Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9249 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. III, 20/05/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 20/05/2020), n.9249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16889/2018 R.G. proposto da:

G.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca

Perugini e Arturo Perugini, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, viale Angelico, n. 301;

– ricorrente –

contro

Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia

Romagna (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dagli Avv.ti Marco Gorlani e Ilaria Romagnoli

Cognome, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in

Roma, via Livia Andronaco, n. 24;

– controricorrente –

e contro

Zurich Insurane Public Limited Company, rappresentanza generale per

l’Italia, in persona del rappresentante pro tempore

G.P., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Daniele Cattaneo e

Giovanni Pieri-Nerli, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Fabio Massimo, n. 95;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 681 della Corte d’appello di Brescia

depositata il 10 maggio 2017.

Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (OMISSIS), in forza delle risultanze di un accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Brescia, gli ingegneri G.G., B.G. e S.G., chiedendone la condanna al pagamento del costo di realizzazione degli interventi necessari per assicurare il corretto funzionamento di un impianto di trattamento e sterilizzazione delle acque reflue che gli stessi avevano malamente progettato.

I convenuti G. e B. venivano autorizzati a chiamare in causa le rispettive compagnie di assicurazione professionale, ossia la Zurich Insurance Company S.A. (oggi Zurich Insurance Public Limited Company) e la Milano Assicurazioni s.p.a. (oggi UnipolSai Assicurazioni s.p.a.), al fine di essere manlevati in caso di accoglimento della domanda spiegata nei loro confronti.

Il Tribunale rigettava la domanda nei confronti del B. e del S. e la accoglieva nei confronti del G.. Ravvisava, tuttavia, un concorso di colpa dell’Istituto ex art. 1227 c.c., per culpa in eligendo e in vigilando in fase di progettazione dell’impianto, sicchè, quantificati i danni subiti dall’Istituto in Euro 132.000,00, dichiarava il G. responsabile nella misura del 20% e lo condannava a pagamento della somma di Euro 26.400,00, oltre accessori e spese di giudizio. La domanda di manleva spiegata dal G. nei confronti della Zurich veniva rigettata sul presupposto che l’unica polizza in vigore – contrassegnata con il n. (OMISSIS) – copriva esclusivamente i costi di demolizione dell’opera (non anche quelli per modifiche, migliorie o rifacimento), il cui ammontare era inferiore alla franchigia.

L’Istituto Zooprofilattico appellava la sentenza in via principale, dolendosi dell’accertamento operato dal primo giudice in relazione all’an e al quantum della responsabilità del professionista. Il G. proponeva appello in via incidentale, in relazione al rigetto della domanda di manleva. Il B. e il S. restavano contumaci.

La Corte d’appello di Brescia, accogliendo l’appello principale, affermava la responsabilità esclusiva del G. ed escludeva un concorso di colpa dell’Istituto. Inoltre, condannava la Zurich a manlevare il G. per l’importo di Euro 485,55.

La decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione, articolato in due motivi, da parte di G.G.. Hanno resistito, con separati controricorsi, la Zurich Insurance Public Limited Company e l’istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (OMISSIS).

Tutte le parti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 1227 c.c. e l'”omessa motivazione su fatti decisivi”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La censura si rivolge contro la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il concorso di colpa dell’Istituto.

Secondo il G. le argomentazioni adoperate dalla Corte d’appello non sarebbero in grado di dimostrare che l’accertamento effettuato dal Tribunale in ordine al concorso di colpa fosse errato,

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con la conseguenza che la motivazione appare incongrua e illogica laddove (pag. 25) “pretende di confutare la motivazione del giudice di primo grado ricorrendo ad una argomentazione (quella relativa alla non riconoscibilità ex ante della mancanza di competenza del professionista) che, per un verso, risulta assorbita dalle emergenze istruttorie (dalle quali risulta pacificamente che tale incompetenza era nota fin dall’affidamento dell’incarico) e, per altro verso, non è pertinente rispetto al percorso motivazionale sviluppato dal primo giudice”.

Il motivo è inammissibile.

A prescindere dal nomen iuris e dall’indicazione delle norme che si assumono violate, in realtà l’intero motivo è volto a contestare la congruità della motivazione della sentenza impugnata e a sollecitare un riesame delle risultanze probatorie. Nessuna violazione di legge viene davvero prospettata.

Le censure dell’apparato argomentativo non sono ammissibili, in quanto il vizio di motivazione non è più previsto, dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fra i motivi di ricorso per cassazione per le sentenze pubblicate a decorrere dall’11 settembre 2012.

La rivisitazione del materiale probatorio non è, ovviamente, consentita in questa sede.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 1917 c.c. e l'”omessa motivazione” su un fatto decisivo, con riferimento alla parte della sentenza impugnata in cui si esclude l’operatività della polizza n. 2031, ritenendo che ad essa fossero succedute diverse polizze fino all’ultima, la n. ((OMISSIS)) (OMISSIS), volta a coprire esclusivamente i costi sopportati per la demolizione e non anche quelli per i rifacimenti o le modifiche dell’opera. Secondo il ricorrente, invece, la polizza n. (OMISSIS), collegata alla polizza base n. (OMISSIS) non era stata sostituita dalla quella n. (OMISSIS); era, piuttosto, la n. (OMISSIS) e non la n. (OMISSIS) ad essere stata sostituita dalla polizza n. 3810, cui è succeduta la n. (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile per due ordini di ragioni.

Anzitutto, la questione dedotta si risolve in un accertamento in fatto, non consentito nel giudizio di legittimità. Anche in questo caso il ricorrente non prospetta vere e proprie violazioni di legge, ma si limita a dissentire sulla ricostruzione fattuale del susseguirsi dei diversi rapporti assicurativi fatta propria dai giudici di merito.

In secondo luogo, nella misura in cui il motivo richiama l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, poichè la ricostruzione delle vicende concernenti la copertura assicurativa effettuata dal primo giudice è stata confermata dal giudice d’appello. Si tratta, pertanto, di un caso di c.d. “doppia conforme”, in presenza della quale, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., è inammissibile la denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ma, in realtà, neanche si tratta davvero di un “omesso esame di un fatto decisivo”, in quanto la questione di cui si discute nel presente motivo è stata, invece, espressamente esaminata dai giudici di merito, sebbene gli stessi siano poi giunti a conclusioni difformi da quelle propugnate dal ricorrente. Quest’ultimo, quindi, si duole del tenore sostanziale della decisione adottata, piuttosto che dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, avente carattere decisivo (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831-01).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono, altresì, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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