Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29156 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.F.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Friuli Venezia Giulia, sez. 11 Trieste, n. 33,

depositata il 18.6.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Stefano Olivieri;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

PREMESSO

con sentenza 18.62008 n. 33 la CTR della regione Friuli Venezia Giulia sez. 11 Trieste, rigettando l’appello proposto dall’Ufficio di Tolmezzo della Agenzia delle Entrate, confermava la decisione della CTP di Udine n. 149/5/2005 e – dato atto della cessata materia del contendere in ordine alla impugnazione degli avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio finanziario ai fini IRPEF ed IRAP per gli anni 1998-2000 per intervenuta conciliazione tra le parti – dichiarava illegittimi detti avvisi in ordine alle maggiori somme pretese a titolo IVA per gli stessi anni in quanto emessi in violazione del termine dilatorio di gg. 60 dalla consegna del PVC previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 ed affetti da carenza di potere e da eccesso di potere “per difetto di motivazione circa la sussistenza dei motivi di particolare e motivata urgenza che avrebbero effettivamente consentito la emanazione prima dello spirare del termine”.

Avverso la sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate con atto spedito in data 18.9.2009 per la notifica ex art. 149 c.p.c., deducendo due motivi e depositando memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Non ha resistito l’intimato.

Rilevato:

– che la relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha concluso per il rigetto del ricorso osservando quanto di seguito trascritto:

“………entrambi i motivi con i quali la ricorrente censura la sentenza per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 sono infondati.

Se deve ritenersi affermazione giuridicamente scorretta, quella contenuta in sentenza, secondo cui l’avviso emesso prima della scadenza del termine dilatorio costituisce atto emesso in carenza di potere (in concreto) della PA, rimanendo ciò escluso dalla funzione che il termine di legge esplica nella fase istruttoria del procedimento amministrativo (consentire la partecipazione del privato), e che non consente di configurarlo come presupposto di fatto operante ab externo rispetto alla norma attributiva del potere di accertamento ed impositivo tale da condizionare la stessa insorgenza della potestà, occorre rilevare che la mancata espressa previsione nella norma della sanzione di nullità dell’avviso emesso anteriormente alla scadenza del termine assegnato al contribuente per intervenire nel procedimento e comunicare le proprie osservazioni e controdeduzioni, non costituisce argomento dirimente, dovendo essere rinvenuto il fondamento di tale sanzione nella medesima L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 – che rinvia alla L. n. 241 del 1990, art. 3 – e, per quanto concerne la imposta sul valore aggiunto, nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5 – introdotto dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 2, comma lett. b) – che sanziona a pena di nullità la omessa motivazione degli avvisi in ordine ai presupposti di fatto e di diritto che ne hanno determinato la emissione, e dovendo pertanto essere risolto il quesito di diritto sottoposto alla Corte alla stregua del principio secondo cui l’avviso di accertamento, secondo quanto previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di particolare e motivata urgenza. La sanzione di invalidità dell’atto – prevista in via generale dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies e con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA rispettivamente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, – consegue, quindi, solo quando l’avviso medesimo non rechi motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione (cfr. Corte cass. 5^ sez. 3.11.2010 n. 22320). Tale principio di diritto non si pone in contrasto con il precedente richiamato dalla ricorrente (Corte cass. 5^ sez. ord. 18.7.2008 n. 19875, non massimata al CED), avendo in quel caso affermato la Corte che la mera violazione del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 non inficia ex se di invalidità l’atto impositivo, implicitamente confermando il principio di diritto sopra enunciato secondo cui la invalidità consegue, invece, alla omessa motivazione sul presupposto di fatto delle ragioni di urgenza.

Il primo motivo deve essere, pertanto, disatteso.

Anche il secondo motivo è infondato atteso che l’ulteriore requisito del concreto pregiudizio subito dal contribuente è estraneo ai paradigma della norma disciplinatrice del procedimento e di quella sanzionatoria, conseguendo la pronuncia costitutiva di annullamento al mero accertamento del vizio di legittimità, in quanto manifestazione dello scorretto esercizio del potere autoritativo e perciò stesso lesivo dei principi di efficienza ed imparzialità della PA: diversamente opinando il vizio di legittimità di eccesso di potere (nel quale va ricondotto il vizio attinente alla motivazione dell’atto amministrativo), al pari degli altri vizi di legittimità, verrebbe ad essere destituito di ogni rilievo nell’ambito del giudizio di tipo impugnatorio, rimanendo in tal modo sostanzialmente elusa la norma conformativa dell’esercizio della potestà amministrativa in relazione all’interesse pubblico dalla stessa perseguito (da individuarsi, nella specie, nella urgenza di provvedere, senza attendere il termine dilatorio, al fine di non pregiudicare le ragioni creditorie dell’Erario, urgenza che deve appunto essere specificamente indicata e motivata nell’atto impositivo)…………”.

Ritenuto:

– che le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione debbono essere condivise non apparendo dirimenti in contrario gli argomenti svolti dalla ricorrente nella memoria difensiva.

Ritenuto:

– che il ricorso deve essere, pertanto, rigettato senza pronuncia sulla spese in difetto di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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