Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1690 del 27/01/2010

Cassazione civile sez. III, 27/01/2010, (ud. 11/11/2009, dep. 27/01/2010), n.1690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. DUILIO 22,

presso l’AGENZIA OMNIA SERVICE SRL, rappresentato e difeso

dall’avvocato STARA SALVATORE giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA in persona dei suo legali rappresentanti

pro tempore, Dott. D.T.D. e Sig. R.G.,

elettivamente e’ domiciliata in ROMA, VIA LUIGI SETTEMBRINI 28,

presso lo studio dell’avvocato BAIOCCHI ATTILIO, che la rappresenta e

difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

EDILTECNO COSTR SRL, C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 473/2004 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

emessa il 12/11/2004, depositata il 28/12/2004, R.G.N. 404/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

11/11/2009 dal Consigliere Dott. FILADORO Camillo;

udito l’Avvocato ATTILIO BAIOCCHI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per la inammissibilita’ e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 22 novembre – 28 dicembre 2004 notificata in data 30 marzo 2005, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava C.G. responsabile esclusivo dell’incidente stradale verificatosi il (OMISSIS), condannando lo stesso, in solido con la compagnia di assicurazione, Assicurazioni Generali spa e la proprietaria del furgone condotto dal C., la Ediltecno Costruzioni s.r.l. al risarcimento dei danni subiti da S.C..

I giudici di appello osservavano che – contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado – era stato accertato l’esatto punto dello scontro e la dinamica dell’incidente.

Sulla base dei rilievi puntuali, compiuti dai Carabinieri intervenuti sul posto, doveva concludersi che l’incidente si era verificato per colpa esclusiva di C., che alla guida del furgone Ford Transit di proprieta’ di Ediltecno srl – impegnando l’incrocio della strada statale (OMISSIS) ad alta velocita’, nel tentativo di superare l’auto dello S., gli aveva repentinamente tagliato la strada con una pericolosa manovra di svolta a sinistra, anziche’ attendere che l’auto dello S. superasse l’area dell’incrocio.

Tutti gli elementi raccolti deponevano per una velocita’ assai ridotta della vettura dello S., al quale pertanto non poteva essere imputata alcun elemento di colpa. Egli aveva frenato non appena aveva scorto il furgone approssimarsi all’incrocio ed aveva tentato, tra l’altro, di sterzare sulla destra finendo nella cunetta laterale per evitare l’incidente.

Dopo aver osservato che la riduzione permanente della integrita’ fisica dello S. poteva essere correttamente valutata intorno al 18 – 20% anziche’ al 30 – 35% come dedotto dallo stesso appellante, la Corte territoriale escludeva che lo stesso – peraltro in possesso di pensione di invalidita’ da oltre 27 anni e dell’eta’ di 65 anni – avesse fornito la prova di una collaborazione continua in favore della moglie, in qualita’ di agente di commercio.

Proprio le condizioni particolari descritte dallo stesso S., ad avviso della Corte territoriale, imponevano una indagine particolarmente rigorosa in ordine all’effettivo di svolgimento di attivita’ lavorativa retribuita in favore della moglie.

Tra l’altro, l’appellante S. non aveva prodotta alcuna documentazione, fiscale o contabile, idonea a dimostrare il suo assunto, e dunque non vi era alcuna prova che egli lavorasse per conto della moglie malata.

Sotto altro profilo, sottolineavano i giudici di appello, anche ad ammettere che lo S. avesse lavorato prima del sinistro, mancava la prova che lo S. avesse cessato ogni attivita’ dopo l’incidente per cui e’ causa.

Rielaborando i calcoli gia’ operati dal primo giudice, la Corte territoriale concludeva che la somma ricevuta dallo S. a titolo di risarcimento del danno da parte della compagnia di assicurazione era comunque tale da superare abbondantemente l’importo risultante dalla liquidazione operata dagli stessi giudici di appello.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione lo S. con cinque distinti motivi.

Resiste la compagnia di assicurazione assicurazioni Generali con controricorso. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie.

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c. e segg. e dell’art. 112 c.p.c. sul danno biologico (valutato dalla Corte territoriale intorno al 28 – 30% anziche’ al 18 – 20%). La motivazione della decisione doveva essere ritenuta in parte carente per la mancata considerazione e confutazione delle difese svolte dallo S.. Secondo il ctu vi era stato comunque un aggravamento delle condizioni fisiche dell’infortunato, sicche’ anche la somma da riconoscere a titolo di risarcimento danni per i postumi permanenti di natura invalidante non poteva che essere superiore a quella gia’ riconosciuta dal primo giudice.

