Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12837 del 26/06/2020
Cassazione civile sez. lav., 26/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12837
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22190/2018 proposto da:
S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FAMAGOSTA 2,
presso lo studio dell’avvocato FLORA DE CARO, rappresentato e difeso
dall’avvocato ROMOLO DE MATTEO;
– ricorrente –
contro
BERTSCHI ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RODI 8, presso lo
studio dell’avvocato ROBERTO SCAMBELLURI, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1807/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 05/03/2018, R.G.N. 326/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/01/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ROMOLO DE MATTEO;
udito l’Avvocato ROBERTO SCAMBELLURI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 5 marzo 2018, la Corte d’Appello di Milano, chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione di rigetto resa dal Tribunale di Busto Arsizio relativamente alla domanda proposta da S.E. nei confronti della Bertschi Italia S.r.l., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato allo S., dipendente con mansioni di trasportatore, in relazione alla contestazioni disciplinari del 15.6. e del 14.7.2010 e sotto il profilo della recidiva ad altri nuovi procedimenti disciplinari avviati dal settembre 2009 e sfociati in altrettante sanzioni conservative, in parziale riforma della sentenza di prime cure, annullate le sanzioni basate sulle contestazioni dell’11.9.2009, del 21.9.2009, del 27.10.2009, del 3.11.2009, del 23.3.2010 e del 18.6.2010 confermava con riguardo alle residue cinque sanzioni la legittimità del licenziamento.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto legittime le sanzioni basate sulle contestazioni del 28.9.2009, del 30.10.2009, dell’8.4.2010 del 15.6.2010, e del 14.7.2010 ed, in particolare, queste ultime due come rilevanti ai fini dell’intimato licenziamento concretandosi in significative trasgressioni dei suoi doveri di servizio in grado di incrinare l’elemento fiduciario alla base della relazione lavorativa se non altro per via della sciatta omissione di un compito di servizio seguita a breve distanza di tempo da un inconcepibile ritardo nel dotare la datrice di lavoro di un documento di estremo interesse. Per la cassazione di tale decisione ricorre lo S., affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Cost., artt. 2104 e 2105 c.c., lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità del convincimento espresso in ordine alla rilevanza disciplinare della condotta data dall’invio all’azienda senza indicazione del destinatario di una lettera dal contenuto riservato e dell’effetto dell’apertura del plico da parte del personale di segreteria con conseguente diffusione di allarmi e pregiudizi addebitabile viceversa al difetto di organizzazione dell’azienda.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1698,2104 e 2105 c.c., nonchè degli usi commerciali, il ricorrente lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la rilevanza disciplinare della condotta data dalla mancata informazione della differenza di peso di Kg 150 della merce scaricata rispetto a quella indicata nel documento di trasporto in difetto di contestazione da parte del destinatario.
Nel terzo motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato con riguardo all’aver la Corte territoriale attribuito rilevanza disciplinare alla condotta data dal non aver il dipendente raccolto la comunicazione del cambio del programma di consegna che la Società tentava di fargli pervenire via telefono al di fuori dell’orario di lavoro senza tener conto dell’insussistenza a carico del ricorrente di un obbligo di reperibilità.
Con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Cost., L. n. 183 del 2010, art. 30,artt. 2086,2106,2119 c.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver valutato la sussistenza della giusta causa di recesso con esclusivo riferimento a due delle undici contestazioni elevate a carico del ricorrente così discostandosi dalla motivazione riportata nella lettera di licenziamento che sembra riconnettere il disposto provvedimento alla complessiva sequenza di condotte fatte oggetto di sanzione risultate in gran parte illegittimamente irrogate.
Il quinto motivo è inteso sostanzialmente a denunziare un vizio di illogicità manifesta della motivazione per non aver la Corte territoriale colto in relazione all’annullamento di gran parte delle sanzioni irrogate al ricorrente l’illiceità della complessiva gestione del rapporto da parte dei responsabili della Società e dunque delle ragioni sottese all’irrogazioni di quelle sanzioni, ivi compreso il licenziamento, da ritenersi dettate da un intento persecutorio e come tali nulle.
Passando all’esame degli esposti motivi è opportuno prendere le mosse dagli ultimi due, il quarto ed il quinto, intesi a censurare il giudizio espresso dalla Corte territoriale con riguardo alla legittimità dell’intimato licenziamento sulla base di due distinte prospettazioni, quella di cui al quinto motivo, secondo cui la ritenuta illegittimità di sei delle nove contestazioni disciplinari che erano state richiamate nella lettera di licenziamento ai fini della recidiva doveva indurre il giudicante a ritenere illecita e connotata da un intento persecutorio la complessiva gestione del rapporto con il ricorrente da parte dei responsabili aziendali e quella di cui al quarto motivo peqa quale la causa giustificativa dell’intimato licenziamento a tenore della relativa lettera e, dunque, secondo l’intenzione del datore quale ivi espressa doveva intendersi riferita anche alla contestata recidiva con riguardo a tutte le nove sanzioni irrogate, sicchè il venir meno di sei di esse avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale ad escludere la ricorrenza della causale anzichè, in contrasto con la volontà espressa dal datore, attribuire rilievo agli episodi pur nella stessa lettera indicate come caratterizzate da una gravità tale da fondare il disposto provvedimento espulsivo.
Ebbene, mentre il quinto motivo risulta inammissibile, non dando il ricorrente qui conto di aver sollevato tempestivamente, sin dal primo grado, l’eccezione relativa al carattere discriminatorio dei provvedimenti disciplinari subiti, il quarto deve ritenersi infondato, dovendo ritenersi corretta sul piano logico e giuridico la lettura – del resto non fatta oggetto di specifica impugnazione – operata dalla Corte territoriale della formula giustificativa del licenziamento recata dalla relativa lettera di comunicazione, lettura per la quale il duplice riferimento alla gravità delle condotte di cui alle contestazioni del 15.6 e del 14.7.2010 ed alla recidiva rispetto alle altre nove sanzioni irrogate riflette effettivamente una duplicità di causali e non una causale unica come vorrebbe il ricorrente, giacchè l’espressione letterale in cui ciascuna delle ragioni invocate è preceduta dal “sia” non comporta una valenza necessariamente congiuntiva anzichè alternativa.
Il che determina l’inammissibilità del primo e del secondo motivo, essendo le censure ivi formulate relative all’illegittimità di due delle sanzioni richiamate come rilevanti ai fini della recidiva e come tali prive di decisività.
Peraltro, anche il terzo motivo, relativo invece ad uno degli episodi ritenuti rilevanti per la lorogravità ai fini del licenziamento si rivela parimenti inammissibile, stante l’assoluta inconferenza delle censure mosse rispetto alla motivazione dell’impugnata sentenza che, ai fini della valutazione della sussistenza o meno della mancanza addebitata, prescinde del tutto dalla sussistenza o meno di un obbligo di reperibilità, circostanza in base alla quale il ricorrente pretenderebbe di andare esente da qualsiasi censura per non aver raccolto al di fuori dell’orario di lavoro la telefonata proveniente dall’azienda che annunciava per il giorno successivo un cambio del programma di consegna per fare corretto riferimento alla necessità per il dipendente di tenere un comportamento di buona fede nell’esecuzione del contratto pienamente riconducibile all’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c..
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020