Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27324 del 19/12/2011
Cassazione civile sez. I, 19/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 671-2010 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
P.C.;
– intimato –
nonchè da:
P.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso l’avvocato PICONE
GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato CANDIANO ORLANDO
MARIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il
09/10/2009, n. 134/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
ZENO Immacolata che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, accoglimento per quanto di ragione del ricorso
incidentale.
Fatto
IN FATTO ED IN DIRITTO
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha impugnato dinanzi a questa Corte il decreto della Corte d’appello di Bari che aveva liquidato a favore di P.C. Euro 2.400,00 a titolo di equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo dinanzi al TAR di Bari – conclusosi con la declaratoria di difetto di giurisdizione – deducendo la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 per non avere il P. diritto all’indennizzo per essere palese l’infondatezza de ricorso al TAR, essendo la controversia instaurata, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, di competenza del giudice ordinario.
Il P. resiste con controricorso e ricorso incidentale.
Deduce l’infondatezza del ricorso principale in quanto il giudizio presupposto aveva per oggetto una controversia attinente alla progressione di carriera all’interno dell’area professionale del ricorrente ed in proposito solo un mese prima della proposizione del ricorso alla Corte d’appello le sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 15403 del 2003, avevano stabilito che per dette controversie la giurisdizione apparteneva al giudice ordinario. Con il ricorso incidentale lamenta che la Corte d’appello avesse determinato in tre anni la giusta durata del processo presupposto e non avesse liquidato l’indennizzo sino alla data di emissione della sentenza (non essendo stato all’epoca ancora definito il procedimento dinanzi al TAR). Lamenta inoltre che siano state compensate le spese di causa senza idonea motivazione.
Il ricorso principale è inammissibile.
Il decreto impugnato non contiene alcun riferimento alla questione dei la consapevolezza della manifesta infondatezza del ricorso.
Era onere dell’Amministrazione ricorrente, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, dedurre di avere proposto detta questione nel giudizio di merito riportando i brani dell’atto di costituzione in giudizio ove essa veniva prospettata.
In assenza di ciò il motivo deve ritenersi nuovo e, quindi, non scrutinabile in questa sede.
La prima doglianza contenuta nel ricorso incidentale è infondata.
La Corte d’appello si è attenuta nella determinazione del periodo di ragionevole durata ai criteri stabiliti dalla Cedu di tre anni per il giudizio di primo grado, essendo rimesso alla discrezione del giudice di merito valutare l’esistenza di situazioni particolari in ragione della complessità della causa o della materia oggetto della controversia che possano giustificare l’applicazione di un termine maggiore o minore; circostanza nel caso di specie implicitamente esclusa dalla Corte d’appello.
Anche la seconda doglianza è infondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, ove la relativa domanda sia proposta durante la pendenza del processo presupposto, il giudice deve prendere in considerazione, ai fini della valutazione della ragionevolezza della durata di detto processo, il solo periodo intercorrente tra il suo promovimento e la proposizione del ricorso per equa riparazione, non potendo considerare altresì l’ulteriore ritardo, futuro ed incerto, suscettibile di maturazione nel prosieguo del primo processo; tale valutazione prognostica è infatti esclusa dalla lettera dell’art. 2 della Legge cit., che si riferisce ad un evento lesivo storicamente già verificatosi e dunque certo, mentre a sua volta l’art. 4, permettendo l’esercizio dell’azione anche in pendenza del processo presupposto, come nella specie avvenuto, delimita l’ambito del pregiudizio, anticipando la liquidazione per ogni violazione già integrata, e fa implicitamente salva la facoltà di proporre altra domanda in caso di eventuale ritardo ulteriore.(Cass. 8547/11).
Fondata è invece la terza doglianza relativa alla compensazione delle spese.
E’ sufficiente rilevare che la responsabilità dell’amministrazione nasce dal ritardo con cui si è svolto il giudizio presupposto onde non può dubitarsi che la stessa abbia dato causa al giudizio di equa riparazione onde il regime delle spese deve essere regolato ai sensi degli artt 91 e 92 c.p.c. senza che la mancata contestazione della domanda possa incidere a tale proposito.
Il ricorso principale va quindi rigettato mentre va accolto il terzo motivo di quello incidentale rigettati gli altri. Il decreto impugnato va dunque cassato in relazione al motivo accolto e sussistendo le condizioni di cui all’art. 384 c.p.c. la causa può essere decisa nel merito .riconoscendo al ricorrente le spese del giudizio di merito che si liquidano come da dispositivo. Segue alla soccombenza la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, rigettati gli altri; cassa il decreto impugnato e Recidendo nel merito, condanna l’amministrazione al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 445,00 per onorari, Euro 311,00 per diritti oltre Euro 50,00 per spese; condanna altresì l’amministrazione al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 450,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge; spese da distrarsi in favore dell’avv.to Candiano antistatario.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011