Le censure sono prive di fondamento.

E’ affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, non le abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, giacche’ il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni – tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente d’ufficio quale proprio ausiliare – per le quali sia addivenuto ad una conclusione anziche’ ad un’altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Non e’ questa tuttavia la ipotesi che ricorre nel caso di specie, nel quale la Corte territoriale ha spiegato le ragioni per le quali non era possibile accogliere le critiche sollevate alla consulenza tecnica di ufficio dallo S..

L’ausiliare del giudice, hanno ricordato i giudici di appello, era stato chiamato a chiarimenti su richiesta dello stesso appellante.

Il consulente di ufficio, dopo un attento esame e dopo aver disposto una serie di esami obiettivi e strumentali, aveva sostanzialmente confermato la valutazione espressa sei anni prima, confermando che non vi era stato peggioramento delle condizioni fisiche del soggetto, valutando i postumi permanenti nell’ordine del 18/20%.

Ma vi e’ di piu’, poiche’ la Corte ha ritenuto anche di dover sottolineare che la pretesa dello S. di ottenere una valutazione complessiva nell’ordine del 30/35% non poteva trovare giustificazione ne’ nella letteratura medica, ne’ nelle condizioni obiettive riscontrate ed effetto dell’incidente stradale.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce (con riferimento alla sua ridotta capacita’ generica di lavoro) la violazione degli artt. 116, 117 e 350 c.p.c.. Doveva considerarsi infatti circostanza pacifica che lo S. collaborasse con la propria moglie, aiutandola nel suo lavoro e svolgendo in pratica la attivita’ di agente di commercio.

Non era pensabile, del resto, che egli, pensionato dal 1978 per invalidita’ non aiutasse la moglie, anche essa gravemente ammalata.

Il giudice avrebbe dovuto sentire le parti anche per esperire il tentativo di conciliazione.

Il motivo e’ infondato.

I giudici di appello, con motivazione logica, hanno ritenuto che lo S. non avesse fornito la prova di avere in precedenza collaborato con la moglie e di avere interrotto ogni precedente collaborazione dopo l’incidente.

Con il terzo motivo il ricorrente, in ordine al danno non patrimoniale, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. e delle norme e dei criteri per la valutazione del danno non patrimoniale.

Il danno morale doveva essere liquidata in misura pari ad un quinto anziche’ ad un ottavo del danno biologico.

Inoltre doveva riconoscersi il danno esistenziale derivato dalle gravi sofferenze e menomazioni subite (vita di relazione, moglie, parenti e amici).

Anche questi rilievi non colgono nel segno.

La Corte territoriale ha spiegato, con motivata argomentazione, le ragioni per le quali e’ giurala alla determinazione del risarcimento del danno morale, tenuto conto di tutte le circostanze del caso.

Con il quarto motivo, in ulteriore subordine, ancora sul danno non patrimoniale, il ricorrente osserva che in buona sostanza i giudici di appello avevano finito per operare una sorta di “reformatio in peius” pur in assenza di appello della controparte sulla liquidazione del danno morale.

Infatti, pur avendo – giustamente riconosciuto L. 6.000.000 per danno morale (negato invece dal Tribunale) – avevano finito per dare un importo complessivo inferiore a quello gia’ riconosciuto dal primo giudice.

Le censure sono infondate.

Con argomentazione assorbente di ogni altra questione, la stessa Compagnia di assicurazione ha precisato che in ogni caso il ricorrente S. non aveva alcun interesse a sollevare tale questione, avendo comunque ricevuto dalla spa Assicurazioni generali una somma superiore a quella liquidata dal primo giudice (L. 75 milioni nel 1995).

Con l’ultimo motivo il ricorrente denuncia violazione falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. e vizi della motivazione, sul punto della decisione che ha ritenuto di compensare tra le parti un terzo delle spese di causa, ponendo a carico dello S. i residui due terzi.

Anche questo motivo e’ infondato, poiche’ i giudici di appello hanno spiegato il provvedimento sulle spese in considerazione dell’esito globale della lite e del fatto che in buona sostanza lo S., pur avendo ottenuto il riconoscimento della esclusiva responsabilita’ dell’altro conducente, era risultato sostanzialmente soccombente in merito alla domanda di riconoscimento di ulteriori danni rispetto a quelli gia’ liquidati dal primo giudice (e soprattutto, rispetto alla somma gia’ ottenuta prima della causa dalla compagnia di assicurazione).

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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