Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29402 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23404-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

MOBILIA FABRIZIO, giusta mandato speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/2/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di PALERMO – Sezione Staccata di MESSINA del 17.4.08,

depositata il 04/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINI COSENTINO.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. A.A. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, accogliendo in parie qua l’appello del contribuente, ha specificato misura e decorrenza degli interessi al medesimo spettanti sul capitale che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto essergli dovuto, previa riliquidazione dell’IRPEF sul trattamento di fine lavoro, a titolo di rimborso delle somme trattenute in eccesso dall’ente pubblico datore di lavoro.

Il ricorso si fonda su un solo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3 con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e della L. n. 413 del 1991, art. 11, commi 5 e segg., per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato la decadenza dal diritto al rimborso in cui il contribuite era incorso per aver presentato la relativa domanda oltre il termine di 18 mesi dalla data in cui era stata operata la ritenuta.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito: Dica la Corte se la sentenza emessa dai giudici d’appello abbia violato o meno il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 non essendo in essa stata rilevata l’intempestività dell’istanza di rimborso, il cui termine di presentazione è stabilito a pena di decadenza entro diciotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata”.

Il motivo è inammissibile sotto due profili.

In primo luogo, l’inammissibilità deriva dalla difformità del quesito di diritto rispetto al paradigma fissato dall’art. 366 bis c.p.c., giacchè con detto quesito non si investe la Corte della richiesta di indicare, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1972, art. 38 quale sia l’interpretazione corretta tra due ipotesi alternative – quella adottata nella sentenza impugnata e quella, diversa, che il ricorrente assume essere esatta (cfr. Cass. 24339/08, Cass. 4044/09) – ma si propone una questione di fatto che esula dall’ambito del giudizio di legittimità, ossia se sia tempestiva la domanda di rimborso presentata dal contribuente (senza peraltro che dal quesito risulti se il versamento delle ritenute sia avvenuto in più tranches e se l’eccedenza si sia verificata già dal versamento della prima tranche o solo col versamento del saldo).

In secondo luogo, l’inammissibilità deriva dal giudicato interno formatosi sul diritto del contribuente al rimborso, a seguito del mancato appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che tale diritto aveva riconosciuto (appellata, come riferisce Sa sentenza gravata, solo dal contribuente, in punto di misura e decorrenza degli interessi sul capitale). Inconferente, al riguardo, è il riferimento della difesa erariale al principio della rilevabilità in ogni stato e grado del giudizio della decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 giacchè tale principio non vale a superare la preclusione derivante dalla formazione del giudicato interno (Cass. 791/20 1, Cass. i 605/2008, Cass. 8606/96).

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con la declaratoria di inammissibilità del ricorso”;

che il contribuente si è costituito con controricorso;

che la relazione è stata comunicata al P.M. e notificata alle parti;

che non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni e le conclusioni esposte nella relazione;

che pertanto il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al contribuente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 350 per onorari, oltre Euro 100 per esborsi e spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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