Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9944 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. I, 27/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 27/05/2020), n.9944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33205/2018 proposto da:

T.I., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico N.

38 presso lo studio dell’avvocato Santulli Teresa che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1351/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 12/2/2018, pubblicata il 22/5/2018 ha rigettato l’appello avverso la decisione del Tribunale di Venezia di conferma del provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da T.I. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona di essere fuggito dal proprio paese perchè era stato costretto contro la sua volontà ad arruolarsi con i ribelli dediti al saccheggio ed al banditismo e temeva di essere ucciso da loro in caso di suo rientro in patria.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 2008, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello di Venezia non ha concesso la protezione umanitaria.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte territoriale non ha concesso la protezione umanitaria nonostante l’integrazione sociale raggiunta e lo svolgimento di attività lavorativa.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo è inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dalla Corte di Appello in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Nella specie, la Corte territoriale non è venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, avendo piuttosto ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata la sua assenza.

La censura in ogni caso si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il secondo motivo di ricorso è infondato. Le circostanze della avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez. 1 n. 4455/2018). Il ricorso deve pertanto essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso per cassazione, ove dovuto, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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