Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11609 del 16/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 16/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 16/06/2020), n.11609
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 6558-2019 proposto da:
C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato COSTANTINO NARDELLA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1491/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 04/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LINA
RUBINO.
Fatto
RILEVATO
che:
1. C.R. propone due motivi di ricorso, nei confronti del Ministero della Giustizia, per la cassazione della sentenza n. 1491/2018 della Corte d’Appello di Bari, pubblicata il 4.9.2018.
2. Questi i fatti:
– il C. agiva nei confronti del Ministero, assumendo di aver trascorso svariati periodi di detenzione e di non essere stato adeguatamente informato, nel corso di essi, dall’amministrazione penitenziaria, della sua sieropositività all’HIV, il che gli avrebbe consentito di sottoporsi alle adeguate terapie farmacologiche per evitare il passaggio dalla sieropositività alla contrazione dell’AIDS;
– soltanto nel 2000, a seguito di controlli medici eseguiti durante un successivo periodo di detenzione, dai quali emergeva aver contratto l’AIDS, apprese che risultava iscritto negli elenchi dei sieropositivi fin dal 1986, data in cui era stato detenuto presso la casa circondariale di (OMISSIS), che l’ospedale aveva avvisato la casa circondariale senza che questa a sua volta lo avvisasse;
– il tribunale rigettava la domanda, ritenendo che l’attore non avesse fornito la prova dell’omessa informazione da parte della casa circondariale e neppure del nesso causale tra infezione da virus HIV ed evoluzione della malattia in AIDS;
– la corte d’appello confermava la decisione di primo grado, escludendo che l’attore avesse fornito la prova del nesso causale tra la pretesa omessa informazione del 1986 e l’evoluzione della sieropositività in AIDS conclamato, ed ritenendo: che nel 1986 non fu possibile sottoporlo al test HIV perchè pur avendone dato il consenso, quando la comunicazione era arrivata era ormai fuori dal carcere perchè posto agli arresti domiciliari; che successivamente, nel 1989, detenuto presso altro carcere, aveva rifiutato di sottoporsi al test HIV; che prima di scoprire la malattia era stato in condizione di libertà per dieci anni, dal 1990 al 2000, senza effettuare alcun tipo di controllo in ordine alla malattia, pur sapendo di essere stato esposto al contagio anche in virtù della sua condizione di tossicodipendente.
3. Il Ministero non ha svolto attività difensive in questa sede, essendosi limitato a depositare un “atto di costituzione per la partecipazione alla discussione orale”.
4. La causa è stata inizialmente avviata per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, sulla base di una proposta del relatore designato di definizione del ricorso con declaratoria della manifesta infondatezza dello stesso.
Il Collegio ritiene non sussistenti le condizioni per la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., per la rilevanza delle questioni agitate, tra cui quella dell’ambito degli obblighi di informazione nei confronti del cittadino e del detenuto da parte dell’amministrazione che ne accerti per fini istituzionali le condizioni di salute.
P.Q.M.
Rimette la causa alla terza Sezione civile.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020