Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2045 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 29/01/2010), n.2045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CALABRESE Donato – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28055-2005 proposto da:

M.G., C.F. (OMISSIS) elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato

RAUSEO NICOLETTA, che lo rappresenta e difende con delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 244, presso lo studio dell’avvocato RINALDI EMILIO, che la

rappresenta e difende con delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.C., R.A.;

– intimati –

sul ricorso 32420-2005 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato ANTINUCCI MASSIMO, che lo

rappresenta e difende con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G NICOTERA

29, presso lo studio dell’avvocato RAUSEO NICOLETTA, che lo

rappresenta e difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.M., R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2099/2005 della CORTE D’APPELLO di

ROMA,Seconda Sezione Civile, emessa il 12/04/2005; depositata il

12/05/2005, R.G.N. 9086/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato NICOLETTA RAUSEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’iter processuale può essere così ricostruito sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione del 15 marzo 1993 M.G., premesso che il 26 marzo 1991 aveva sottoscritto un contratto preliminare col quale i coniugi R. e C. si erano impegnati a vendergli – e specularmente egli si era impegnato ad acquistare – un terreno agricolo di circa 6.000 metri quadrati sito in (OMISSIS), confinante con altro fondo di cui era proprietario coltivatore diretto e che i promittenti venditori avevano tuttavia alienato il predio a A.C., anch’essa proprietaria di altro terreno confinante, chiese al Tribunale di Velletri di dichiarare nullo e inefficace nei suoi confronti il predetto contratto, e, per l’effetto, di dichiarare trasferito l’immobile in suo favore, a seguito dell’esercizio del diritto di riscatto.

Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono la domanda, segnatamente opponendo che il preliminare concluso dal M. era espressamente subordinato alla condizione che non fosse esercitata prelazione agraria da parte di altro avente diritto.

Con sentenza del 1 marzo 2003 il giudice adito respinse le domande dell’attore.

Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello di Roma, in data 12 maggio 2005, lo rigettò.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione M. G., formulando un unico, complesso motivo e notificando l’atto a A.C., C.M. e R.A..

Resistono con distinti controricorsi la C. e l’ A., quest’ultima proponendo altresì ricorso incidentale subordinato all’accoglimento del ricorso principale, affidato a due motivi.

Nessuna attività difensiva ha svolto il R..

Il M. ha poi notificato controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi proposti dal M.G. e da A.C. avverso la stessa sentenza.

1.1 Con l’unico motivo di ricorso M.G. denuncia violazione e falsa applicazione della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7 e della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere il giudice di merito risolto il conflitto fra i proprietari confinanti aventi diritto all’acquisto, dando la preferenza all’ A. sulla base del solo criterio della convenienza economica del mantenimento in vita del frutteto dalla stessa realizzato dopo l’acquisto del fondo, in quanto suscettibile di una potenzialità produttiva immediata, a differenza della trasformazione del terreno in vigneto programmata dal M., realizzabile a prezzo di esborsi considerevoli e idonea a dare frutti solo a seguito del decorso del tempo necessario alla maturazione della coltura vinicola. In definitiva il giudice di merito, facendo malgoverno dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. un., 18 ottobre 1986, n. 6123) e ignorando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che aveva privilegiato l’accorpamento dei fondi in favore del M., aveva considerato dirimente il fatto che la controparte, dopo l’acquisto, aveva ampliato la produzione frutticola del terreno già di sua proprietà e aveva notevolmente incrementato il numero delle piante presenti su quello in contestazione, mentre il M., per mettere a dimora una coltura viticola, avrebbe dovuto eliminare gli alberi da frutto colà impiantati. Secondo il ricorrente la Corte territoriale aveva così violato il principio per cui la verifica della sussistenza delle condizioni per l’esercizio del diritto di prelazione va fatta con esclusivo riferimento al momento in cui sorge il diritto stesso, a nulla rilevando le eventuali modifiche allo stato dei luoghi apportate dall’acquirente.

Erroneamente infine era stata sottovalutata la circostanza che, nel nucleo familiare del M., erano presenti persone giovani e con preparazione professionale specifica, e cioè in possesso dei criteri preferenziali previsti, per l’ipotesi che vi siano più confinanti aventi diritto a prelazione, dal D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 7.

