Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10517 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 03/06/2020), n.10517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso 35299-2018 proposto da:

B.E., L.A., LI.AL., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE MERCALLI 13, presso lo STUDIO

LEGALE PISELLI & PARTNERS, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIANNI MARCO DI PAOLO;

– ricorrenti –

contro

GUBER SPA, RELEASE SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2697/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LINA

RUBINO.

Fatto

B.E., L.A. ed Li.Al. propongono ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, nei confronti di Guber s.p.a. e Release s.p.a., per la cassazione della sentenza n. 2697 del 2018 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 24.4.2018, con la quale la corte territoriale, contrariamente a quanto statuito dal giudice di primo grado, accoglieva l’azione revocatoria proposta nei loro confronti da Release s.p.a., volta alla declaratoria di inefficacia nei suoi confronti dell’atto con il quale la B. aveva costituito in trust numerosi beni immobili.

Le intimate non hanno svolto attività difensive in questa sede. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il Collegio condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso del rigetto del ricorso.

E’ stato impugnato con azione revocatoria, da parte due società creditrici, l’atto del 2010 con il quale B.E., unica erede accettante l’eredità di L.U., ha costituito un trust in favore dei propri figli, comprendente alcuni beni immobili.

La corte d’appello riteneva che i crediti nei confronti della B. fossero sorti prima dell’atto dispositivo, in quanto relativi all’acquisto in locazione finanziaria di uno yacht da parte del defunto marito, e che senza dubbio la costituzione dei beni in trust rendesse di gran lunga più complessa la soddisfazione dei creditori.

I ricorrenti denunciano con il primo motivo l’insussistenza congiunta dei presupposti soggettivo ed oggettivo per l’accoglimento dell’azione revocatoria, nonchè contestano il valore di accettazione tacita dell’eredità da parte della B., discendente dalla comunicazione con la quale la ricorrente manifestava la sua volontà di restituire lo yacht, oggetto di leasing sottoscritto dal defunto marito, non essendo più in grado di pagare i canoni di locazione.

Con il secondo motivo denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella prova dell’eventus damni, con il terzo denunciano la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente.

Con il quarto motivo, i soli Li.Al. e L.A. denunciano la violazione dell’art. 91 c.p.c., laddove sono stati condannati a rifondere le spese alle società attrici in revocatoria, benchè siano rimasti contumaci sia in primo grado che in appello: sostengono di non aver dato causa al processo, per non averlo introdotto e per non aver neppure resistito in giudizio, e che quindi lo svolgimento dell’altrui attività defensionale non possa essere posto a loro carico.

I motivi proposti sono infondati.

Quanto al primo, la decisione impugnata non si è discostata dai consolidati principi di diritto seguiti dalla Corte in materia di azioni revocatorie, dalla affermazione secondo la quale in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonchè, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (da ultimo, in questo senso Cass. n. 16221 del 2019).

Il punto relativo al valore di accettazione tacita della comunicazione in cui la vedova diceva di riprendersi lo yacht “non essendo più in grado di pagare i canoni di locazione finanziaria” è in primo luogo inammissibile, perchè tendente ad impegnare la Corte in una diretta attività interpretativa della predetta comunicazione, attività che si colloca al di fuori dell’oggetto del giudizio di legittimità. Il profilo dedotto è inoltre irrilevante, perchè ciò che qui rileva è che la disponente abbia avuto conoscenza dell’esistenza dell’obbligazione, circostanza non oggetto di discussione, e che la stessa ha comunque certamente accettato l’eredità e costituito il trust.

Quanto al secondo motivo di ricorso, il vizio di motivazione non è denunciato nei ristretti limiti di rilevabilità di esso sulla base della formulazione attuale dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La violazione di 115 e 116 non è dedotta secondo i criteri di cui a Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi in motivazione da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016. Lla violazione dell’art. 2729 c.c. non è dedotta secondo I criteri mancanti da Cass Sez. Un., n. 1785 del 2018.

Quanto al terzo motivo, la motivazione, bènchè sintetica, non è apparente e si fa carico di verificare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria.

Il quarto motivo è infondato, in quanto ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio, rendendo necessaria l’azione per far conseguire all’attore il risultato legittimamente desiderato; ne consegue che la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta, se ne rimanga comunque necessario l’accertamento giudiziale (v. Cass. n. 13498 del 2018).

Si dà atto che è stato depositato certificato di morte dell’unico difensore dei ricorrenti, i quali dopo la comunicazione del decesso non hanno provveduto alla nomina di un nuovo difensore. La richiesta di rinvio non è accoglibile, nulla avendo allegato i ricorrenti in merito al momento in cui sono venuti a conoscenza della morte del difensore.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte degli intimati.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e i ricorrenti risultano soccombenti, pertanto sono gravati dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 3 giugno 2020

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