Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29725 del 29/12/2011
Cassazione civile sez. III, 29/12/2011, (ud. 04/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29725
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.R.R.P. (OMISSIS), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato
ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dall’avvocato GRIMALDI PIER
PAOLO giusto mandato in atti;
– ricorrente –
contro
A.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LUTEZIA,8, presso lo studio dell’avvocato CAMPAGNOLA
ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GENTILE
VITTORIO giusto mandato in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 947/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 29/09/2008 R.G.N. 1527/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato PIER PAOLO GRIMALDI;
udito l’Avvocato ANTONIO CAMPAGNOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso con l’inammissibilità in
subordine il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 29-9-2008 la Corte di Appello di Bari,in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda di risoluzione di comodato senza determinazione di durata proposta da C. A. nei confronti di G.R.R.P., ordinando a quest’ultimo di rilasciare immediatamente una villetta di proprietà dell’ A..
La Corte di appello ha ritenuto che il G. detesse l’immobile a titolo di comodato precario, sul rilievo che era pacifico che l’immobile gli era stato consegnato dal proprietario e che egli si era rifiutato di restituirlo alla richiesta, senza provare il diverso titolo che ne giustificava la disponibilità, non essendo a tal fine idoneo il documento dei 18-1-83 che non integrava un contratto preliminare ad effetti anticipati. Propone ricorso per cassazione G.R.R.P. con due motivi e presenta memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso A.C. illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..
Il Collegio invita il relatore a redigere una sentenza con motivazione semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e formula il seguente quesito di diritto -.richiede di sapere se il giudice di appello ha facoltà di porre a fondamento della decisione eccezioni relative a documentazione depositata dalle parti e mai da queste sollevate e, soprattutto non rilevabili di ufficio, e se può chiedere che il convenuto oltre le prove scritte che disconoscono l’esistenza del rapporto contrattuale definito dall’attore,quali fichi giuridicamente il diverso rapporto dedotto.
2. Il motivo è inammissibile.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26020.
2.1 Il ricorrente nel quesito da già per risolta in senso affermativo la violazione dell’art. 112 c.p.c., denunziata nell’esordio del motivo, dando per accertato che le eccezioni poste a fondamento della decisione di appello non siano mai state sollevate dalle parti e non siano rilevabili di ufficio.
Inoltre l’uso generico del termine “parti” non tiene conto che nell’ambito della dinamica processuale e del regime delle eccezioni è necessario individuare da quale parte processuale ed in che fase processuale è stata sollevata o meno l’eccezione in contestazione.
Il quesito poi fa riferimento ad una generica documentazione senza qualificare la natura giuridica del documento contestato.
Nella parte finale del quesito si domanda se il giudice di appello può chiedere che il convenuto, che abbia già fornito prove scritte che disconoscono l’esistenza del rapporto contrattuale definito dall’attore, qualifichi diversamente il diverso rapporto dedotto.
Di nuovo il ricorrente da per dato certo una circostanza smentita da giudice di appello, vale a dire che il convenuto abbia fornito la prova scritta dell’inesistenza del contratto.
2.2. Conclusivamente il quesito di diritto non individua la regula iuris asseritamene violata dal giudice, pone come presupposto già accertato la violazione dell’art. 112 c.p.c., indicata dell’intestazione del motivo, di tal che la riposta affermativa allo stesso non consentirebbe l’affermazione di un principio di diritto applicabile in generale.
3. Con il secondo motivo si denunzia difetto di motivazione ex art. 360, n. 5.
4. Il motivo è inammissibile.
In relazione al vizio di motivazione, questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo come, nell’esigere la “chiara indicazione” delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, l’art. 366 bis c.p.c., richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, l’assolvimento di tale onere pertanto richiedendo che una parte del medesimo venga ad essa “specificamente destinata” (v. Cass. 18/7/2007, n. 16002), quale “momento di sintesi … che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare l’incertezze, nè in sede di formulazione del ricorso, nè in sede di valutazione della sua ammissibilità (in tali sensi la relazione al D.Lgs. n. 40)”, invero “omologo” del quesito di diritto (v. Cass. Sez. Un., 1/10/2007, n. 20603).
4.1. Nella fattispecie il ricorrente non si è attenuto ai suindicati principi.
Il ricorso non reca infatti la specifica formulazione di un momento di sintesi, nè la “chiara indicazione” del “fatto controverso” e delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione nei termini più sopra indicati, lamentando genericamente che il giudice di appello ha effettuato una lettura parziale ed incompleta dei documenti, Il ricorso è inammissibile e le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011