ed IRAP 2012.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che, con il primo motivo, la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè la motivazione della decisione impugnata era inesistente, meramente apparente ed inidonea ad esprimere la ratio decidendi; in particolare la CTR aveva confermato quanto sostenuto dalla sentenza di primo grado circa la sussistenza di due operazioni di scambio merci, ritenute non collegate sul piano oggettivo e temporale, si da essere state qualificate come due autonome operazioni, da sottoporre ad autonoma imposizione IVA; e ciò nonostante la documentazione prodotta da essa contribuente; in realtà era stata attribuita valenza cogente alla risoluzione n. 36 del 2008, la quale essendo una mera circolare, non poteva valere quale atto normativo, non era vincolante e poteva pertanto essere disattesa;

che il motivo di ricorso in esame è infondato;

che, invero, nel processo tributario, una sentenza della CTR intanto può qualificarsi nulla per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in quanto sia completamente carente in ordine all’illustrazione delle critiche mosse dalla parte appellante alle statuizioni di primo grado e non sviluppi in alcun modo un’autonoma valutazione dei fatti di causa, come era stato chiesto dalla parte appellante (cfr. Cass. n. 15884 del 2017);

che, al contrario, nella specie, la CTR non si è affatto limitata a confermare le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, ma le ha esaminate e rielaborate, svolgendo autonome considerazioni in ordine al principio dell’inerenza dei costi, quale corollario di una tassazione dei redditi, che deve aver luogo al netto dei costi di produzione ed in ordine alla necessità di documentare i costi inerenti, la cui certezza costituisce il presupposto della loro inerenza e competenza; la CTR risulta poi avere analiticamente passato in rassegna tutte le componenti negative del reddito ritenute dalla società contribuente come erroneamente riprese a tassazione dall’ufficio e sulle quali si era pronunciata la CTP, pervenendo, in ordine ad esse, alle medesime conclusioni cui era pervenuto il primo giudice;

che, col secondo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR e dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’inerenza dei costi costituiva una condizione imprescindibile per la loro deduzione; e l’ufficio era tenuto a contestare in modo preciso la non inerenza, dovendo specificare perchè i costi non sarebbero stati documentati e quali costi sarebbero stati privi di tale inerenza; nella specie invero i costi erano stati documentati con mail, fax, contratti, fatture, ordini e contabili bancarie tutti con data certa; pertanto l’eccezione di carenza di documentazione era infondata se non pretestuosa; quanto poi al collegamento diretto dei costi con i ricavi, il concetto di inerenza non era più collegabile ai ricavi dell’impresa, quanto piuttosto all’attività della stessa, si da poter essere ritenuti inerenti anche costi utili a produrre ricavi futuri o meramente indiretti;

che il motivo di ricorso in esame è inammissibile per violazione del criterio dell’autosufficienza; invero la società contribuente ha lamentato che la CTR non abbia adeguatamente indicato quali costi fossero non inerenti e per quali di essi non sussistesse un’adeguata documentazione, atteso che, al contrario, detti costi sarebbero stati documentati con mail, fax, contratti, fatture, ordini e contabili bancarie, tutti con data certa, con conseguente infondatezza dell’eccezione di carenza di documentazione; tuttavia la società contribuente non ha compiutamente provveduto nè all’indicazione specifica, nè all’integrale trascrizione dei costi ritenuti viceversa inerenti, al fine di verificare la fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (cfr. Cass. n. 31038 del 2018);

che la società contribuente ha altresì presentato memoria;

che il ricorso in esame va quindi respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la contribuente al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in Euro 7.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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