Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9519 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, (ud. 15/11/2019, dep. 22/05/2020), n.9519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36654/2018 proposto da:

D.H., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Rosaria Tassinari, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1312/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2019 dal consigliere Paola Vella.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Bologna ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino senegalese D.H. avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna di diniego della protezione internazionale o umanitaria.

2. Il ricorrente ha impugnato la decisione con ricorso affidato a un

unico motivo. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3 e sub 5” in quanto la corte d’appello avrebbe ancorato la valutazione della protezione umanitaria “esclusivamente alle ipotesi di tortura, pena di morte o altra condanna disumana o degradante”, senza considerare la condizione di vulnerabilità del ricorrente determinata dall’analfabetismo e dalla totale assenza di risorse cognitive personali, documentata da una relazione del Dipartimento di salute mentale dell’Ospedale di (OMISSIS).

3.1. La censura è inammissibile.

3.2. E’ noto che, per il conseguimento della cd. protezione umanitaria, “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 23778/2019 e, da ultimo, Cass. 1040/2020). Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente confermato (in linea con Cass. 4455/2018) come “l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, precisando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; conf., da ultimo, Cass. 630/2020). Ai fini di una simile verifica effettuabile dal giudice anche esercitando i propri poteri istruttori officiosi – risulta “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019).

5.3. Nel caso di specie, la corte territoriale ha espressamente valorizzato sia la “assoluta mancanza di credibilità e di autosufficienza delle circostanze narrate, con un minimo di riferimento obbiettivo a fatti e circostanze specifiche, pur in considerazione della difficoltà espressiva a causa della condizione di analfabetismo”, sia la “non inferenza della generica situazione del Senegal con la situazione personale del richiedente”, per trarne la conclusione della “insussistenza dei requisiti di protezione umanitaria”, rispetto alla quale il motivo prospetta sostanzialmente una diversa valutazione dei fatti allegati ed esaminati, non consentita in questa sede.

6. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, senza necessità di alcuna statuizione sulle spese processuali, in assenza di difese dell’intimato.

7. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, 23535/2019).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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