Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13345 del 01/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13345
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2614-2019 proposto da:
F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VENTI
SETTEMBRE, 3, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA ROSSI,
rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO AVAGNINA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2897/14/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARLA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 25/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LA
TORRE MARIA ENZA.
Fatto
RITENUTO
che:
F.D., commercialista, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione avviso di accertamento IRPEF, anno 2009, col quale l’Ufficio riprendeva a tassazione costi non documentati e costi non inerenti per Euro 40.817,34, ha accolto l’appello dell’Ufficio in riforma della sentenza di primo grado. La CTR, rilevando la legittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento, effettuata da funzionario regolarmente delegato dal capo dell’Ufficio – in base alla documentazione prodotta in grado di appello -, ha ritenuto non sufficiente il coacervo documentale allegato dal contribuente (registro iva acquisti, fatture e altri documenti registrati nel registro IVA e talune schede contabili) a sostegno dell’inerenza dei costi dedotti.
L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR ritenuto inammissibile l’atto di appello per difetto di specificità.
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR pronunciato ultrapetitum.
Il primo motivo, ammissibile in quanto la questione sottesa sulla ammissibilità dell’appello è rilevabile d’ufficio (cfr. Cass. 19222/2013, n. 4706/2016), va respinto, siccome infondato.
Costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo cui “nel processo tributario, è soddisfatto il requisito della specificità dei motivi di appello ove le argomentazioni svolte, correlate con la motivazione della sentenza impugnata, ne contestino il fondamento logico-giuridico, non richiedendosi necessariamente una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate che possono, invece, essere ricavate anche implicitamente, sia pure in maniera univoca, dall’atto di impugnazione considerato nel suo complesso.” (Cass. n. 9083 del 2017). Inoltre,”nel processo tributario, la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza” (Cass. n. 11061 del 2018).
Nel caso di specie, la CTR ha fatto corretta applicazione dei superiori principi, poichè l’atto di appello, col quale sono state riproposte le stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, assolve l’onere di specificità di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
Il secondo motivo è inammissibile, giacchè il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo della violazione di legge anzichè, correttamente, quale error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
In ogni caso la censura è inammissibile – anche riqualificando il motivo sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, -poichè è comunque necessario, qualora sia denunciato un error in procedendo, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, in esatto adempimento degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. nn. 22930/2019, 2771 del 2017, n. 1170 del 2004).
Nel caso di specie, la censura è generica, lamentando soltanto una “surrettizia sostituzione dell’organo giudicante” con la parte.
Il ricorso va conclusivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia dell’entrate, che liquida in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020