Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12274 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 23/06/2020), n.12274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18513-2019 proposto da:

O.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto R.G. 1644/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA,

depositato il 9/5/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 6/3/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto del 9 maggio 2019 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da O.M. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, una volta giudicato non credibile il racconto del richiedente asilo (il quale aveva dichiarato di essere stato costretto a lasciare la Nigeria in quanto omosessuale), riteneva di conseguenza che non potesse riconosciuto il diritto al rifugio o alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), e osservava poi come le condizioni dello Stato di provenienza del medesimo (Edo State) non consentissero di ravvisare un conflitto armato interno da cui conseguisse una violenza indiscriminata tale da consentire di riconoscere la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); infine il Tribunale rappresentava come la non credibilità del racconto del migrante ostasse anche al riconoscimento della protezione umanitaria, tenuto conto peraltro che non era stata dimostrata un’effettiva integrazione in Italia, nè era stato allegato, nell’ottica di un giudizio comparativo, che l’espatrio fosse avvenuto per sfuggire a una condizione di vulnerabilità sotto il profilo della grave e sistematica violazione individualizzata dei diritti umani;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso O.M. prospettando un unico motivo di doglianza;

il Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa;

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. a), artt. 7 e 14: il Tribunale avrebbe ritenuto che la domanda di protezione internazionale dovesse essere rigettata sotto tutti i profili dedotti malgrado la vicenda narrata risultasse credibile e ben circostanziata e ricorressero quindi i presupposti per riconoscere la fondatezza delle richieste presentate;

3.2 il collegio di merito, all’esito del giudizio di non credibilità, ha ritenuto che il richiedente asilo non fosse meritevole di qualsiasi forma di protezione, sul presupposto che la mancata verosimiglianza del racconto del migrante, in uno con le condizioni del paese di origine e le ulteriori allegazioni addotte a suffragio della richiesta di riconoscimento delle varie forme di protezione, impedisse l’accoglimento della domanda;

a fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – il mezzo si limita a deduzioni astratte e di principio, che non scalfiscono la ratio decidendi e si limitano nella sostanza a sollecitare una rinnovazione del giudizio di credibilità e una rivisitazione dei fatti di causa;

una volta ricordato che la verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda compete al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 3340/2019, Cass. 21142/2019), non si può che constatare l’inammissibilità del motivo, tale dovendosi qualificare il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 8758/2017); 4. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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