Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2336 del 02/02/2010
Cassazione civile sez. III, 02/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 02/02/2010), n.2336
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
SALA SRL, in persona del suo legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MANFREDI 17, presso lo studio
dell’avvocato CONTI CLAUDIO, che la rappresenta e difende, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
GRUPPO COIN SPA, in persona del suo procuratore speciale,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DENZA 15, presso lo studio
dell’avvocato IZZO ANIELLO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati BARBETTA EDGARDO, GIUDICI MARIA ADELE, giusta procura
in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5351/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
18/12/07, depositata il 15/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. SCARANO Luigi Alessandro;
udito l’Avvocato Conti Claudio, difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti e deposita rinuncia con accettazione;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE EDUARDO
VITTORIO, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che e’ stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Avverso la pronunzia della Corte d’Appello di Roma del 15/1/2008 e’ dalla societa’ Sala s.r.l. proposto ricorso per Cassazione affidato a 2 motivi.
Resiste con controricorso il Gruppo COIN s.p.a..
Il ricorso dovra’ essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366 bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
Va anzitutto premesso che i motivi risultano inammissibilmente formulati denunziandosi contestualmente vizio di motivazione e violazione di legge, laddove la disciplina in tema di ricorso per cassazione risultante dalla richiamata riforma del 2006 impone invero l’autonoma e separata prospettazione dei vizi asseritamente affettanti l’impugnata decisione.
L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilita’ concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che in caso di proposizione di motivi di ricorso per Cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di piu’ motivi affinche’ non risulti elusa la ratio dell’art. 366 bis c.p.c. deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realta’ avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, debbono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (v. Cass., Sez. Un., 9/3/2009, n. 5624).
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimita’ (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non puo’ con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.
Cass., 1711/2007, n. 15949).
Orbene, i motivi (1 e 2) con i quali si denuzia violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, risultano formulati senza recare invero la richiesta proposizione di un quesito di diritto.
E’ d’altro canto da escludersi la configurabilita’ di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione del motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.
Quanto al vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione:
a) del fatto controverso;
b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione;
c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si e’ precisato che l’art. 366 bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il ricorso non reca la chiara indicazione – nei termini piu’ sopra indicati – delle ragioni dei denunziati vizi di motivazione (motivi 1 e 2), inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attivita’ esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresi’ carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilita’ richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione e’ stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;
rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
osservato preliminarmente che anteriormente all’udienza, la ricorrente ha prodotto in Cancelleria atto di rinunzia “agli atti del giudizio”, e la controricorrente atto di accettazione della detta rinunzia;
considerato la dichiarazione di rinunzia al ricorso attesta invero la sopravvenuta carenza di interesse della parte alla pronunzia sulle censure ivi formulate avverso l’impugnata sentenza, e determina l’estinzione del procedimento (cfr. Cass., Sez. Un., 17/2/2005, n. 3129; Cass., 3/10/2005, n. 19295. V. altresi’ Cass., 24/3/2005, n. 6348; Cass., 23/12/2005, n. 28675), la relativa declaratoria dovendo adottarsi anche laddove come nella specie sussista, come indicato nella relazione, una causa di inammissibilita’ del ricorso (v. Cass., Sez. Un., 2/12/2004, n. 23737; Cass., Sez. Un., 17/2/2005, n. 3129;
Cass., 16/7/2008, n. 19514; Cass., Sez. Un., 20/11/2008, n. 27538);
ritenuto che attese le dichiarazioni delle parti al riguardo va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara estinto il giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010