Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27658 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISVITUR ISTITUTO SVILUPPI TURISTICI s.p.a. in LIQUIDAZIONE COATTA

AMMINISTRATIVA, in persona del commissario liquidatore avv. D.

V.P., rappresentata e difesa, per procura speciale a

margine del ricorso, dagli avv.ti Del Pennino Carlo e Riccardo

Castellani ed elett.te dom.ta presso lo studio del secondo in Roma

via Cicerone n. 60;

– ricorrente –

contro

M.G.M., rappresentato e difeso, per procura

speciale a margine del controricorso, dall’avv. Manzi Andrea ed

elett.te dom.to nello studio del medesimo in Roma, Via F.

Confalonieri n. 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari – Sezione

distaccata di Sassari n. 473/05 depositata il 28 settembre 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

novembre 2011 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per la ricorrente l’avv. Riccardo CASTELLANI;

udito per il contro ricorrente l’avv. Carla ALBINI, per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

PATRONE Ignazio Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il commissario liquidatore della Isvitur Istituto Sviluppi Turistici s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa agì, con citazione del 23 marzo 1994, nei confronti del sig. M.G.M. per ottenere la revoca, ai sensi dell’art. 64 o, in subordine, dell’art. 67, comma 1, n. 1 o n. 2, L. Fall. del contratto in data 31 marzo 1988 con il quale la società aveva venduto due unità immobiliari al convenuto.

Il convenuto resistette e il Tribunale di Tempio Pausania respinse la domanda.

Sul gravame del commissario liquidatore, la Corte d’appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari ha confermato la sentenza di primo grado.

La Corte ha affermato che non poteva trovare applicazione l’art. 64, L. Fall., perchè non sussistva la dedotta gratuità dell’atto, essendo dimostrato che con la comprevendita era stato regolato un pregresso debito della società venditrice verso l’acquirente in relazione a un precedente contratto di appalto stipulato il 27 maggio 1981 e richiamato nella proposta di acquisto degli immobili, secondo la quale il prezzo era da ritenersi, appunto, “in conto appalto”;

sicchè il contratto di compravendita “non fu simulato, nel senso che abbia consacrato una liberalità a favore di chi figurava quale acquirente”.

Ha poi aggiunto che sicuramente il trasferimento di un immobile a estinzione di un credito pecuniario costituisce pagamento effettuato con mezzi non normali, come tale revocabile; tuttavia nella specie ciò non era sufficiente. Infatti la liquidazione coatta amministrativa aveva posto a fondamento della domanda il fatto che il prezzo non era stato pagato, a dispetto delle relative quietanze non opponibili alla procedura essendo essa terza rispetto al rapporto fra le parti dell’atto. Che il prezzo era stato invece pagato veniva però affermato nel rogito di compravendita, di cui dunque il commissario allegava implicitamente la simulazione, la prova della quale incombe appunto al deducente; con la conseguenza che il commissario avrebbe dovuto dimostrare il mancato pagamento del prezzo mediante l’esibizione delle scritture contabili della società, ma non lo aveva fatto.

Nè, infine, secondo la Corte, era stata offerta la prova della scientia decoctionis.

Il commissario liquidatore ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura, illustrati anche con memoria.

L’intimato si è difeso con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 64, L Fall. dei principi di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. e dell’art. 2704 c.c., nonchè vizio di motivazione, si censura la negazione che l’atto impugnato fosse a titolo gratuito, basata dai giudici di appello sulla irrilevanza del fatto che il M. non avesse corrisposto alcunchè in sede di rogito di compravendita essendo detto particolare superato dal fatto che, con il medesimo rogito, si era regolato un debito della società venditrice verso il compratore.

Il ricorrente, premesso che il contratto di appalto del 27 maggio 1981 era inopponibile alla procedura in quanto privo di data certa e che l’unico contratto da prendere in considerazione era il rogito definitivo di vendita, e non il preliminare, osserva che la gratuità va invece accertata con esclusivo riferimento al “rapporto tra i soggetti dell’atto di trasferimento che ha depauperato il patrimonio della società e non in riferimento al diverso rapporto risultante, oltretutto, da documenti non opponibili ai commissari liquidatori”, e che ai fini dell’applicazione dell’art. 64, L. Fall. non è necessario che l’atto sia connotato da spirito di liberalità.

2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 67, L. Fall. e vizio di motivazione, si lamenta la totale contraddittorietà e insufficienza delle motivazioni addotte a sostegno del rigetto della domanda ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall. perchè i giudici di appello, dopo aver affermato che il trasferimento dell’immobile era stato effettuato in pagamento di un pregresso debito della società nei confronti del M. e che siffatte operazioni sono revocabili in quanto pagamenti eseguiti con mezzi anormali, ha inspiegabilmente escluso l’applicazione della norma sopra indicata ricorrendo ad argomentazioni incomprensibili e contraddittorie. Inoltre nei casi di revoca ai sensi dell’art. 67, comma 1 cit., è sul convenuto che incombe l’onere della prova della inscientia decoctionis, nella specie non assolto dal M..

3. – Va esaminato per primo il secondo motivo di ricorso, con cui viene in definitva denunciata la nullità della sentenza impugnata per difetto del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4 (pur non espressamente richiamato), ossia di una comprensibile motivazione.

3.1. – La censura, ricostruita nei termini di cui sopra, è fondata e va accolta.

Risulta invero impossibile comprendere, sulla base del testo della motivazione della sentenza impugnata, quale sia la ratio della decisione adottata, perchè si registra una irriducibile contraddizione tra la prima affermazione dei giudici di appello, secondo cui il prezzo della vendita degli immobili era stato regolato mediante estinzione del pregresso debito della cedente derivante dall’appalto eseguito dal cessionario, e la successiva affermazione della mancanza di prova che il medesimo prezzo non era stato pagato.

Se si pretende, infatti, la prova del mancato pagamento del prezzo, allora si esclude che lo stesso sia stato regolato con la modalità predetta.

4. – Nella declaratoria di nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione resta assorbito il primo motivo di ricorso.

5. – La sentenza impugnata va in conclusione cassata con rinvio, per un nuovo esame, al giudice indicato in dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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