Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12056 del 22/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12056
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17121-2018 proposto da:
C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato SALVATORE DEFILPO;
– ricorrente –
contro
D.L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO
GRAMSCI, 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA CATTEL,
rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO RONDINONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 652/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 30/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI
MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Potenza con decisione in data in data 30-11-2017, ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Matera in data 20 ottobre 2016 in sede di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da C.F. e D.L.M. e respinto la domanda di C.F. di assegno divorzile ed attribuzione di una quota di trattamento di fine rapporto. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione C.F. affidato ad un motivo e memoria. D.L.M. resiste con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso, la ricorrente C.F. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 in quanto il giudice territoriale ha omesso la pronuncia sulla domanda avente ad oggetto la quota di trattamento di fine rapporto erogata in favore dell’ex coniuge D.L.M.. Sul punto la Corte di Appello non si era pronunciata ritenendo mancante uno specifico motivo di appello che secondo la ricorrente era stato invece, sebbene implicitamente, proposto.
Infatti la Corte di Appello di Potenza ha confermato la sentenza di primo grado in ordine al mancato riconoscimento dell’assegno divorzile e nulla ha disposto in ordine all’attribuzione di una quota di trattamento di fine rapporto mentre dalla lettura dell’atto di appello risulta che la C. aveva impugnato sul punto la sentenza del Tribunale.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Occorre considerare che la ricorrente, non essendo titolare di assegno divorzile, non aveva diritto alla quota del TFR e pertanto la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Potenza, che pur ha omesso di pronunciarsi sul motivo di appello, non avrebbe alcuna utilità per la ricorrente che giammai potrebbe ricevere la quota del TFR dell’ex marito.
A tal riguardo questa Corte con Sez. 5 -, Sentenza n. del 28/06/2017 in analoga fattispecie riguardante l’omessa pronuncia su un motivo di appello ha statuito che: “Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto. ”
La pronuncia impugnata merita quindi di essere confermata.
Per quanto sopra il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese della ricorrente. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente della L. n. 74 del 1987, ex art. 19 e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115m, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.100,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali del 15% ed accessori di legge.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta/prima sezione della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2020.
Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020