Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1176 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 22/01/2010), n.1176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 6861 R.G. 2005, proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle

persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

S.A., rappresentato e difeso, con procura a margine

del controricorso, dall’avv. CILIEGI Sergio, ed elettivamente

domiciliato in Roma, alla Via Pinciana 25, presso lo Studio dell’avv.

Daniela FIORETTI;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale dell’Emilia Romagna in data 18 ottobre 2004, depositata col

n. 2/17/04 il 29 novembre 2004.

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il

rigetto del ricorso per manifesta infondatezza;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che:

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate ricorrono, con tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, indicata in epigrafe, che ha respinto il gravame dell’Agenzia delle entrate, Ufficio di Bologna (OMISSIS), avverso la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale di Bologna aveva accolto il ricorso del contribuente S.M. – esercente attività di dottore commercialista – contro il silenzio rifiuto sull’istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999 e 2000.

Denunciano in ordine successivo, i ricorrenti: ) “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere il giudice a quo operato una erronea inversione dell’onere probatorio, in un caso di azionata ripetizione di indebito;

2) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1”, per avere il medesimo valorizzato, in relazione alla attività svolta, l’intuitus personae rispetto al requisito della autonoma organizzazione;

3) “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, sotto altro profilo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “, poichè, con riguardo al requisito sopra indicato, non acquistano decisivo rilievo la modestia degli strumenti impiegati e la presenza di un unico dipendente.

Il S. resiste con controricorso.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

Pur se la prima censura appare formalmente corretta, essa risulta in concreto superata dall’accertamento di merito, operato dal giudice a quo, che le successive due censure non valgono ad indubbiare, nella presente sede di legittimità. E’ infatti consolidato indirizzo di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.

L’accertamento di merito condotto nella sentenza impugnata si è risolto favorevolmente per il contribuente, che “esercitava l’attività professionale ed era in possesso, come non disconosciuto dall’Ufficio, di beni strumentali non patrimonialmente di valore rilevante, senza oneri di altra natura”: al qual riguardo, è appena il caso di rilevare il difetto di autosufficienza del terzo motivo, per ciò che attiene all’asserito impiego di un dipendente.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. I rilievi che precedono valgono nei riguardi della sola Agenzia delle entrate, giacchè, per quanto attiene alla posizione del Ministero delle finanze, il ricorso si presenta addirittura inammissibile, per non essere lo stesso stato parte nel giudizio di appello (Cass., Sez. un., 3116/2006).

Ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra tutte le parti le spese della presente fase: quanto ai rapporti con l’Agenzia, perchè l’indirizzo giurisprudenziale richiamato si è andato consolidando dopo la proposizione del ricorso (inizi del 2007);

quanto ai rapporti col Ministero, perchè la sua presenza in giudizio non ha cagionato al contribuente alcun aggravio di spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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