Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26438 del 07/12/2011
Cassazione civile sez. trib., 07/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26438
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 12578-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.M.C.T. SAS DI CONTE MASSIMILIANO & C;
– intimata –
avverso la sentenza n. 28/16/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di VENEZIA del 24/03/2009, depositata il 25/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/11/2011 dal Consigliere relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI;
è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite:
“con sentenza n. 39/3/08, in data 16-2-2008, depositata il 28-10- 2008, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto respingeva l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Treviso che accoglieva il ricorso del contribuente CMCT s.a.s. di Conte Massimiliani & C. avverso il provvedimento della Agenzia delle Entrate di Treviso che aveva negato il condono richiesto L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, per ritardati ed omessi versamenti, sul rilievo che il contribuente aveva pagato la prima rata e non le successive.
La sentenza della CTR è impugnata dalla Agenzia delle Entrate con ricorso in cassazione fondato su un motivo.
Deduce l’Ufficio violazione della L. n. 282 del 2002, art. 9 bis e del D.L. n. 223 del 2006, art. 44 in quanto la Commissione di appello aveva ritenuto che la norma in questione, al pari della altre ipotesi previste dalla legge citata, comportasse il perfezionamento del condono con il pagamento della prima rata, sicchè il mancato pagamento delle successive non determinava la decadenza del beneficio, bensì il diritto dell’Amministrazione al recupero anche coattivo degli importi non corrisposti.
Sostiene l’Ufficio che tale interpretazione confligge con il carattere particolare di questa forma di condono, che contrariamente alle altre concerne il mancato versamento di imposte già dichiarate dal contribuente e consente unicamente di evitare le sanzioni normalmente conseguenti, sicchè non può ammettersi che il beneficio sia conseguito in assenza di integrale pagamento degli importi non versati.
Il contribuente non svolge attività difensiva.
Il ricorso è palesemente fondato. E’ infatti giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (v. per tutte Cass. n. 20745 del 2010) che “il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive”.
La sentenza impugnata non ha fatto buon governo di tale principio e deve quindi essere cassata, con possibilità di decisione nel merito conforme all’assunto dell’Ufficio. Si propone quindi la trattazione in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata;
che, non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove si compensano le spese delle fasi di merito per difformità tra loro dei relativi esiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente.
Condanna lo stesso alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500. oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese delle fasi di merito.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011