Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8563 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. I, 06/05/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 06/05/2020), n.8563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. dell’orfano Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7208/2019 proposto da:

B.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo

Alessandrini, giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1718/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/01/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1718/2018 pubblicata il 13-08-2018 la Corte d’appello di Ancona ha respinto proposto da B.S., nato in (OMISSIS) e vissuto prevalentemente in (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS) e a quella del (OMISSIS), descritte nella sentenza impugnata, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si costituisce tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione art. 360, comma 1, n. 3): Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli art. 4 della Direttiva Comunitaria 2004/83/CE del 29.04.2004 (abrogata e ritrasfusa nella Direttiva 2011/95/UE), D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè Direttiva Comunitaria 2005/85/CE (abrogata e ritrasfusa nella Direttiva 2013/32/UE) e D. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis; nonchè con riferimento all’art. 8 della Dir. 2004/83/CE (abrogata e ritrasfusa dalla Dir. 2011/95/UE)”. Si duole dell’errata applicazione della normativa di settore in ordine all’onere probatorio e ai doveri di collaborazione istruttoria, nonchè della sua mancata audizione. Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe potuto riscontrare, ove avesse adempiuto ai suddetti doveri di cooperazione istruttoria mediante acquisizione di informazioni aggiornate e precise, che il ricorrente, in caso di rimpatrio, correrebbe il rischio di essere arrestato e di subire trattamenti inumani e degradanti a causa della situazione di conflitto presente sia nella regione del (OMISSIS), sia in (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione art. 360, comma 1, n. 3): violazione o falsa applicazione di norme di diritto degli artt. 4 della Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè art. 10 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e 27 in relazione al D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e al D.Lgs n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, art. 2 Cost. e all’art. 3 CEDU”. Circa il diniego della protezione umanitaria, censura la sentenza impugnata per omessa valutazione della sua integrazione sociale in Italia, in comparazione con la vicenda personale e la situazione del Paese di origine, ossia del (OMISSIS), dal quale era stato costretto a fuggire per timore di essere arruolato forzatamente dai ribelli del (OMISSIS), e richiama la giurisprudenza di questa Corte, ed in particolare la pronuncia n. 4455/2018.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

Nel caso di specie la Corte territoriale, con motivazione idonea (Cass. S.U. n. 8053/2014), ha esaminato la situazione politica sia del Paese in cui è nato il ricorrente ((OMISSIS)), sia di quello in cui è vissuto per la parte preponderante della sua vita ((OMISSIS)) indicando le fonti di conoscenza, aggiornate anche al 2018, ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata in quei Paesi. Il ricorrente censura genericamente quell’accertamento di fatto richiamando la normativa di riferimento e pronunce di questa Corte, ossia chiedendo, inammissibilmente, una rivalutazione del merito. Inoltre si duole della sua mancata audizione, che non è obbligatoria (Cass.n. 17177/2018), senza neppure precisare quali fatti o circostanze avrebbe potuto riferire e senza confutare specificamente l’assunto dei Giudici di merito secondo cui egli era da considerarsi migrante economico.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1. Occorre precisare, in via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

4.2. Tanto premesso, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità, per difficoltà economiche familiari, senza precisare alcun elemento individualizzante di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019). Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. Nulla deve disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la tardiva costituzione del Ministero.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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