2.1 Le critiche non hanno pregio.

La Corte territoriale ha motivato il suo convincimento rilevando che il fondo dell’ A. aveva una destinazione omogenea a quella del predio oggetto di retratto, mentre la trasformazione del terreno da frutteto a vigneto, ancorchè rispondente alla vocazione naturale delle zone agricole dei castelli romani e idonea a garantire una più ampia spalmatura dei costi fissi dell’azienda vitivinicola dell’attore, siccome evidenziato dal consulente tecnico d’ufficio, richiedeva investimenti considerevoli e tempi lunghi di realizzazione. Tali elementi sono stati considerati sufficienti a giustificare la conferma della scelta operata dal giudice di prime cure, a prescindere dalla rilevanza da questi attribuita alle dimensioni delle aziende delle parti, avendo il Tribunale ritenuto più utile l’accorpamento del fondo in contestazione alla proprietà dell’ A., in ragione della modestia dell’estensione della stessa.

2.2 Ritiene il collegio che siffatto apparato argomentativo sia ossequioso dei principi enunciati dalle sezioni unite di questa Corte, ormai assurti a diritto vivente, principi in forza dei quali, ove si verifichi una situazione di conflittualità tra una pluralità di coltivatori diretti di terreni diversi, tutti e ciascuno confinanti con il fondo rustico posto in vendita e titolari del diritto di prelazione e di riscatto di cui alla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, comma 2, spetta al giudice decidere a chi accordare la prevalenza, tenendo conto che la norma ha di mira l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda diretto-coltivatrice che maggiormente realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria, di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico, di talchè elementi come entità, caratteristiche topografiche dei terreni in possibile accorpamento, esuberanza della forza di lavoro che i confinanti siano in grado di riversare sul predio in vendita, nonchè stabilità nel tempo dell’azienda incrementanda vanno valutati in tale prospettiva (Cass., sez. un., 18 ottobre 1986, n. 6123; Cass. 18 luglio 1991, n. 7970; Cass. 8 agosto 1995, n. 8701; Cass. 28 novembre 1998, n. 12092;

Cass. 1 aprile 2003, n. 4916; Cass. 20 gennaio 2006, n. 1106).

In realtà, il ricorrente, lungi dal censurare l’interpretazione che il giudice del merito ha dato alla L. n. 817 del 1971, art. 7 si duole che l’esito della lite sia stato sfavorevole alle proprie aspettative, per essere state le risultanze di causa valutate in modo difforme da quanto da lui prospettato. A ciò aggiungasi che l’assunto secondo cui erroneamente sarebbe stata data rilevanza alla destinazione a frutteto impressa dall’ A. al terreno oggetto di lite, dopo l’acquisto (laddove, ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione, occorre fare esclusivo riferimento allo stato dei luoghi esistente nel momento in cui sorge il diritto stesso), è frutto di un’erronea percezione della ratio decidendi del provvedimento impugnato. E invero, da una lettura, per non cursoria che sia, dello stesso, emerge che il giudice di merito ha considerato esclusivamente la destinazione del predio in contestazione al momento dell’esercizio del diritto di prelazione, avendo valutato la sola omogeneità delle colture in atto sui due fondi.

2.3 La censura è manifestamente infondata anche nella parte in cui denuncia mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla omessa considerazione della composizione del nucleo familiare del M..

Si ribadisce, in proposito, che la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo allorchè nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile un insanabile contrasto tra le argomentazioni addotte, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, ovvero il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, con la precisazione che il decidente non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n. 4, che egli esponga, in maniera chiara e concisa, gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della decisione. Ove ciò sia, devono invero ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (confr. Cass. civ., 3, 12 gennaio 2006, n. 407).

Venendo al caso di specie, la Corte ha evidentemente ritenuto dirimente – e assorbente, rispetto a ogni altro elemento, quale la particolare attitudine professionale dei familiari del M. – la razionalità dell’accorpamento del fondo oggetto di retratto alla piccola unità già in possesso dell’ A., in vista della costituzione dì una cellula produttiva significativa sul piano tecnico ed economico.

E siffatto giudizio, frutto di un apprezzamento discrezionale formulato nell’osservanza dei principi che governano la materia e motivato in maniera congrua ed esaustiva sfugge al sindacato di legittimità.

3 Nel rigetto del ricorso principale resta assorbito l’esame del ricorso incidentale, espressamente subordinato al suo accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.200 (di cui Euro 200 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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